Una decina di anni fa frequentava la quinta elementare qua vicino. Lui in quinta e suo fratello più piccolo in terza, ogni giorno alla mezza passavano davanti al mio studio per tornare a casa. In realtà definire casa un vecchio camper coi vetri sfondati è esagerato, ma comunque è lì che loro abitavano, insieme a non so quanti fratellini, una mamma che forse era la nonna, chi lo sa, sempre con la bottiglia di birra in una mano e la sigaretta nell'altra, e nessun uomo adulto nei pressi.
Prima un saluto veloce, poi due parole, ogni tanto qualche spicciolo per la merenda e alla fine dell'anno eravamo amici. L'ultimo giorno di scuola me li vidi davanti con la pagella in mano: promossi tutti e due. Meritavano un regalo e andammo a cercarlo insieme. Scelsero entrambi un orribile paio di scarpe da ginnastica bianche che sfoggiarono orgogliosi per tutta l'estate.
Poi il camper fu fatto sgomberare e i due fratelli mi passarono di mente. Dopo un paio di anni il grande tornò ogni tanto a farsi vivo. Perchè sa che ti può spillare due soldi, mi dicevano. Tutti gli zingari chiedono soldi, che cosa credi. Ora, per quanto balenga e credulona, certe cose arrivo a capirle anch'io, e tra l'altro ho ben presente che noi non viviamo nel mondo dei puffi, perciò mi sono molto sorpresa quando qualche tempo fa lui se ne è arrivato, mano nella mano con una graziosa ragazzina bruna, soltanto per presentarmela ufficialmente come la sua fidanzata. E ancora di più mi sono sorpresa oggi, quando ha suonato e mi ha messo in mano una piccola scatola di cioccolatini.
Una volta, all'epoca in cui lo incontravo ogni giorno, mi aveva lasciata basita con una domanda: Ma come si fa' a diventare come siete voi?