venerdì 25 marzo 2011

Sulle tracce di Robert Mapplethorpe

Terzo di sei figli di una famiglia medio borghese cattolica, Robert Mapplethorpe nasce nel novembre 1946. A sedici anni si iscrive al Pratt Institute di Brooklyn, dove studia Arte e pittura.


Diventa amico di   Patti Smith

  
che è sua compagna di scuola al Pratt e che non sarà soltanto la sua più grande amica e  la sua musa artistica, ma anche  la compagna di  un pezzo della sua vita. 
Vivranno    insieme per un po',   prima a Brooklyn

 e poi al Chelsea Hotel di Manhattan.

Il loro è un rapporto incredibilmente  complesso e  intenso, e sarà destinato a durare  fino alla morte. 
L'interesse per la fotografia arriva più tardi, dopo la laurea, quando Mapplethorpe armato di  Polaroid passa le notti nei  locali gay di Manhattan a scattare immagini che poi assembla con ciarpame  raccattato  nelle discariche insieme ad   illustrazioni ritagliate da riviste pornografiche,  creando collages visionari che suscitano enorme scandalo e lo connotano come enfant terrible della cultura underground newyorkese.
Conosce  Andy Warhol,  frequenta la sua Factory di Union Square ed appare subito chiaro  che è il migliore tra i fotografi dello staff




















Il suo talento è evidente, e il curatore di arti grafiche  del Metropolitan Museum, John McKendry, lo incoraggia a dedicarsi completamente alla fotografia.
















Si sistema in uno  studio al 24 di Bond Street,
























in questo  bizzarro  edificio   che ora pare ospiti un teatro. (I danzatori dorati sono stati aggiunti in seguito  da parte del  nuovo inquilino,  lo scultore Bruce Williams).





















Diventa amante di Sam Wagstaff, ricco collezionista d’arte, il quale gli regala cinquecentomila dollari ed una Hasselblad.
Cinquecentomila dollari per comprare  un nuovo studio al  35 West 23rd Street,


(questa foto non è mia )










e la  Hasselblad per assecondare  la sua mania ossessiva di perfezionismo. Le  fotografie diventano ancora più curate, la   ricerca formale è esasperata  e nemmeno il  più insignificante dettaglio è casuale.
I suoi soggetti sono sovente  nudi maschili,


e molti sono  carichi di un erotismo talmente  ostentato ed esplicito  che più di una volta le gallerie rifiutano di esporli e spesso la censura arriva a richiedere  l'intervento della polizia. Ma Mapplethorpe fotografa altrettanto splendidamente  nature morte, e fiori,



e  bambini, creando ritratti in bianco e nero di perfezione assoluta 

  






Malato di Aids, muore a Boston  nel 1989


mercoledì 23 marzo 2011

Un filino esagerato


















Di Herzog e DeMeuron   avevamo accennato già più di una volta , e mi stavo giusto  chiedendo se  fosse il caso di tediare ancora   i miei aficionados con le  fotografie di un'altra loro realizzazione, il  primo edificio residenziale che hanno costruito negli Stati Uniti, quando  ho avuto l'ennesima  conferma che la  telepatia non è  una favola, dal momento che   la stessa idea   era  venuta  anche ad un'altra persona, che tra l'altro mi è capitato di  incontrare  di  recente.
La constatazione mi ha fatto tagliare  la testa al toro:  poche storie,  oggi si va tutti a  Manhattan, Cast Iron District, 40 Bond Street per la precisione, dove c'è un condominio così sfacciatamente lussuoso da apparire sorprendente  perfino in questa città che in quanto a lussi  eccessi ed esagerazioni ha poco da imparare.


Committente dell'operazione è stato Ian Schrager, il patron di tantissime fortunate iniziative  come  lo strafamoso tempio della Disco Dance, lo  Studio 54, per dirne soltanto  uno a caso.  E con questo abbiamo subito ben chiaro in testa  che se  qualcuno cerca un monolocale ad equo canone, qui ha sbagliato indirizzo.
E  se Jacques Herzog durante la costruzione ha detto veramente : "noi ci sentiamo a disagio nel lusso", tocca riconoscere che,  disagio a parte, anche stavolta i due  sono andati alla grande.
La  facciata  riecheggia la struttura dei cast iron buildings, ma la reinterpreta con materiali nuovi, come gli elementi   in rame brunito e  in vetro curvato, realizzati appositamente a Barcellona, mentre una enorme cancellata  (ad inquietanti  volute in alluminio pressofuso  che sembrano ispirate da un Gaudì bisognoso di Alka Seltzer)   lunga più di quaranta metri protegge la privacy dorata degli inquilini dei  ventisette appartamenti e delle cinque townhouses  di oltre  mille metri quadri, tutti con giardino privato e chi sa quante altre belle cose ancora. Inutile specificare che  tutti sono corredati da splendidi arredi disegnati uno per uno su misura, e le finizioni stratosferiche contemplano cucine  in rovere austriaco, armadi  laccati di  fattura italiana, caminetti,  oltre ad  un   grande profluvio  di Corian,  un nuovo  materiale molto  duttile e  versatile  che è stato sfruttato per forgiare lavabi e piani di lavoro ma anche per sagomare in  morbide onde la hall di ingresso,  e che Schrager pare abbia preferito  soprattutto perchè molto più costoso del marmo.  
Come se tutto questo bell'ambaradan  non fosse ancora sufficiente a convincere i  newyorkesi facoltosi a traslocare di corsa,  Schrager ha calato un ulteriore asso: un  servizio di housekeeping talmente raffinato e capillare, che non soltanto si può prendere carico della sorveglianza  e della gestione di ogni faccenda quotidiana di casa 24 ore su 24, spesa e riparazioni e servizi di pulizia,  ma può offrire  ogni immaginabile tipo di servizio come nemmeno la più efficiente delle  segretarie private, compresa la  prenotazione del ristorante esclusivo, o il mazzo di  fiori sempre freschi sul tavolino dell'ingresso o il personal trainer per la  passeggiata igienica di Fufi. 
Per evitarvi di perdere tempo in telefonate inutili,  sappiate che tutti gli appartamenti sono già stati venduti.

















