mercoledì 31 marzo 2010

Pritzker price 2010




Il  Premio Pritzker  fondato da Jay e Cindy Pritzker è l'equivalente del premio  Nobel  per l'architettura.
Se il nome non vi dice molto, sappiate che si tratta dei proprietari della catena di Hotel Hyatt, e non sorprendetevi che, pur occupandosi di alberghi, i Pritzker abbiano scelto di istituire un premio per l'architettura: sono originari di Chicago, una città che con l'architettura ha sempre avuto un legame molto stretto e molto intenso, e per rendersene conto basta ricordare la famosa scuola di Chicago da cui tra la fine dell'ottocento e i primi decenni del novecento sono usciti alcuni tra i migliori progettisti, o pensare che nel sobborgo di Oak Park la gran parte delle ville è opera di Frank Lloyd Wrigt.
Istituito nel 1979, il Pritzker
 ha premiato nel corso degli anni tutto il Gotha dell'architettura.
Per il 2010 l'onore è toccato a  Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, giapponesi, partner dello studio di architettura SANAA.



Una delle loro realizzazioni più recenti è il New Museum of Contemporary Art de new York inaugurato nel 2007, che avevo mostrato già tempo fa e che se volete potrete ritrovare anche  qui.


Ribadisco ancora una volta che la  documentazione fotografica  è  lacunosa, cosa di cui mi dolgo altamente ma,  come in molti altri musei, le foto sono permesse soltanto  nel foyer e dall'esterno l'edificio  stretto tra le altre costruzioni non rende la vita facile al fotografo dilettante






E' stato definito una pila di sei blocchi luccicanti inseriti fra la sporcizia di Bowery . Effettivamente, la zona non è tra le più belle di Manhattan e il museo poi si trova a fare i conti con una miriade di squallidi negozi di attrezzature per la ristorazione,












ma non è azzardato pensare che grazie proprio a lui tra poco le cose cambieranno radicalmente. Capita quasi sempre così a New York: quartieri malandati, fatiscenti e poco raccomandabili diventano di colpo luoghi fitti di localini super trendy e ricercati, pur continuando a restare quartieri malandati e fatiscenti. 
Misteri metropolitani.

lunedì 29 marzo 2010

Union Square


Leggo che venerdi è stata inaugurata a Union Square una nuova area ricreativa per i bambini, e mi rendo conto sorprendentemente che non ho ancora mai parlato di questa zona della città, anche se è la parte che credo di conoscere meglio e in cui da subito mi sono sentita, per quanto sia  possibile per un turista, a casa mia.
A due isolati da qui la figlia emigrante ha abitato per parecchio tempo, era abituale far colazione






affacciate alla grande vetrata di Whole Foods, e comprare l'insalata (ORGANIC salad, of course) al Farmers Market


















ma non è solo per questo che sono affezionata a Union Square.
Ha  il grande pregio di farti sentire a tuo agio come pochi altri luoghi, nonostante sia ficcata in un crocevia trafficatissimo alla confluenza tra Broadway, Park e Fourth Avenue, e la sua stazione della Subway sia uno degli incroci più congestionati;  é in ragione di queste concomitanze logistiche che è stata chiamata  Union Square, non state a pensare ad un omaggio all'Unione Federale e nemmeno alla celebrazione di un qualche sindacato di lavoratori.
E comunque, nonostante sia accerchiata dalle auto notte e giorno e la sua stazione metro sia frequentata da migliaia e migliaia di persone, nel parco si può godere di una tranquillità inimmaginabile. E  non ci si deve stupire che sia  un  parco bello e ben riuscito,  dal momento che è opera dei due più grandi specialisti in materia, i famosi  Frederick Law Olmsted e Calvert Vaux già autori di Central Park e Prospect Park, ai quali nel 1872 venne affidato l'incarico di ridisegnare da cima a fondo il giardinetto senza carattere che già esisteva.









Sotto la grande  statua equestre di George Washington ci si dà appuntamento con gli amici,  









si va a  spasso portando  Don Diego al guinzaglio,  o ci si riunisce per dare il via alle grandi manifestazioni civili. La  statua di Gandhi è stata posta nel 1987  nei pressi della stazione della Subway  con l'intento dichiarato  di evidenziare la vocazione impegnata e pacifista della piazza, 


che dopo l'11 settembre è stata a lungo il punto d'incontro  privilegiato in cui si portavano  fiori e si accendevano candele, e parecchie sono state le veglie spontanee  in memoria delle vittime. 
Ci si organizzano anche feste di quartiere, come la grande festa cinese a cui abbiamo assistito spaparanzati nell'erba in mezzo a mille altri, in una calda domenica di maggio 
















Basta guardarsi intorno e si scoprono decine di edifici interessantissimi, ciascuno dei quali ha una storia che varrebbe la pena conoscere.

