giovedì 27 maggio 2010

Su e giù per Lisbona tra ascensori funicolari tram e scale. tante scale


Si dice che Lisbona, bellissima città dal fascino dolente  costruita  accanto al porto naturale che il  Tejo, in italiano Tago, forma all'incontro con l’Atlantico, poggi su sette colline come Roma. E' una bugia grossa come una casa: Lisbona è arrampicata su  m-i-l-i-o-n-i di colline, una più ripida dell'altra,  e  scalarle (non parlo  in senso metaforico) a piedi sotto un sole cocente e una temperatura a dir poco sahariana può rivelarsi   una fatica  insostenibile, anche quando spira  un piacevole venticello. Cioè quasi  sempre, dato che ci troviamo  praticamente in braccio all'oceano. 


 
Per fortuna  i lisbonesi sono gente saggia, e hanno  collocato nei punti strategici un discreto numero di  funicolari
 ed elevadores

per superare i dislivelli più imponenti,  e si sono anche  dotati di  snelli  tram gialli 

sui quali è divertente e rinfrancante  scorrazzare su e  giù per  stradine così strette  ma così strette, che le case sono letteralmente a portata di mano.
Ma nonostante fatica e  caldo,   girare a piedi per qualsiasi  città  rimane secondo me  uno degli sport maggiormente  gratificanti, e se già è magnifico dappertutto andarsene a spasso centellinando  ogni singolo palazzo, ogni chiesa,  ogni monumento, Lisbona riesce a  sorprendere una volta di più  grazie ai  suoi  incredibili marciapiedi,  che qui chiamano calçada. 
Piccoli sampietrini lustri e levigati bianchi e neri, i colori della città, formano fantasiose decorazioni  una diversa dall'altra.  Il continuo passeggio li ha resi  lisci e lucidi, fin troppo lisci e lucidi, e non deve essere semplice affrontarli quando piove,  ma sono veramente bellissimi e rendono il panorama urbano  unico. Ma, pensandoci bene, il problema non sussiste: questi marciapiedi si trovano lì da talmente tanti anni che oramai   i Lisbonesi saranno sicuramente tutti allenati  alla perfezione e a prova di scivolone.

























venerdì 14 maggio 2010

Varie ed eventuali va in turnè

Batterie cariche, memory card pronte, videocamera macchinetta foto e guide già  sistemate  nello zaino,  domani si parte per andare a vedere un po' di questo
un po' di questo 


e un po' di quest'altro


staremo in compagnia di cari amici, e non è un dettaglio di  poco conto, e nutriremo lo spirito, ma non solo

Arrivederci tra una decina di giorni!
Fate i bravi mentre sono lontana e non fatemi stare in pensiero

mercoledì 12 maggio 2010

Le Officine Grandi Riparazioni a Torino


Costruite  nel decennio tra il  1885 e il 1895, le Officine Grandi Riparazioni Ferroviarie sono uno dei più imponenti e significativi insediamenti industriali di Torino, e non solo della fine  dell'ottocento. Costruite  ai  margini della cinta daziaria tracciata nel 1853, si trovano  dalle parti delle  Carceri Nuove  (1857-1870) e degli ormai demoliti mattatoio e mercato del bestiame, sul grande vialone della Spina Centrale. Dopo aver esaminato  studiato e confrontato  interventi equivalenti realizzati in quegli anni un po' dappertutto   in Europa, i progettisti Callisto Candellero e Paolo Rossi preparano il  progetto di un  fabbricato  a forma di  H che   definire imponente non è affatto esagerato, infatti  copre la bellezza di più di centonovantamila metri quadri grazie a  due maniche identiche, ciascuna formata da una serie di navate scandite da  pilastri in ghisa di grande eleganza  






















e illuminate da alti finestroni.






















A contorno del corpo principale, un cospicuo  gruppo di magazzini e depositi dalle dimensioni più contenute.

















Il complesso  viene   utilizzato fino agli anni settanta del secolo scorso per la riparazione di locomotive e vagoni ferroviari, e le lavorazioni sono suddivise  tra il corpo nord, il Fabbricato calderai e il corpo sud Fabbricato montaggio carrozze, 







Dopo gli anni settanta   il complesso viene abbandonato, non ci vuole molto tempo perché l'area diventi   un ricettacolo di sterpaglie incolte e i capannoni comincino a degradarsi. 
Sembra un processo irreversibile ed è un grosso dispiacere pensare che  un esempio così bello  di  archeologia industriale sia destinato a cadere a pezzi.  

La città di Torino potrebbe  farsi carico del restauro ma gli edifici sono di proprietà delle Ferrovie dello Stato e risolvere la questione delle reciproche competenze  non è semplice. In più, per un intervento di questa dimensione servono veramente montagne di soldi, e trovarli non è uno scherzo.
Per farla breve, dopo qualche anno di abbandono almeno  una parte dei magazzini riesce ad essere  riconvertita in spazi a servizio del Politecnico, 

e  ora pare che finalmente  anche i  lavori di restauro degli edifici principali siano destinati a prendere il via.
A me è capitato di poter fare una passeggiata dentro  tutto il complesso che,  non sono solo io  a dirlo,  è straordinario e bellissimo al pari di una cattedrale, 
e così ho pensato che forse anche ad altri  avrebbe potuto far  piacere dare un'occhiata




































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