martedì 31 gennaio 2012

Le temps des cerises . Bistrot Parisien


















Se:
1)  vi trovate a passeggiare per il  Marais  quando  il vostro  stomaco reclama i suoi sacrosanti diritti
2)  non siete uno di quelli che "o un ristorante a cinque stelle o piuttosto  digiuno"
3) non siete nemmeno uno di quelli che "anche un Mc Donald va bene"
4) e siete anche  di quelli che preferiscono  non dover ricorrere al  mutuo per andare a  pranzo

vi raccomando l'incrocio  tra la Rue de la Cerisaie e Rue du Petit Musc. 


Nel diciottesimo secolo qui c'era l'economato del convento dei frati celestini  ma più o meno  dal 1900  è diventato  un   bistrot, Le Temps des Cerises. 





La cameriera affetta le  baguettes su un mobiletto che ha tutta l'aria di essere davvero un mobile  vecchio e consumato  e non  uno di quegli insopportabili rifacimenti anticati  che piacciono tanto ai fedelissimi dei marchés aux puces



il lampadario novanta su cento è  opera di un oste col pallino dell'elettricista 


e da qualche parte  Van Gogh in persona pubblicizza le virtù di una marca di assenzio

Il menu del giorno è semplice e senza fronzoli, niente ostriche e champagne ma ottime  sardine alla griglia accompagnate da crostoni alla  tapenade e una saporita   macedonia tiepida di verdure.  Con acqua, vino della casa e caffè, meno di  tredici euro a testa. 








venerdì 27 gennaio 2012

Giornata della memoria 2012


In occasione della Giornata della memoria 2012 ripubblico  ancora una volta il post già pubblicato negli anni precedenti.  Voglio sottolineare che la  ripetizione non è casuale, come purtroppo  non è casuale continuare a leggere articoli, commenti e giudizi ispirati da un razzismo che non è soltanto odioso e vergognoso, ma è anche,  e forse soprattutto, molto molto  preoccupante.




Fino a oggi non avevo ancora mai  pubblicato  foto di  Auschwitz.
Mi sembrava un'operazione scorretta, da paparazzo di bassa lega alla ricerca di scoop. Oggi che è il giorno della memoria  ho cambiato idea,  e  mi sono convinta che sia invece opportuno renderle pubbliche perchè anche un  blog  che di solito si occupa di  inconsistenti amenità  può portare il suo modesto  contributo.


Non voglio titillare il vouyerismo di nessuno e non metto  le fotografie più impressionanti, preferisco mostrare le foto della zona  in cui il lager appare simile ad  un  ordinato villaggio di campagna perché é fondamentale  che tutti teniamo sempre molto bene in  mente che il Male ama nascondersi  dietro  una faccia rispettabile






lunedì 23 gennaio 2012

Le Corbusier - Capitolo terzo





Nel 1930 la Fondation Suisse incarica Le Corbusier e il cugino Pierre Jeanneret di progettare per i suoi studenti  una residenza universitaria dotata di  mensa, strutture sportive e locali per attività culturali nella città universitaria che sta sorgendo in quegli anni a Parigi. 


Le Corbusier progetta  un edificio in due volumi: un  parallelepipedo netto e rigoroso lungo  una cinquantina di metri per nove di larghezza e   sospeso su pilotis,  dove sistema i dormitori,  ed un corpo basso, adagiato sul terreno e con un andamento più sinuoso  e meno austero   per i locali destinati alle attività sociali ed ai  servizi.



(I disegni sono stati prelevati da qui )

Nei lavori precedenti Le Corbusier si era occupato di ville signorili e  questa è probabilmente la prima volta in cui affronta soluzioni distributive concentrate in spazi minimi, cellule abitative sperimentali che approfondirà  ulteriormente nelle sue Unité d'Habitation e nel Convento di La Tourette (del Convento ho solo qualche vecchia foto ancora  da passare allo scanner per cui per il momento siete salvi).
Progettando l'edificio rielabora i cinque punti della sua architettura  fondendo facciata libera e finestre a nastro in una unica cortina vetrata continua sulla parete a sud,
















sospende i  dormitori su una serie  di  pilotis

















che hanno  forma  e dimensioni dettate dall'esigenza strutturale di resistere all'azione del vento,
 

e sulla copertura  piana realizza,  comme d'habitude,  un terrazzo praticabile che scherma con  un    muro in cemento,   alleggerendone l'impatto con le  grandi aperture che si vedono nella foto.



