venerdì 31 agosto 2007

In Lituania - La collina delle croci



Nella Lituania centrale c'è un posto abbastanza particolare. Lo chiamano la collina delle croci e l’UNESCO lo ha dichiarato patrimonio dell’umanità. Si tratta di una collinetta ricoperta da migliaia e migliaia di croci, dalle più preziose alle più povere. Croci fatte con i materiali più disparati e di ogni dimensione che la gente ha cominciato a posare in segno di devozione o di ricordo per un defunto. Una leggenda dice che le prime sono state portate nello spazio di tre giorni e tre notti dai familiari di soldati morti in battaglia, un’altra attribuisce l’origine al papà di una bambina malata, che avrebbe così implorato la guarigione della figlia. Qualunque sia la verità, la tradizione risale al XIV secolo e con il tempo ha acquistato un significato non esclusivamente religioso, ma è diventata una vera e propria forma di protesta civile. Durante la dominazione sovietica era un reato punito con l’arresto, ma nonostante ciò le croci continuarono a crescere e ad aumentare. L’Armata Rossa per almeno tre volte ha spianato la collina, ma nessuno è mai riuscito ad annientare la consuetudine. Ci hanno detto che nel 1990, alla caduta del muro, le croci erano almeno quarantamila, ma nel 2004, all’epoca del nostro viaggio, se ne contavano già più di quattrocentomila, compresa quella donata da Giovanni Paolo II e le innumerevoli poste a commemorazione delle vittime delle torri gemelle. E' una sensazione straniante, come vedere in un colpo solo tutti i lutti della specie umana, tutti insieme, privati e pubblici. Le bancarelle ne offrono di ogni misura per chi vuole aggiungere anche la sua.
Nessuno parla anche se non c’è scritto da nessuna parte che sia vietato, si sente soltanto il tintinnio delle croci nel vento, e ti lascia addosso una leggera inquietudine.








Foto

Tutti hanno delle foto. C’è gente che le mette ordinatamente nell’album, chi le conserva in quel librettini di plastica con la copertina colorata e l’indirizzo del fotografo stampato sopra, chi le butta alla rinfusa in un cassetto e lascia ai posteri il compito di sistemare e catalogare, chi ne tiene qualcuna nel portafoglio. C’è anche chi dice che non gliene fa un baffo, e di solito è quello che in occasione di una ricorrenza, quando si ricomincia con la tiritera del Come Eravamo, è il primo a fiondarsi sull’album delle foto, e ricorda tutto. Dove eravamo, e chi c’era e chi non c’era, e chi scattava, e cosa si stava dicendo. E poi sulla porta di casa salutando ti chiede se gliene fai una copia, ma con comodo, tanto a me delle foto… Anni fa andavano tanto di moda le diapositive, tutti avevamo in casa schermo e proiettore, e le sere di autunno erano un fiorire di inviti per vedere le diapositive delle vacanze. Per fortuna la moda è passata. Resta ancora qualche irriducibile, ma è una stirpe in estinzione. Io invece ho sempre amato la foto di carta, da tenere in mano, da guardare, da toccare. Le conservo in quegli album con lo spazio per scriverci la didascalia. Qualche volta l’ho anche scritta. Poi ho dovuto cambiare posto alla foto, e così vicino al lungomare di Varazze c’è scritto Aosta e vicino alle cascate del Niagara c'è scritto compleanno di Franco. Ora con le didascalie ho chiuso, ma continuo a riempire album su album. Però sono anche una persona pragmatica e mi accorgo bene che le vecchie foto a colori stanno irrimediabilmente sbiadendo, e così è partita una campagna di ammodernamento, almeno per le foto più significative, EVVVVAI CON LO SCANNER!!

martedì 28 agosto 2007

New York City



1986, l’anno del primo condono edilizio. Tutti coloro che possedevano una casa non completamente corrispondente al progetto dovevano mettersi in regola. Detto alla buona: bisognava redigere un rilievo con la situazione di fatto, calcolare la multa da pagare, stendere una relazione, riempire una caterva di moduli. C’erano in giro irregolarità grandi, enormi, macroscopiche, ma anche irregolarità trascurabili: una finestra spostata di venti centimetri, un terrazzo un po’ più largo del dovuto, piccole cose. Tutti considerati alla stessa stregua e tutti da sanare con la stessa procedura. A noi nessuno affidò la sanatoria di grossi abusi, ma ci capitarono una miriade di incarichi per condoni piccoli. Piccoli e piccolissimi. Notti e notti in bianco a lavorare in studio, con le bambine addormentate di fianco al tecnigrafo. Una gran mole di lavoro extra, ma anche incassi extra. YEAAAAH Fantastico!
Ci meritiamo un regalo. Ci regaliamo un viaggio. Andiamo in America. Andiamo a New York.
New York New York, sempre sognata, sempre immaginata, ma mai realmente avevamo fatto conto di poterci andare sul serio. Come andare su Saturno, uguale.
Mai dire mai. Chi poteva pensare allora che diciannove anni dopo sarebbe diventata la nostra seconda città
Siamo partiti intorno al 25 aprile 1986, e tornati il primo maggio. Mentre eravamo lì capitò Chernobyl.









