martedì 27 agosto 2013

A Parigi - Restauri e profumo di caffè



Lunga solo un centinaio di metri e stretta stretta, la Cour Damoye si trova  a due passi da Place de la Bastille tra rue Daval e rue de la Roquette. 
Prende il nome dall'antico proprietario, Pierre-André Damoye, che intorno al 1780 acquista i terreni, fino ad allora utilizzati come piazza d'armi,  e realizza una serie di edifici a due piani che cede in affitto a quei tanti piccoli artigiani, fabbri, falegnami, ebanisti che erano arrivati dalla provincia e si erano raccolti intorno a rue de Lappe. 
Due secoli dopo, intorno agli anni novanta del secolo passato,   le attività artigianali sono quasi del tutto sparite, le officine da lungo tempo  in disuso sono diventate oramai fatiscenti  e da parte di alcuni  si prospetta l'ipotesi di demolire  tutto quanto  per costruire molti più metri cubi di uffici di lusso. 
Per fortuna ai parigini non va giù l'idea che l'opera di quattro   ruspe possa cancellare d'emblée non solo  la stretta  strada acciottolata e le botteghe, ma anche un  pezzo di storia della città, e il progetto di demolizione viene saggiamente accantonato. 
L'architettura esistente vale la pena di essere salvaguardata e dunque se ne deve   intraprendere il recupero, e con un lavoro che ha da essere minuzioso e accurato.  Le bellissime architravi in legno esistenti vengono restaurate, vetrate  e serramenti in ferro sono rifatti tali e quali agli originali, pavimentazione in pietra, rampicanti e glicini vengono rimessi all'onor del mondo e  nel 1999 una  Cour Damoye nuova fiammante  viene finalmente inaugurata. 


Gallerie d'arte e studi di architettura sostituiscono   le vecchie boite dei fabbri ed ebanisti che non ci sono più,

























Però la zona non ha quell'aria  artificiosamente fighetta che rende antipatici  tanti altri quartieri oggetto di simili recuperi, all'altezza di rue de la Roquette  resistono ancora un paio di laboratori mediamente sgarruppati,  una falegnameria

  

e l'insegna del Restaurant Au Bois D'Amour, che non ha l'aria di avere un posto d'onore nella guida Michelin.




All'altra estremità,  a partire da  rue Daval


c'è una delle ultime autentiche torrefazioni ancora esistenti a Parigi, e anche il solo inebriante profumo del caffè tostato merita la passeggiata.

 


Se poi siete fortunati, vi può anche capitare di assistere alle riprese di un film








sabato 24 agosto 2013

Parigi, il Museo Zadkine e i bambini dei centri estivi




A pochi minuti a piedi dal Jardin du Luxembourg, al numero 100 di rue d'Assas, si trova il   Museo Zadkine, uno di quei musei che sono catalogati, forse per le loro dimensioni contenute,  come minori anche se  sono altrettanto ricchi ed interessanti dei musei più blasonati, e con il vantaggio non disprezzabile di essere completamente gratuiti. E' situato in un piccolo edificio basso  all'interno di un cortile,  circondato da  un grazioso giardino













































A partire dal 1928 e per circa quarant'anni, cioè fino alla morte,  fu   la casa studio  dello scultore Ossip Zadkine


che, in questa foto che lo ritrae da giovane,  a me personalmente ricorda una via di mezzo tra Paul Weller e  Pete Townshend






con un pizzico di  Don Backy.   










Finito che avrete di ridere sgangheratamente sulla mia propensione a trovare ovunque improbabili somiglianze,   torniamo alle cose serie: di Zadkine  l'Enciclopedia Treccani dice che:

aderì al cubismo in maniera tutta personale, volta a evadere verso espressioni liriche, 
sciolte  dal rigore geometrico. Le ricerche successive di Z. sono tese a 
piegare la materia alla sua  propria carica emotiva, via via più intensa, fino 
a una dinamica e raffinatissima visione multipla L'esperienza della tragedia bellica, 
sia pure vissuta da spettatore (Nel 1939 si era rifugiato  negli USA), 
interiorizza la sua visione, rendendola nello stesso tempo più partecipe alla
 vita:  il monumento commemorativo della distruzione di Rotterdam  


 (al museo c'è questo studio preparatorio)
(di cui presentò il bozzetto  alla Biennale di Venezia nel  1950 dove 
ottenne il Gran Premio per la scultura) è appassionata protesta......
..... Z. ha svolto importante attività didattica nel suo 
atelier parigino (ora Musée Zadkine) e all'Académie de la grande chaumière.  

Avevamo già in viaggi precedenti  tentato di vedere il museo, e con l'acume che ci contraddistingue avevamo scelto prima  il periodo della chiusura estiva, poi il giorno del riposo settimanale, e infine anche il periodo di chiusura  per restauri.  Stavolta  che tutte le possibili opzioni di chiusura erano già state sperimentate,  la nostra costanza è stata premiata e ci siamo meritati  il cancello aperto.


