martedì 31 marzo 2015

A Lione, Musée des Confluences


Non tutte le città hanno la fortuna di essere state edificate  in mezzo a due fiumi e Lione, che questa fortuna ce l'ha, ha pensato molto saggiamente  di sottolinearla realizzando, nel punto in cui Rodano e Saona confluiscono, il Musée des Confluences.

Nel  2013 il cantiere era  ancora in costruzione





 

Ma il  20 dicembre scorso finalmente il Museo è stato ufficialmente inaugurato



L'intento è quello di  avvicinare il  pubblico quanto più ampio possibile a tutte le nuove strade intraprese dalla scienza, dalla tecnologia,  dalla biologia e anche dall’etica secondo un concetto ispiratore che non poteva non essere simbolicamente ancorato al luogo in cui è costruito,  ed  è quello dell'integrazione di  tutte le discipline, senza  confini e senza divisioni.
Il progetto parte alla fine degli anni novanta ed è affidato alla Coop Himmelb(l)au,  un gruppo di architetti austriaci con studi a Vienna, Los Angeles e Pechino

 
(autori tra l'altro di questa  ardita  sopraelevazione che tempo fa appariva per circa  un secondo  nella pubblicità di non ricordo più quale brandy. L'informazione non era indispensabile, lo so,  ma mi è venuta in mente e ve l'ho riportata).

Si era ventilata la sua apertura  entro il  2008 ma lungaggini e ritardi hanno dilatato  i tempi  e nel frattempo  il  costo inizialmente previsto pare sia   cresciuto di sei volte. Non indaghiamo sul perchè e il percome, ora il museo è aperto al pubblico e tanto ci basta. 
Parliamo invece  dell'edificio:  è stato  scritto che è    
un gesto architettonico eclatante e vertiginoso, ammirevolmente coraggioso ma anche sfrontato

Visto di lato ricorda  vagamente  un grosso formichiere


e si articola in due unità distinte  che gli architetti hanno denominato  Cloud e Crystal.

Cloud, la zona rivolta verso l'acqua,



si compone di  una teoria di spazi bui  in cui  la luce naturale non penetra, e sono stati pensati per garantire la massima flessibilità  per le mostre che vi verranno allestite, mentre Crystal


guarda verso la città















ed è un enorme atrio vetrato pieno di luce



che funziona  come   filtro tra il dentro ed il fuori, punto di ritrovo o camera di decantazione in cui sostare prima di entrare  alle aree espositive che si snodano su vari livelli e a cui si accede attravesrso un percorso di ponti scale e passerelle.




































Scrivono i progettisti
.....Mutazioni di forma, penetrazioni, deformazioni, simultaneità, insuccessi e mutevolezze hanno un effetto sull’architettura. L’architettura che ne risulta è caratterizzata dalle interazioni, dalla fusione e dalla mutazione di differenti entità da cui nasce una nuova forma....
.... la sua architettura è caratterizzata dalla fusione di due entità cui viene conferita una identità urbana con un valore locale e regionale, che contribuisce a rendere riconoscibile la città di Lione nei confini della Francia.

....Il Museé des Confluences non si considera un tempio esclusivo per la borghesia intellettuale, bensì un luogo pubblico che dà accesso alla conoscenza del nostro tempo.....














Il Museo raccoglie più di due milioni di oggetti tra i più disparati, dallo scheletro di dinosauro alla prima  macchina per Raggi X





















































ad opere di arte Inuit  molto  interessanti e  inusuali.
E poi,  come si legge qui ,  
meteoriti, ammoniti, uccelli della Cochinchina, sculture Senufo (popolo africano), mandibola 
di Homo Sapiens, armature di samurai…
Tutti questi oggetti  rivolgono uno sguardo inedito sull’avventura umana dalle origini a oggi 


E perfino i  normalissimi attrezzi di cucina,  elevati ad oggetti da esposizione,   assumono  una dignità diversa.






















lunedì 23 marzo 2015

Amedeo Modigliani - Terza parte

A Modì piacciono le donne e le donne lo ricambiano generosamente. Forse non tiene neppure  il conto di quante ne ha avute  e  quante ha allegramente messo nei pasticci per poi  mollarle a sbrigarsela da sole.
Mille sono scivolate via come acqua fresca ma  con almeno quattro donne la storia è di quelle che lasciano il segno . 
Anna Achmatova, per esempio. Naso aquilino frangetta nera  e figura flessuosa,



Anna nel 1910 ha vent'anni ed è in luna di miele a Parigi   col neo marito Nikolaj   quando durante una serata a La Rotonde conosce Modigliani. Si intendono subito, si rivedono, passeggiano parlando di poesia e forse niente di più,  poi lei  deve tornare col marito  a San Pietroburgo.  Modì le scrive almeno duecento lettere fino a che l'anno dopo lei è di nuovo  a Parigi. Da sola.
Stavolta è sicuro che si amano, e lui la ritrae in splendidi  disegni. Pochi essenziali tratti di matita che dicono tutto.

Mi disegnava a casa mia e mi regalava questi disegni. Ne ricevetti sedici. Mi chiedeva di metterli in cornice e di appenderli nella mia stanza a  Carskoe Selo. E lì furono distrutti nei primi anni della rivoluzione. Si salvò quello che meno degli altri fa' presentire i futuri nudi.




La  storia dura pochi mesi ma Anna non dimenticherà mai il  bel pittore italiano

Parigi è una nebbia scura
e forse ancora impercettibilmente 
Modigliani mi segue
Possiede la triste virtù
di portare disordine anche nei miei sogni
e di essere causa delle mie innumerevoli sfortune.