lunedì 27 agosto 2007

In Lituania - Vilnius








Io devo ammettere con rammarico di essere spocchiosa. Quando non conosco un paese, la mia prima idea è che si tratti di un posto poco interessante. Invece di solito sono io, che sono ignorante. Ad esempio la Lituania: ne avevo sentito parlare, sapevo che era su verso il Baltico e che la capitale era Vilnius. Un po’ poco. E sapendone poco, immaginavo una città grigia, inanimata, povera di attrattive e piatta. Tutti pregiudizi che sono stati smentiti clamorosamente, com’era prevedibile. Per cominciare: la città vecchia è stata dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, e quindi non è per niente una città piatta e senza attrattive come avevo voluto immaginarla io.






Continuando: è l’unica città che ha dedicato un monumento a Frank Zappa.
Vilnius. Un monumento a Frank Zappa. Da non crederci.



Per la precisione non è proprio un vero monumento, è solo una testa, piazzata in cima ad una colonnina, e che la testa si sia proprio quella di Frank Zappa bisogna andarselo a leggere perchè non si capisce tanto, ma hanno avuto pur sempre un bel pensiero, bisogna dirlo. Quando ci fu l’inaugurazione, l’unica orchestra invitata a suonare fu la banda della polizia municipale, e con questo gesto i lituani dimostrano anche un discreto senso dell’umorismo, mi pare. Si deve essere davvero divertito Zappa, a sentire la polizia suonare per lui.

Vilnius ha un’attività culturale molto intensa e per niente marginale. Intanto, ospita la più grande Fiera del Libro dei paesi baltici, e poi molti artisti conosciuti in tutto il mondo sono per l’appunto Lituani. Uno per tutti: il famoso regista Nekrosius, che Arthur Miller definì addirittura un genio.

E' anche la città in cui è nata la Libera Repubblica di Uzupio. Libera liberissima, del tutto non ufficiale, ma è possibile ottenerne la cittadinanza onoraria.




Uzupio in realtà andrebbe scritto con l’accento circonflesso sulla z. Ci ho provato in tutti i modi, ma sulla mia tastiera non ho trovato nessuna maniera per accentare una zeta, e allora ne facciamo a meno. Dicevamo: Libera Repubblica, con tanto di presidente bandiera inno e costituzione. La quale recita: Non conquistare – Non difenderti con le armi – Non arrenderti. C’è un angelo, a proteggere questa piccola repubblica , fatta solo di case degradate e cadenti e abitata tutta da artisti.


un angelo che suona un corno, e quando il Dalai Lama è andato in visita, ha pronunciato l’augurio che il suono di questo corno si diffonda per tutto il pianeta.

In Lituania - Il parco Grutas


Il parco GRUTAS è in Lituania, dalle parti di Druskininkai. E dopo questa precisazione sono certa che sarà tutto più chiaro.
E’ un parco speciale: dopo l’indipendenza della Lituania, un intraprendente signore che già si era fatto abbondantemente ricco inscatolando funghi ha avuto l’idea geniale di farsi affidare in comodato gratuito dal Ministero della Cultura tutte le statue degli eroi, gerarchi e santini del passato regime, e le ha piazzate nella sua tenuta. Ha recintato per benino un pezzo di questo parco, ci ha messo servizi igienici e biglietteria, e ha inaugurato un ibrido che qualcuno ha definito una Disneyland diabolica. Immagino che il Ministero della Cultura, non sapendo cosa farsene di tutto quel po’ po’ di statuone ingombranti (sotto ogni punto di vista) si sia tolto un gran peso, mentre l’imprenditore furbo ha elaborato una ottima maniera per lucrarci sopra, e dando per di più un colpo al cerchio e uno alla botte, perchè comunque la si pensi, si tratta pur sempre di un passato che non si può e non si deve dimenticare. Ecco come è nato questo parco piuttosto sconcertante, fatto a somiglianza di un campo di concentramento siberiano, con tanto di vagone ferroviario tale e quale a quelli usati per le deportazioni staliniane, torrette e filo spinato, e però completo di zona giochi per i bimbi e bar con seggiole e ombrelloni.
Un altoparlante diffonde incessantemente musiche cantate da una voce baritonale, e si cammina su un sentiero lastricato in legno, con un itinerario ben preciso per non perdersi nemmeno una delle reliquie. L’iniziativa si sta rivelando un ottimo business, pare che la gente ci si trovi bene e lo adoperi addirittura come sfondo per servizi fotografici e reportages nuziali.
Quando abbiamo letto sulla guida di questo parco ci siamo andati di corsa, ovvio. Non so che giudizio dare di questa operazione: una azione meritoria? Una maniera di salvare la memoria collettiva di un popolo? una bieca speculazione e basta? Quello che è certo è che per saper fare i soldi bisogna essere tagliati, a me di sicuro non sarebbe mai venuto in mente.













