lunedì 1 febbraio 2010

Illustri presenze

Sull'onda dell'entusiasmo per aver individuato per puro caso  le lapidi a Emilio Salgari  e al  signor Penna Bic  mi sono resa conto  che se, anzichè girare con una pelle di salame sugli occhi,  mi fossi appena appena guardata intorno, avrei sicuramente  trovato qualche traccia di altre  presenze illustri a Torino.
Difatti.  
Tanto per cominciare ho scoperto  che proprio a Torino,  in un locale sotto questi portici di via Cernaia


  
nel 1847 il maestro Michele Novaro aveva musicato il nostro inno nazionale, quello che il  ministro della repubblica Umberto Bossi vorrebbe sbrigativamente  buttare nel gabinetto e che invece sono in molti ad amare, compresa la signora  Mina che non è la famosa  cantante ma  la proprietaria dei locali in cui l'inno fu musicato, grazie alla quale  è stata posata l'iscrizione in ricordo  delle olimpiadi 2006.

E   lo sapevate che Silvio Pellico reduce dallo Spielberg  scrisse  in questo   palazzo Le Mie Prigioni?



Per chi fosse colto da momentanea amnesia ricorderò  che quando io facevo le medie Le Mie Prigioni  erano un libro arcifamoso,  anche se dubito che molti andassero più in là della  lettura dell'episodio del povero  Piero Maroncelli  il quale,  amputato di una gamba senza nemmeno uno straccio di anestesia, dopo l'intervento aveva regalato una rosa al chirurgo. A me allora sembrava francamente incomprensibile che in una prigione si potessero trovare delle rose ma non  una boccetta di etere, e ancora oggi  se devo essere sincera  la storia  non mi è del tutto chiara, salvo la certezza che a quei tempi  la terapia del dolore non veniva  minimamente presa in considerazione.  





Scritte Le Mie Prigioni, Pellico traslocò  a Palazzo Barolo  e qui  la lapide ci illumina  
SILVIO PELLICO
abitò questo palazzo 
molti anni e vi morì il 31 gennaio 1854 
per decreto del comune. 
lasciandoci però il dubbio se   il comune abbia  decretato che Silvio Pellico dovesse morire  il 31 gennaio o  si sia  occupato soltanto di decretare la collocazione della lapide.



Una presenza  di cui era più che prevedibile trovare traccia a Torino è quella di Camillo Benso conte di Cavour,  presidente del consiglio in un passato oramai remoto, che si appalesa uomo coerente come pochi al mondo, visto che  nasce e muore nella medesima casa




Morì  a Torino anche l'eroe nazionale  Lajos Kossut, giunto  dopo un lungo peregrinare per il mondo inseguendo il sogno della  liberazione della sua Ungheria

 
questi in alto sono    monumenti a lui dedicati a Budapest  (le foto non sono  mie ma vengono dal web)

e quest'altro il busto posato dalla città di Torino, che gli ha anche intitolato un corso 


E mettendo da parte gli uomini del Risorgimento,  a Torino  si trovano tracce anche di Erasmo da Rotterdam, il quale  nè  vi nacque nè vi morì   ma ci venne per studiare e  laurearsi,  

come recita l'iscrizione posta  nel cortile dell'Università in via Po.


Fra coloro la cui permanenza a Torino non può considerarsi  particolarmente felice,  dobbiamo annoverare Federico Nietzche, che  in un appartamento ammobiliato di  via Carlo Alberto  scrisse il suo Ecce Homo e  manifestò i primi segnali della pazzia  che lo avrebbe poi accompagnato per sempre.






qui  leggo testualmente che
 
Nietzsche .... era letteralmente innamorato dell'atmosfera torinese: "Ma che dignitosa, severa città!", ebbe a dire lo scrittore, che abitò a Torino per sei mesi, dal 5 aprile al 5 giugno 1888 e dal 21 settembre ai primi del 1889 - "Meravigliosa limpidezza, colori d'autunno, uno squisito senso di benessere diffuso su tutte le cose". ...... Come ricorda la lapide di via Carlo Alberto, preparata dallo scrittore Rubino per il centenario della sua nascita, Nietzsche "conobbe la pienezza dello spirito che tenta l'ignoto, la volontà di dominio che suscita l'eroe". Una pienezza che, come risaputo, culminò nella follia. Il 3 gennaio del 1889, nel centro di Torino, Nietzsche, uscendo di casa, vide un cocchiere frustare a prendere a calci il suo cavallo. "Tu, disumano massacratore di questo destriero!", inveì il filosofo furibondo abbracciando e baciando sconvolto il cavallo. Tornò a casa accompagnato, gridando di essere "Dioniso o Gesù Crocefisso" e "il signore e il tiranno di Torino". Qualche giorno dopo fu portato via dalla città dall'amico Overbeckper essere curato a Basilea. Si dice che lasciò Torino cantando per Porta Nuova canzoni napoletane, convinto di essere il re d'Italia.






6 commenti:

Fabipasticcio ha detto...

grazie dell'ottima lettura e del viaggio fatto leggendo

dede leoncedis ha detto...

non sarebbe ora di controllare di persona, Fabiana?

Mari ha detto...

a me è venuta una gran voglia di farmi un giro a Torino, ma chissá quando...
vabbé, nel frattempo leggo il tuo blog e immagazino input (che brutta parola, poco poetica, chiedo venia).
ciao!

dede leoncedis ha detto...

Torino sa aspettare con pazienza, Mari

colombina ha detto...

che bello!!! anch'io sono di Torino, ed è sempre bello trovare note di orgoglio nella propria città. Complimenti per il bellissimo blog, bacioni!!!

dede leoncedis ha detto...

grazie Colombina, e benvenuta. Torna presto!

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