Tra il 1948 e il 1957 riprenderà ancora più volte  il  progetto completandone gli interni e ristrutturando la facciata.
Il primo intervento è   del 1948 e  riguarda la sistemazione interna della sala comune, per cui  realizza fantasiosi   pannelli colorati  a tutta parete.








A distanza di poche centinaia di metri e di più o meno venticinque anni,   in   collaborazione con Lucio Costa  realizza il padiglione del Brasile. 



Meno innovativo,  condizionato dall'esperienza non sempre felice delle Unité d'Habitation  ma  soprattutto dalle tragedie della seconda guerra mondiale che avevano indotto  Le Corbusier ad  abbandonare le apollinee superfici bianche e lisce a favore del  brutalismo  del cemento armato che, per usare le parole di Bruno Zevi, 
dichiara il significato dell'edificio senza diaframmi formali, anzi con sanguigna rudezza e polemica astinenza da ogni finitura grade­vole, 
il padiglione brasiliano è sicuramente  meno riuscito di quello svizzero, anche se alcuni dettagli  rimarchevoli  ci dimostrano che si tratta pur sempre dell'opera di un grande architetto.










venerdì 20 gennaio 2012

Le Corbusier - Capitolo secondo





















Grazie all'intervento della principessa Winaretta Polignac-Singer e alle offerte di più di ventimila donatori, Le Corbusier












tra il 1929 e il 1933 realizza l'ambizioso progetto di costruire una casa per cinquecento senzatetto. 
In realtà non si tratta solo di una serie di alloggi, il Foyer de l'Armée du Salut in rue Cantagrel, 13esimo arrondissement,















è un grande complesso in cui trovano posto anche gli   uffici per i servizi sociali, una mensa con relativa cucina, l'ambulatorio la biblioteca e una palestra



























































Tutto viene progettato  minuziosamente fino ai minimi dettagli












e gli spazi comuni  sono illuminati con grandi aperture fisse in vetrocemento,  una soluzione architettonica che in quegli anni andava per la maggiore e che viene adottata da molti architetti dell'epoca.





L'effetto è molto suggestivo, ma il vetrocemento è costituito da piastrelle di vetro legate dal calcestruzzo. Non è un materiale coibentato, e se d'inverno la luce naturale contribuisce a mitigare la temperatura esterna, d'estate quei locali diventano un forno crematorio, soprattutto nella zona lungo la parete a sud. 

Qualcuno si permette di farlo notare e Le Corbusier isponde stizzito che i suoi detrattori ....si agitano in una confusione perpetua fra le loro reazioni fisiologiche e le loro reazioni psicologiche. Non sanno di cosa parlano e sono ossessionati da idee fisse ed è questa ossessione a guidare le loro proteste. Noi, NOI abbiamo il dovere di non tenerne conto e di proseguire con serenità le ricerche positive e scientifiche.

Ossessioni o no, qualcuno deve aver preso provvedimenti perché il problema sembra oggi superato e gli  impiegati si dicono  fieri di lavorare in un monumento dell'architettura. Ci hanno perfino omaggiati di  una serie di cartoline celebrative pubblicate in occasione dei lavori di  restauro dell'edificio, qualche anno fa.


giovedì 19 gennaio 2012

Le Corbusier - capitolo primo

Sono tornata da Parigi con un consistente malloppo di foto delle  architetture di Le Corbusier ed era da un po' che pensavo a come affrontare  il discorso ma dal momento che l'incipit geniale proprio non voleva venir fuori ho deciso che si poteva anche  farne a meno.
Va detto soltanto che di sua roba da vedere, a Parigi,  ce n'è tantissima un po' per tutta la città e   noi ce ne siamo fatta  una vera abbuffata ma  rassicuro gli aficionados:  vi affliggerò con  un estratto abbastanza contenuto.   

















Preambolo indispensabile: appena arrivato a Parigi Le Corbusier, che all'epoca era ancora soltanto Charles-Edouard Jeanneret-Gris, aveva lavorato nello studio  di Auguste Perret, un ingegnere e costruttore che già  nel  lontano 1903 aveva edificato  in Rue Franklin 25 questa  bella casa ad appartamenti

in cui era stata utilizzata per la prima volta  una  struttura portante in cemento armato. 