Ad eesempio, il Decker Building che si trova al numero 33 e che ora è  un megastore della Puma, è stata la prima sede della Factory di Andy Warhol  


mentre il bell'edificio con frontone in cui  c'è la  New York Film Academy, è la Tammany Hall che fu quartier generale del sordido  William M. Tweed, il quale alla fine del XIX secolo in questi locali con la complicità di un sindaco corrotto riuscì a intrallazzare e intascare la bellezza di centosessanta milioni di dollari, facendo scrivere in seguito  ad un osservatore  che Il governo dei ricchi tramite la manipolazione dei poveri è un fenomeno nuovo al mondo.  
Gentile signor osservatore del diciannovesimo secolo, se lo dice Lei non ho dubbi che il fenomeno ai Suoi tempi  fosse una novità, ma desidero assicurarLe che ai nostri giorni è diventato una pratica saldamente consolidata.


Su Union Square c'è, o meglio c'era dal momento che mi pare sia stato chiuso pochi mesi fa,  anche il grande megastore della Virgin, e a due passi da lì, sull'angolo tra Broadway e la  12ma strada   c'è  Strand Bookstore, la libreria che si fregia di possedere diciotto miglia di libri e che da sola meriterebbe il viaggio.

Last but not least, inegli immediati dintorni ci sono miriadi di locali e ristoranti. Non sono necessariamente locali costosi, anzi direi che i posti abbordabili sono la maggioranza, ma ciononostante sono tutti locali molto trendy, pensati per una clientela di giovani newyorkesi brillanti e molto aggiornati  e non certo per i turisti, e difatti  a cena in questi locali se ne  vedono pochini,  e si vede a occhio nudo che sono tutti agli antipodi del clichè del turista medio abituato a muoversi  sotto  l'ombrello protettivo del viaggio organizzato.  

Ma il meglio di sé  Union Square lo sfodera  di notte,  quando i  lampioni sono tutti accesi,  i grattacieli intorno brillano come gioielli preziosi, e voi vi godete l'ultimo spicchio di serata prima di prendere la metropolitana e andare a nanna


























domenica 28 marzo 2010

di architettura, di editori spregiudicati e di nipotine terroriste



William Randolph Hearst era il  rampollo di una ricca famiglia, cresciuto negli agi e  viziatissimo da una madre esageratamente permissiva. Iscritto ad Harvard, se ne fece cacciare e non si laureò mai, ma d'altra parte l'istruzione non pare sia mai stata in cima alle sue priorità,  consapevole com'era di essere l'erede di una delle fortune più immense degli Stati Uniti. Direttore del suo primo giornale a ventitre anni,  Hearst non si fece mai scrupolo di pubblicare notizie scandalistiche, e tantomeno si curò mai di controllarne la veridicità. Possiamo dire senza tema di smentite che fu uno spregiudicato  manipolatore dell'opinione pubblica. Succede.
Pare che la sua strenua  battaglia contro la coltivazione della cannabis sia dovuta, più che ad un encomiabile impegno civile, alla concorrenza della carta derivata dalla canapa.   Pensate,  se anche Hearst nelle sue cartiere  avesse usato la canapa, la guerra alla droga avrebbe preso un altro verso. 
Non gli andò mai bene in politica, fallì un paio di volte la corsa alla carica di sindaco con il partito democratico e alla fine divenne conservatore.  
Sposatissimo e mai divorziato,  mantenne parallelamente  una lunghissima relazione pubblica con una attrice famosa. Succede,  anche questo.
A lui si ispirò Orson Welles per la figura di Citizen Kane in Quarto potere, e questo non gli piacque per niente. Mise in atto  una campagna violentissima contro il film, fino a  chiederne la censura e perfino la distruzione. Gli andò male. Allora succedeva, adesso chi lo sa.
Fu anche il nonno di quella Patricia Hearst balzata agli onori della cronaca negli anni settanta quando, rapita da un tal Esercito di Liberazione Simbionese, ne abbracciò la causa partecipando a numerose rapine a mano armata.  Chissà dove sarà finita adesso, io ricordo solo che di galera ne fece poca e fu rapidamente graziata.



Per tornare in argomento, Hearst nel 1928 per la sede dei suoi giornali aveva fatto costruire  un edificio di sette piani in stile Art Deco, 


































con l'intenzione di renderlo sempre più alto man mano che il suo impero fosse cresciuto. 



L'impero editoriale di Hearst si è disgregato, ma l'edificio si è effettivamente alzato.
Lo ha fatto  nel 2006  Norman Foster, calcando volutamente  la mano sul contrasto tra l'architettura esistente e la nuova torre






























torre che è  costituita da un telaio ipertecnologico di travi in acciaio riciclato dentro cui i moduli vetrati creano un effetto di diamante. 






















L'orditura diagonale delle travi ha consentito  un notevole risparmio di acciaio, i vetri basso emissivi  filtrano i raggi del sole garantendo  il passaggio della luce ma non del calore, e permettono di abbassare il consumo  energetico di un buon  25% .
Sensori applicati in tutti gli uffici  regolano l'accensione delle luci a seconda della reale necessità,  rilevatori di movimento interrompono l'elettricità automaticamente quando gli ambienti restano vuoti, e le piante vengono annaffiate grazie ad un sistema di raccolta delle acque piovane.
Nell’atrio scorre una scenografica  una cascata di acqua riciclata, che io non ho potuto vedere perchè era domenica mattina e tutte le porte erano sprangate.























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