lunedì 31 dicembre 2012

Libri, librerie e Acqua Alta


A Venezia, in Calle Lunga Santa Maria Formosa 5176,  sestiere di Castello, c'è la Libreria Acqua Alta, e un cartello all'ingresso avverte senza mezzi termini che è the most beautiful book shop in the world. Che sia  davvero  the most beautiful non ci scommetterei,  ma sul fatto che questa  sia  una libreria fuori dal comune,  proprio non ci piove.  A partire dalle scodelle di crocchette  disseminate tra gli scaffali a beneficio di gatti che purtroppo a me  non si sono voluti appalesare ma sulla cui presenza abituale non nutro alcun dubbio,  a meno che  il lieve odore di pipì che aleggia non sia dovuto ai bizzarri gusti della proprietà in materia di deodoranti per l'ambiente.


I libri, tutti  di seconda mano, sono affastellati per ogni dove e in ogni contenitore possibile e immaginabile, dalla   vecchia gondola 

alle vasche da bagno in disuso, in una quantità talmente enorme che sbalordisce. Come entrare nel paese dei balocchi.


Il primo impulso è di sfogliarli uno per uno ma dopo aver aperto a casaccio  (e subito richiuso) la Storia della Banca,  l'Enciclopedia della Fanciulla - volume terzo e una non meglio identificata Vita dei Santi, non è difficile concludere  che l'idea è suggestiva ma non  praticabile.  Resta in ogni caso la sconfinata ammirazione nei confronti del signor Gigi (o era Gianni?) , che non ho incontrato ma mi è stato detto essere in grado di trovare a colpo sicuro qualsiasi testo presente nella libreria.









Messa da parte, ma solo per il momento,  l'illusione di poter rimpiazzare  qualcuno dei libri misteriosamente involatisi dalla libreria di casa e purtroppo fuori catalogo, la visita turistica è proseguita  fino alla uscita di sicurezza  aperta direttamente sul canale 





per concludersi sulla imprevedibile  scala fatta tutta di libri



con impagabile vista sul canale.  

Essendo oggi  il trentuno di dicembre di un anno che per me è stato particolarmente pesante ed impegnativo, vi lascio con l'augurio che il 2013 si dimostri per ciascuno di noi un pochino meno difficile. Da parte mia nella lista dei buoni propositi c'è anche l'intenzione di  tornare alla Libreria Acqua Alta con un elenco di titoli lungo così, per  mettere alla prova la memoria del signor Gigi (o era Gianni?) e ritrovare almeno qualcuno di quei libri misteriosamente involatisi dalla libreria di casa e purtroppo fuori catalogo.

BUON ANNO A TUTTI (compatibilmente con ....)

mercoledì 19 dicembre 2012

BUON NATALE A TUTTI



In questo calderone di videoauguri natalizi ho messo  la mia famiglia, compagni di scuola conosciuti mezzo secolo fa e  amici incontrati più recentemente,  figli degli amici,  figli dei figli degli amici,  le persone con cui  condivido una grossa parte   della mia giornata  e  altre, con cui le occasioni di vederci sono più rare.  Non tutti sono i miei amici del cuore e sarebbe sciocco fingere il contrario, però  con ciascuno di loro si è costruito  un legame a cui tengo molto,  e mi piace pensare che la cosa sia reciproca.

BUON NATALE A TUTTI !
(anche a chi per un motivo o per un altro non è ancora passato attraverso il  mio click,  e  pure a chi attraverso il suddetto click non  passerà  mai )
e fatemi sapere se qualcuno si è riconosciuto.

P.S. il vergognoso anticipo sulla data è dovuto ad un dubbio: se i Maya avessero ragione io  avrei fatto tutto questo lavoro certosino per niente?    Non se ne parla proprio.

mercoledì 5 dicembre 2012

Il Museo dell'Automobile di Torino si è rifatto il look

Che cosa non può assolutissimamente mancare nella Città dell'auto? Un  Museo dell'Automobile , naturalmente
























Quello di Torino nasce nel 1932 ed  è   tra i più antichi Musei dell’Automobile del mondo. Lo aveva ideato e fortissimamente voluto  Carlo Biscaretti di Ruffia, un aristocratico torinese figlio di uno dei fondatori della Fiat,  che  si era battuto  per tutta la vita per arrivare alla sua realizzazione, radunare la collezione iniziale, e dargli infine una sede degna. Ne  era stato  anche il primo Presidente e nel 1959, anno della sua morte, il Museo dell'Automobile  viene intitolato a suo nome. La  nuova sede si inaugura  l'anno dopo,  il 3 novembre 1960.