Si trattava di una  rivoluzione vera e propria, in quanto per far stare in piedi una struttura di  cemento armato, al posto di spessi  muri portanti in pietra o laterizio, era  sufficiente costruire una sequenza di pilastri esili e  distanziati tra loro. Questo  non soltanto aveva permesso   l'apertura di  finestre  più ampie sulla  facciata, ma  soprattutto aveva  liberato gli spazi interni  dal pesante condizionamento di muri  ingombranti e inamovibili. 
La lezione di Perret porta il giovane  Jeanneret ad elaborare una sua  architettura, che si fonda su cinque punti:
1) Pilotis (pilastri liberi non legati  da  muri di tamponamento)  al piano terra, che non soltanto isolano la costruzione dall'umidità del terreno ma  lasciano lo spazio disponibile   per  un giardino o per parcheggiare l'auto.
2) Tetto-giardino: dato che la  struttura in cemento armato può sopportare sovraccarichi   notevoli, impensabili in precedenza,  i  solai di copertura diventano terrazzi e sono calcolati  in modo da  reggere un carico  di  terra sufficiente per piantarci alberi e fiori



3) Pianta libera,  cioè  spazi interni ripartiti nella più totale libertà grazie allo scheletro strutturale  che elimina le murature portanti 
4) Facciata libera: essendo la struttura portante costituita solo  dai solai orizzontali e dai  pilastri verticali,  compito esclusivo dei  muri resta   quello di   tamponare i vuoti e   questo permette di   utilizzare qualsiasi  tipo di materiale
5) Finestra a nastro: la facciata può   essere tagliata per tutta la sua  lunghezza da una finestra, dando così  una straordinaria illuminazione  interna ed un contatto più diretto con l'esterno.
E dopo queste poche informazioni stile bignami il    tour comincia, ça va sans dire,  dalla  Fondazione Le Corbusier    che è ospitata nella Maison La Roche e Janneret,  due ville in  Rue du Docteur Blanche  progettate nel 1923 per il fratello Albert Jeanneret e per l'amico Raoul La Roche, ricco  banchiere e collezionista d'arte.












L'interno è un  susseguirsi di ambienti che dopo  novant'anni  continuano ad apparire straordinariamente  attuali,





il   soggiorno che prende luce dalle alte  finestre  a nastro



  si collega  al piano di sopra per il tramite  di   una scenografica rampa  





Arredi fissi appositamente realizzati in loco (qui  il  tavolo nero dalla superficie a specchio o  la originale composizione policroma  in cemento)  diventeranno un altro  suo segno caratteristico inconfondibile e si ritroveranno, variamente declinati, in tutte le sue opere. 


In soggiorno non ci sono  lampadari ma   un    diffusore   in metallo verniciato che, staffato lungo una parete,   illumina con discrezione senza gettare  ombra sui  quadri   



e sopra la porta che si apre sul  giardino un ancora più sorprendente tubo  con una lampadina all'estremità. Molto sobrio e molto chic.




Altra gran bella villa, che  purtroppo abbiamo potuto vedere soltanto dal di fuori, è quella che si trova al numero 53 di Avenue Reille. 
Costruita nel 1922 per il pittore  Amédée Ozenfant, è la prima opera di  Le Corbusier a Parigi. I due si  erano conosciuti un paio di anni prima e avevano scoperto di pensarla allo stesso modo, tanto che  avevano fondato insieme  la rivista L'Esprit Nouveau , ed era stato  Ozenfant a inventare lo pseudonimo con cui  Charles Edouard Jeanneret firmava i suoi articoli diventando  così per tutti e definitivamente, soltanto  Le Corbusier.  
Nell'Esprit Nouveau  Ozenfant e Le Corbusier affermavano la necessità che l'Arte tornasse ad essere espressione di forme geometriche semplici e pure,  superando le astrazioni intellettuali di un  cubismo che, diventato movimento alla moda, si era involuto  in un  manierismo  svuotato di significato.  
Aperta non solo alle arti e alle scienze umane ma anche all'architettura, la rivista divulgava le idee sull'architettura portate avanti già da  Adolf Loos,  nemico dichiarato  di qualsiasi tipo di   decorazione. 




Ma l'incontro dei due ha avuto una conseguenza ancora più incisiva sulla vita privata del Nostro: Ozenfant era infatti anche animatore di uno spazio espositivo nella sartoria di Germaine Grégoire, sorella  di Paul Poiret, celebre couturier dell'epoca. Qui  Le Corbusier, o L.C., come  amerà   firmarsi ogni tanto,  si  innamora di una delle modelle, Yvonne Gallis. La sposa, e in seguito  scriverà:  donna di grande cuore e di grande volontà .... angelo del focolare, del mio focolare, per 36 anni. 



Rispetto al progetto originario la  villa è stata modificata e la primitiva copertura a shed che inondava di luce lo studio del pittore  è stata sostituita nel 1946  con la terrazza piana che si vede oggi, mentre all'interno i grandi  spazi liberi  sono stati suddivisi in tante piccole camere. Forse è stato un bene non poterci entrare
















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