giovedì 17 marzo 2011

Buon compleanno Italia





















Oggi  si inaugurano le mostre che Torino ha messo in piedi per festeggiare il centocinquantesimo compleanno dell'Italia.
Sono stati mesi di lavoro duro, impegnativo e faticoso: so quello che dico perché ci sono stata dentro  anch'io, anche se solo  di riflesso, e ho visto crescere questa avventura giorno per giorno.  Assistere allo sviluppo di un progetto così grosso è un'esperienza molto diversa dal vedere soltanto il   prodotto fatto e finito. Ti permette di capire soprattutto che ogni giorno  ci sono milioni di intoppi  e  ostacoli e difficoltà,  che mai ti saresti immaginato,  da affrontare e risolvere.  Bene e in fretta, e sapendo per di più  di avere decine di fucili puntati addosso. 

Perciò mi autoperdono questa scivolata  retorica e confesso di essermi molto  emozionata pensando che tutta questa gente ha lavorato per  

Mi piacerebbe anche che questo post cadesse sotto lo sguardo di quel signore con alti  incarichi istituzionali che  sostiene che con la cultura non si mangia. Ma questo è un altro discorso.

Buon compleanno Italia.



lunedì 14 marzo 2011

I Vespri Siciliani

Con un allestimento dei Vespri Siciliani per la regia di Maria Callas,  nel 1973  Torino   sanciva    la rinascita del Teatro Regio dopo il disastroso incendio degli anni trenta.
Mi piace  che oggi, per la celebrazione dei centocinquant'anni dell'Italia unita, il Teatro Regio abbia scelto di portare nuovamente  in scena l'opera di Verdi, stavolta con la regia di Davide Livermore e la direzione di Gianandrea Noseda. 
Una riflessione ... sull’Italia di oggi  quella del regista,  che riporto pari pari perché  mi  sembra  del tutto  condivisibile

....... focalizzare l’attenzione sul rapporto dell’opera con la Storia e sviluppare un confronto, un dibattito, una riflessione su come la messa in scena possa tradurre ai nostri occhi contemporanei vicende e situazioni concepite per altre epoche........
 Davide Livermore che firma la regia del nuovo allestimento, così spiega il suo punto di partenza: «nei Vespri, Verdi ci racconta la Sicilia del Duecento, ma pensa all’Italia dell’Ottocento, anzi di più. Pensa all’Italia di ieri, di oggi e forse anche di domani… Credo che sia il momento di raccogliere la sfida: Verdi riflette sul nostro Paese, sull’Unità, sulla necessità di fare gli italiani dopo aver fatto l’Italia. La sua non è una celebrazione, ma una riflessione. E quindi va portata nel nostro tempo, perché è al nostro tempo che parla».



Nell'allestimento del Regio la  piazza di Palermo diventa uno scenario cupamente attuale, dominato da due maxischermi che trasmettono in diretta le immagini della rivolta, e la bara  di Federigo d'Austria avvolta nel tricolore evoca molto significativamente un'altra bara, simbolo di una violenza diversa ma altrettanto drammatica e pericolosa, e  destinata a  produrre  nient'altro che squallore e degrado








La storia si dipana  sotto lo sguardo implacabile  di una televisione vorace e oscena,   capace di trasformare  ogni cosa in  un unico imbarazzante reality show 
  
.....Nella lettura di Livermore l’invasore che priva dell’unità e dell’identità nazionale non è lo straniero, ma il sistema dei media, la cattiva informazione; «le armi di “distrazione di massa” servono a realizzare quello che Pasolini aveva capito con una forza profetica, in enorme anticipo sui tempi: il fascismo culturale… la perdita dell’identità che lui temeva si sta verificando in maniera totale. Siamo invasi dalla menzogna, manipolati dalla comunicazione».......








Tricolori sventolanti e inno di Mameli sono stati  responsabili di parecchie furtive soffiate di naso tra il pubblico (e di una modesta  riflessione della sottoscritta: Se  il Teatro Regio aspirava a   contributi economici da parte del governatore della Regione, dopo questi Vespri  ci può tranquillamente mettere una pietra sopra) .  
Diretta alla presenza del Presidente Napolitano  venerdi 18 marzo su Radiotre e su RaiStoria. Da non perdere. 



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