E  finalmente abbiamo potuto vedere le sue asciutte figure umane



le sue famose teste 

le grandi opere in bronzo 

e anche lo studio per il monumento ai fratelli Van Gogh, che Zadkine stringe in un  abbraccio così sincero e così dolente che non può non commuovere. L'originale si trova, come è giusto, nella città natale di Van Gogh,   in Olanda



C'era insieme a noi un gruppo di bambini, immagino dei centri estivi parigini, ciascuno col suo bell'album  e  la matita.  


Gli insegnanti spiegavano, e loro attenti e zitti. Interessatissimi a catturare ogni particolare e a riprodurlo sul foglio 


e alla fine, giustamente  orgogliosi di mostrare  il loro lavoro. 








giovedì 22 agosto 2013

Cafe Gourmand



Le mie di solito sono le scoperte dell'acqua calda e quando mi accorgo  di  una moda, generalmente si tratta di qualcosa che i bene informati hanno già ampiamente assimilato e sovente anche già  archiviato.  Questa volta si tratta del Cafe Gourmand,   delizia   da cui io  sono stata folgorata solo recentemente mentre, stando all'autorevole  wikipedia  le sue prime apparizioni nei ristoranti parigini  risalgono al lontano (si fa' per dire) 2005. 



Sempre stando a wikipedia, il successo del "café gourmand", che riunisce in una sola portata il caffè e una piccola scelta  di dessert diversi,  sta nel fatto che non soltanto permette di ridurre il tempo dedicato alla pausa pranzo ma  soprattutto  dà  la possibilità di assaggiare  più  dolci  in una sola volta senza sentirsi in colpa per le calorie ingurgitate, e regala anche un  pizzico di mistero e di sorpresa, visto che nessun menu svela  quali saranno i mini dessert che il cliente si troverà nel piatto. 

Si tratta molto spesso di mini-mini porzioni di mousses di cioccolata, composte di frutta,  crème brûlée, piccole madeleines  o minuscole mini tatin di mele preparate appositamente,    anche se in qualche caso è lecito il sospetto  che i piccoli deliziosi minidessert altro non siano che gli  abili ricicloni dei deliziosi maxidessert avanzati dal giorno prima,  ma non vorremo mica sempre andare a cercare il pelo nell'uovo, no? 

 
quello che conta è che, qualsiasi sia la scelta dei dessert, qualsiasi sia il ristorante in cui lo si gusta, è quasi impossibile  rimanere delusi





venerdì 16 agosto 2013

Dove si parla di ballerine, di sete turbinanti e di cariatidi parigine

Quasi certamente girovagando per YouTube vi sarete imbattuti anche voi in qualcuno di  questi vetusti  filmati in cui una danzatrice dalle doti tecniche non  eccelse si dà un gran daffare  ad agitare   le braccia come fossero   pale di un mulino a vento per far vorticare, suggestivamente  devo ammettere, i  fluidi e cangianti pepli  di cui è drappeggiata. La sua grande abilità nell'usare abiti lunghi anche parecchie decine di metri, che lei faceva turbinare impugnando un paio di invisibili bacchette,  luci che cambiavano continuamente colore e  una gran quantità di specchi che ne moltiplicavano  i movimenti,  creava una sorta di effetto ipnotico che mandava in visibilio il pubblico,  che  della modestia delle sue reali prestazioni danzerecce si faceva  un emerito baffo.
Mary Louise Fuller, detta Loie,  americana dell'Illinois nata nel 1862, non era nemmeno quella  gran  bellezza. Eppure, anche se, a parte gli addetti ai lavori,  oggi quasi nessuno se la ricorda più, a cavallo tra otto e novecento fu  la beniamina incontrastata di tutti i poeti scrittori  pittori e ogni altro genere di intellettuale in circolazione a  Parigi.  






Amica di Rodin e di Hector Guimard, immortalata da  Touluse Lautrec  e dai fratelli Lumiere,   Stéphane Mallarmé la definì nientepopodimenoche la forma teatrale di poesia per eccellenza.

Tra tutti i tributi di cui la Fuller fu fatta  oggetto ai tempi del suo sfavillante successo, il più originale resta l'omaggio resole dallo scultore Pierre Roche che nell'edificio di rue Reaumur 39,



proprio davanti al
Musée des Arts et Métiers, l'ha fatta diventare una doppia  cariatide che, mano sotto il mento e sorriso a metà tra il  divertito e il  beffardo, sorregge con nonchalanche un balcone mentre guarda la gente scapicollarsi qualche piano sotto ai suoi piedi. Forse se la ride ancora al pensiero di  quanto le è stato facile imbambolare e mandare in estasi una intera generazione facendo leva solo su qualche metro di stoffa un po' di  specchi e qualche lampadina colorata












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