mercoledì 27 novembre 2013

Marrakech - Jemaa el-Fnaa

Piazza Jemaa El-Fna, per tutti semplicemente La Place, è qualcosa di unico al mondo. Calamita a cui nessun visitatore riesce a sottrarsi, questo enorme squallido spiazzo privo di attrattive monumentali





 è un luogo magico in cui ogni giorno va in scena uno spettacolo di varia umanità che non credo abbia uguali, un grande palcoscenico che continua ad esercitare un'attrazione magnetica nei confronti di chiunque si trovi a passare per Marrakech.

La   mattina presto,  quando per la piazza si vedono soltanto  gli uomini della nettezza urbana impegnati a ripulire  gettando grandi secchiate d'acqua e i commercianti aprono con calma la loro bottega,   i carretti dei venditori di arance offrono per tre dirham, trenta centesimi,  la prima spremuta della giornata
e poi  piano piano la scena si riempie con l'arrivo di cartomanti
pubblici scrivani
tatuatrici di henné
e  barbieri,  lustrascarpe e, secondo la guida, anche cavadenti armati di pinze tenaglie e barattolo di molari  in bellavista, ma sulla veridicità di questa affermazione io ho accuratamente evitato di approfondire. Così come mi sono tenuta ben ben alla larga dagli incantatori di serpenti non appena, moooolto da lontano,   ho intuito che hanno l'amabile vezzo di gettare il rettile al collo dei passanti


Impossibile invece dire di no  alla garbata offerta del portatore di acqua, che probabilmente tiene famiglia e pare difficile mantenerla soltanto vendendo tazze di acqua tiepida dalla dubbia  provenienza.





Ma è nel pomeriggio che  inizia lo spettacolo autentico.  
Decine e decine di carrette trasportate a braccia si incrociano portando ciascuna un carico di panche e  tavoli,  fornelli  bracieri, stoviglie e grandi teloni bianchi sotto i quali nel giro di un'ora spuntano una miriade di  ristoranti in piena regola   che dopo la mezzanotte (Cenerentola docet)  verranno di nuovo smontati e portati via.





















Al crepuscolo la piazza si anima ancora di più con la  gente


  
che zigzagando tra i vari  Tarek "madame ricordati mi trovi al numero 25"  Abdul "io sono il meliore di tuti, numero quarantasei numero quarantasei segnora" e Youssef "brochettes e cous cous con garanzia due anni al numero trenta" si destreggiano nella ricerca del ristorante. 




La guida, e forse anche il buonsenso, suggeriscono di portarsi le posate da casa,  noi che in quanto a  buonsenso siamo evidentemente  carenti, abbiamo avuto fiducia nei nostri anticorpi e ci siamo goduti senza patemi d'animo una cena più che succulenta. 


mentre un numero imprecisato di gruppi di suonatori gnaoua ci martellava  i timpani con un sovrapporsi inestricabile di ritmi  di tamburi e  crotali 


 





e  la fiammella di centinaia di  piccole lanterne ( mi sono chiesta quanti fiammiferi  ci saranno voluti per accenderle tutte quante)  aggiungeva un   tocco di inaspettata gentilezza 


 





domenica 10 novembre 2013

Monumenti e colombi


Se qualcuno mi commissionasse un monumento mi piacerebbe fare il monumento al colombo. Con un omino sulla testa










sabato 9 novembre 2013

Guillaume Apollinaire


Guillaume Apollinaire (Roma 25 agosto 1880 - Parigi 9 novembre 1918)

....Guillaume Apollinaire era magnifico. Proprio in quel tempo, voglio dire al tempo che Gertrude Stein lo conobbe, regnava grande eccitazione per quel duello che Apollinaire doveva avere con un altro scrittore.  Fernande e Pablo (Picasso) ne parlavano con tanta animazione e tante risate e tanto gergo montmartrois,  che Gertrude Stein non mi seppe mai spiegare chiaramente come i fatti fossero realmente andati.  Ma il nucleo era insomma questo, che Guillaume aveva sfidato quell'altro e Max Jacob doveva fare da testimone e da secondo per Guillame.  Tanto lui che l'avversario sedevano tutto il giorno nel rispettivo caffè solito in attesa, mentre i secondi andavano e venivano. Come poi sia finita Gertrude Stein non sa, tranne che il duello non ci fu.......
..... Apollinaire era simpatico e interessante assai.  Aveva una testa che pareva qualcuno degli ultimi imperatori romani.....
..... Guillaume era prodigiosamente brillante e qualunque argomento fosse sul tappeto, che lui se ne intendesse o no, d'un lampo ne vedeva tutte le possibilità e ci ricamava su, di spirito e fantasia, sviluppandolo più lontano che non potesse fare un intenditore. Il bello si è che non prendeva quasi mai cantonate......
.... Una volta, parecchi anni dopo, si stava pranzando coi Picasso e mi accadde di avere una discussione con lui. Ne fui molto fiera ma secondo che diceva Eve, Guillaume doveva essere quel giorno ubriaco fradicio, altrimenti la cosa non mi sarebbe riuscita. ...
.... L'ultima volta che lo vedemmo fu dopo il suo ritorno a Parigi dalla guerra.  Aveva avuto una grave ferita al capo, che gli aveva asportato un pezzetto di cranio. Col suo "azzurro-orizzonte" e con la testa bendata era uno spettacolo.....
In seguito Olga, la moglie di Picasso, ci raccontò che la notte dell'armistizio, quando Guillaume morì, loro restarono a tenergli compagnia tutta la sera: faceva un gran caldo, le finestre erano spalancate, la gente trascorreva nelle vie vociando "à bas Guillaume" e, siccome tutti avevano sempre chiamato Guillaume Apollinaire, Guillaume, persino nella sua estrema agonia ciò gli diede una pena.
Si era veramente comportato da eroe. In qualità di straniero - la madre, polacca; il padre, probabilmente, italiano - non era per nulla necessario che si arruolasse. Era un uomo dalle abitudini comode, avvezzo a un'esistenza tutta letteraria e ghiotto dei piaceri della tavola; nonostante tutto questo, si arruolò ......
...... Fu ferito durante un attacco. Rimase molto tempo all'ospedale, si rimise un poco - e fu nel tempo che noi lo rivedemmo - ma finì per morire il giorno dell'armistizio.