sabato 25 agosto 2007

Lettonia - Riga




Di Riga sapevo pochissimo, non sarei nemmeno riuscita a collocarla sulla carta geografica, per dire. Ma ho letto i libri di Marina Jarre, che a Riga ci è nata. Ho amato subito La Principessa Della Luna Vecchia, un storia carina che si svolge a Torino negli anni a cavallo della legge sul divorzio. Anni 70, per spiegarci. Da quel romanzo in poi ho continuato a seguirla. In Ritorno in Lettonia compie un percorso doloroso verso la città da cui fu portata via bambina: bisogno di pareggiare i conti con un passato che per troppo tempo si era illusa di rimuovere. Storia privata di divorzi ripicche e incomprensioni che si intreccia con il destino tragico degli Ebrei di Riga, sterminati tutti nel giro di pochi giorni.
Non parla granchè dei luoghi, a dire la verità, il suo non è un libro di viaggio, ma io leggevo e pensavo: devo andarci, devo andarci assolutamente. Quando la Lettonia è entrata nella Unione Europea, ci è sembrato un invito esplicito che sarebbe stato poco educato rifiutare. Saremmo andati in Lettonia, deciso.
Ecco il perchè e il percome siamo capitati a Riga: una città affascinante, con una personalità molto forte, caratterizzata da una architettura Jugendstil particolarmente raffinata, sicuramente alla pari con Vienna e Praga, tanto che l’UNESCO ha dichiarato queste architetture patrimonio dell’umanità.
Una curiosità: l’architetto principale artefice di questi edifici è Mikhail Eisenstein, padre del famoso regista. Quello della Corazzata Potemkin che piaceva così tanto a Paolo Villaggio.




























La casa dei gatti



era di proprietà di un commerciante che presumo assai facoltoso, a giudicare dalla dimensione ragguardevole della sua proprietà. Questo signore, lettone, avrebbe fatto carte false per essere accolto nelle file della Gilda dei commercianti, i quali invece, avendo la puzza sotto il naso e riservando l’accesso a soli ricchi commercianti MA SOLO tedeschi, gli dissero sempre di no. Allora, in segno di spregio, lui fece issare sui pinnacoli dell’edificio due statuine riproducenti i suoi gatti, con la schiena arcuata e il posteriore rivolto verso il Salone della Grande Gilda, che si trovava guarda caso proprio all’altro lato della strada. Ci fu una lunga battaglia legale, alla fine il Nostro vinse e ottenne il sospirato si, ma a patto che i sederi dei gatti venissero voltati dall’altra parte. Io al suo posto avrei rifiutato. Un po’ di coerenza, diamine.









Il mercato di Riga



è antichissimo, 1200 circa, ed è anche il più grande di tutto il Baltico e forse di tutta Europa. Un tempo si trovava in prossimità del fiume, per via dei trasporti, ma quando al fiume subentrò la ferrovia, venne spostato verso la stazione ferroviaria. Dato che d’inverno il clima è polare, la città di Riga acquistò cinque hangar, utilizzati a suo tempo per ricoverare gli Zeppelin, e ci piazzò il mercato. Soluzione estremamente ingegnosa, che a partire dagli anni tra il 1925 e il 1930 ha facilitato assai la vita dei compratori, anche perchè gli hangar godono di riscaldamento centralizzato. Particolare da notare: le venditrici portano una vezzosa cuffietta di pizzo. Tutte le venditrici, comprese le giunoniche e rafferme virago che sono presenti in gran numero.





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