Ho letto da qualche parte che è l’unico Museo Nazionale del genere in Italia, e probabilmente è verissimo, quello che è certo comunque è che  dispone di  una delle collezioni di auto più rare in assoluto: circa duecento  automobili originali dalla metà dell’800 ai giorni nostri, di oltre ottanta marche diverse provenienti un po' da tutto il mondo.
La sede del 1960,  progettata dall’architetto Amedeo Albertini in una zona molto suggestiva di Torino sulla sponda sinistra del Po a poca distanza dal Lingotto è  uno dei pochi edifici costruiti appositamente per ospitare una collezione già esistente e costituisce  ancora oggi un pregevole  esempio della  architettura di quegli anni. 















Quello che invece era diventato decisamente obsoleto era l'allestimento: una interminabile sfilza di  auto   in fila, attraenti come un garage di  condominio, bisognava proprio avere la fissa  dell'automobile per aver voglia di sciropparsele in quella maniera. Nell’estate del 2005 finalmente,  il concorso internazionale per il rinnovo del Museo,  a cui   avevano partecipato  una cinquantina di studi di architettura, arriva al traguardo con la vittoria di Cino Zucchi.



Il progetto
che risponde alle richieste del bando con un approccio unitario capace di riorganizzare l’edificio esistente e di creare nuovi spazi di relazione con la città, articola il rapporto tra la percezione veloce da corso Unità d’Italia e la definizione di un ambito pedonale più raccolto in corrispondenza del suo innesto su via Richelmy. 
detto con parole mie:  il corso Unità d'Italia è diventata una via di scorrimento veloce ultra trafficata da cui i pedoni più stanno lontani e meglio è, perciò   Zucchi, per non incrementare oltre misura il lavoro del vicino CTO, individua un nuovo percorso che  snodandosi   lungo una molto più tranquilla strada laterale, 





consente di varcare la soglia dell'ingresso principale mantenendo nel contempo intatta la propria  integrità fisica 


In sintonia con molti esempi europei contemporanei, le funzioni propriamente espositive saranno integrate da una serie di attività complementari che faranno vivere il Museo dell’Automobile a tutte le ore del giorno e della sera; diventando un elemento trainante del rinnovo urbano del quadrante sud della città, 
cioè, sempre detto con parole mie:  oltre ai locali  dedicati alla esposizione degli oggetti in mostra, l'architetto realizza una serie di nuovi spazi accessori destinati a nuove iniziative e a tutte quelle  attività che sono oramai  indispensabili perchè un museo non sia  soltanto  un magazzino ammuffito. Tutto questo, nel rispetto della preesistente architettura di Albertini.


Gli allestimenti interni sono stati affidati allo  scenografo franco-svizzero Francois Confino, già artefice alla Mole Antonelliana   dell'allestimento del  Museo del Cinema, che adotta come filo conduttore del suo intervento
 l’auto osservata come creazione del genio e dell’immaginazione umana




Il  nuovo Museo  racconta la storia dell’automobile, la sua trasformazione da mezzo di trasporto a oggetto di culto, e attraverso l’evoluzione dell’auto  osserva  i passaggi epocali della società  cercando di ricreare   l'atmosfera più adatta per evocare il  periodo storico in cui  inquadrare le vetture, partendo dal primo pionieristico prototipo, poco più di una macchinina a pedali,  


passando per le  vetture da corsa più  blasonate

al garage (con tanto di officina attrezzata) dei primi 900
Le istanze futuriste del primo decennio del novecento sono  sottolineate da una copia del famoso bronzo di Boccioni,   il cui originale avevamo scoperto  con una certa sorpresa  al MoMa  

Su una   splendida Isotta Fraschini 



è appuntata la patente conseguita nel 1913 dalla signorina Francesca Mancuso di Caronia


mentre sulle pareti campeggiano i volti delle divine del cinema






Alla Ford degli anni della grande depressione fanno da sfondo i poveri in coda per il pane della conosciutissima foto di  Margaret Bourke White 


e tra una  Trabant e l'altra sacchi di sabbia e   garitte come se il muro di Berlino fosse dietro l'angolo,  e uno schermo su cui scorrono uno dopo l'altro i   film di spionaggio degli anni cinquanta. E' tutta una oleografia abbastanza prevedibile ma  d'altra parte il museo non pretende di essere niente altro che un  divertissement adatto a tutti, mica un  trattato di storia 





Però la Topolino color sabbia e i parafanghi neri è tale e quale la nostra (almeno prima che mio padre decidesse di verniciarla col pennello) 

e la Bianchina cabrio è identica a quella che guidava Audery Hepburn



un attimo prima di far capitolare Peter O'Toole




Le sedie con soprastante casco da pettinatrice sono in realtà delle postazioni video, 




e ai bambini piace da morire il giro di giostra attraverso una catena di montaggio che sembra quasi vera

e che si conclude davanti alla macchinetta fatta di migliaia di piccole micromacchinine, come  mattoncini Lego













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