Gertrude Stein - Autobiografia di Alice Toklas - Ed. Mondadori 1963




Guillaume Apollinaire è sepolto al Pere Lachaise    ma   questo giardino di Saint-Germain des Prés  conserva  l'omaggio che gli ha tributato  l'amico Pablo Picasso.

mercoledì 6 novembre 2013

Parigi - Parlare con le mogli, tra place de la Contrescarpe e rue de Fleurus








Poi veniva la brutta stagione. Alla fine dell'autunno, in un solo giorno, cambiava il tempo. Di notte dovevamo chiudere le finestre perché non entrasse la pioggia e il vento freddo strappava le foglie dagli alberi di Place de la Contrescarpe.










Il Café des Amateurs era il pozzo nero di rue Mouffetard, 


quella magnifica strada di mercato, 


stretta e affollata, che portava in Place del la Contrescarpe. 




 Le latrine dei vecchi casamenti, una per pianerottolo, di fianco alle scale, si scaricavano entro pozzi neri che di notte venivano vuotati pompandone il contenuto in autobotti trainate da cavalli. 
D'estate, con tutte le finestre aperte, il puzzo era molto forte. Le autobotti erano verniciate di marrone e zafferano e sotto la luna, quando erano in azione nelle rue Cardinal Lemoine, i loro cilindri a ruote, tirati dai cavalli, sembravano quadri di Braque.


Ma la tristezza della città giungeva all’improvviso con le prime fredde piogge invernali, mentre camminavi sparivano gli ultimi piani delle alte case bianche e non restavano che l’umida oscurità della strada e le porte chiuse delle bottegucce – gli erbivendoli, le cartolerie e le edicole, la levatrice (seconda categoria) – e l’albergo dov’era morto Verlaine dove all’ultimo piano avevo una stanza dove lavoravo. 
La nostra casa in rue Cardinal Lemoine




 era un appartamento di due stanze che non aveva né acqua calda né la comodità di un gabinetto all'interno.... non troppo scomodo per chi fosse abituato a una latrina esterna nel Michigan. Con una bella vista e un buon materasso e la rete sul pavimento che costituiva un comodo letto, e sulle pareti i quadri che amavamo, era un appartamento allegro, ridente. 




Se nel Luxembourg la luce se n'era andata, attraversavo il giardino e mi fermavo nello studio-appartamento dove abitava Gertrude Stein, al 27 di rue de Fleurus.













Mia moglie ed io eravamo andati a trovare la signorina Stein, e lei e l'amica che viveva con lei erano state molto amabili e cordiali e noi eravamo rimasti incantati dall'ampio studio con i magnifici quadri. Era come una delle mgliori sale  nel più bello dei musei, tranne che c'era un grande caminetto ed era calda e accogliente e ti davano buona roba da mangiare....
La signorina Stein era molto grossa, ma non alta e aveva la corporatura massiccia di una contadina. 





(il monumento di Gertrude Stein  che vedete in foto  è a  Bryant Park, New York)





Aveva occhi bellissimi e un forte viso ebreo-tedesco che avrebbe anche potuto essere fiulano e mi faceva pensare ad una contadina dell'Italia settentrionale con le sue vesti, il viso mobile e i bellissimi, folti vivi capelli da immigrata che portava raccolti sulla testa nella stessa foggia in cui li aveva probabilmente portati all'università.
La sua compagna aveva una voce molto gradevole, era piccola, molto bruna, con i capelli tagliati come Giovanna d'Arco nelle illustrazioni di Boutet de Monvel e aveva un naso molto adunco. Lavorava all'uncinetto la prima volta che le incontrammo e continuò a lavorare e si occupò di roba da mangiare e da bere e conversò con mia moglie. In seguito mi spiegò che lei parlava sempre con le mogli. Le mogli - questa fu l'impressione mia e di mia moglie - erano tollerate.....


.... Dissi a mia moglie   Sai, Gertrude Stein è simpatica, tutto sommato.... Però a volte dice un mucchio di stupidaggini.    Io non la sento mai, disse lei. Sono una moglie. E' la sua amica che parla con me.  

(Ernest Hemingway - Festa Mobile - Traduzione di Vincenzo Mantovani - Ed.  Oscar Mondadori 1969)




 



.... Fernande (Fernande Picasso) fu la prima moglie di un genio con la quale ebbi a parlare. I geni venivano e stavano con Gertrude Stein, le mogli con me.....  Cominciai con Fernande, poi vennero madame Matisse, Marcelle Braque, Josette Gris, Eve Picasso, Bridget Gibb, Hadley e Pauline Hemingway, la signora Sherwood Anderson, la signora Ford Maddox Ford e quelle d'infiniti altri geni, mezzi geni, e geni presuntivi, tutti con moglie, e io mi sedetti a discorrere con queste mogli, dalla prima all'ultima, e poi più tardi, molto più tardi, mi sedetti a discorrere con i mariti. Ma Fernande fu la prima. 

(Gertrude Stein -  Autobiografia di Alice Toklas - Traduzione di Cesare Pavese - Ed. Mondadori 1963)

LinkWithin

Related Posts Widget for Blogs by LinkWithin