Beatrice Hastings piomba nella vita di Modigliani intorno al 1914. Lei  è una donna libera e  ricca,  e anche   bella e intelligente. La convivenza dura un paio d'anni durante i quali lui la dipinge in una decina di quadri.



In uno di questi, che Modigliani intitola ironicamente Madame Pompadour,  Beatrice sfoggia uno dei  vistosi cappellini carichi di piume e pennacchi per cui va famosa.


Tra un quadro e l'altro ci scappano una gravidanza interrotta al terzo mese e innumerevoli  scenate violente insulti e  schiaffoni, preferibilmente  in un qualche locale pubblico, fino a che dopo l'ennesima lite con sedie sfasciate contro il muro lei se ne va definitivamente.
Simone Thiroux è una studentessa di medicina canadese, ha  diciannove anni ed è già malata di polmoni quando da Lille arriva a Parigi  nel 1916. Alle lezioni alla Sorbona preferisce i tavolini della Coupole 



dove prima o poi  è facile incontrare qualcuno dei trentamila artisti (non ho sbagliato a scrivere, sono proprio trentamila) che vivono  in quegli anni nella Ville Lumière.
Incontra Modigliani e se ne innamora in maniera devastante. Lui  non è  più il giovanotto educato e ben vestito di qualche anno prima, si ubriaca tutte le sere fino a svenire e sovente passa la notte in guardina per disturbo alla quiete pubblica e lei che ha l'animo di una Florence Nightingale si illude di salvarlo. In pochi mesi lui la mette incinta  e poi  la scarica.
Lei gli scrive

Io vi ho troppo amato e soffro tanto da reclamare questa cosa come una supplica...
la salute è pessima, la tubercolosi sta facendo tristemente il suo lavoro
vorrei semplicemente un po' meno odio da parte vostra
consolatemi un poco,  son tanto sventurata e domando solo un po' d'affetto che mi farebbe tanto bene

ma Modì, già completamente preso da  Jeanne Hébuterne, non si degna di risponderle e non vorrà neppure riconoscere il bambino che Simone darà alla luce pochi mesi prima che anche  Jeanne  metta al mondo la loro figlia. 
La povera Simone, ripudiata dalla famiglia e logorata dalla malattia deve dare in adozione il bimbo, che diventerà sacerdote e solo in età adulta verrà a sapere chi è stato suo padre. Lei muore sola e abbandonata nel 1921 e  il suo corpo che nessuno reclama viene  donato alla facoltà di Medicina.
Non ci restano sue immagini e   ho trovato in rete soltanto questo quadro che, nonostante porti  chiaramente la firma del pittore, non è neppure compreso nell'elenco completo delle sue opere. Povera Simone, sfortunata anche in questo.






Jeanne Hébuterne incontra Modì all'Accademia Colarossi. Ha diciannove anni,  lunghi capelli castani 

 

 e un padre  ateo  convertito al cattolicesimo, che vive con un fervore  rigido e intransigente.
Non è difficile immaginare che non sia per nulla felice che  sua figlia sia  andata a vivere con un uomo senza essere sposata. E un uomo ebreo, per di più. 
Jeanne resta incinta una prima volta ma perde il bambino.

 
Durante l'ultimo anno di guerra inizia una nuova gravidanza ma la salute di Modì peggiora  e l'amico e mercante Léopold Zborowski si adopera per mandare i due in Costa Azzurra, dove il 29 novembre 1918  nasce Jeanne. 
A Nizza Modì non si ritrova, la luce è troppo sfacciata e i paesaggi che dipinge gli sembrano roba da principiante, così  pochi mesi dopo se ne torna a Parigi.  
Zborowski  riesce ad aggregarlo ad una mostra collettiva importante che si deve tenere a Londra, e dove esporranno anche Picasso e  Matisse ma Modì sta molto male. Oltre alla tisi ora soffre anche di nefrite, comincia ad avere attacchi di delirium tremens ma rifiuta di curarsi.  Nel gennaio del  '20 Jeanne é al nono mese
 

e Modigliani ha la febbre alta da giorni e non riconosce più nessuno. Muore dopo un inutile ricovero in ospedale. 
Jeanne viene prelevata dal padre e portata nella casa di famiglia. Il giorno dopo si butta dalla finestra.
La figlia riporterà anni dopo il racconto di  un'amica della madre su  quel che successe dopo:

Il corpo fracassato era stato raccolto nel cortile da un operaio che l'aveva trasportato fino al pianerottolo del quinto piano dove i genitori, spaventati, gli avevano chiuso la porta in faccia.
Il corpo era poi stato trasportato dallo stesso operaio su una carretta a mano sino allo studio della rue de la Grande Chaumière dove il portinaio l'aveva respinto dicendo che non era un inquilino. Infine questo operaio, che resterà sconosciuto e merita ogni onore, andò al commissariato dove gli fu detto di riportarlo per ordine della polizia in rue de la Grande Chaumière. 
Là il corpo rimase abbandonato per tutto il mattino.

I genitori non vogliono nessuno alla sepoltura che avviene clandestinamente alle otto del mattino nel cimitero di Bagneux e soltanto alcuni anni dopo la famiglia acconsentirà a che Jeanne venga tumulata nella stessa tomba di Modì al Cimitero del Père Lachaise


sulla lapide  poche parole

Compagna devota fino all'estremo sacrifizio

Stringe il cuore pensare che  aveva solo ventidue anni.




venerdì 20 marzo 2015

Amedeo Modigliani - Seconda parte

Sono già passati due anni da che Modigliani é sbarcato alla Gare de Lyon 

Ammira enormemente Picasso e  darebbe non so cosa per sentirsi alla sua altezza ma il suo lavoro ancora  non lo soddisfa

.....E' il mio occhio di italiano che non può assuefarsi alla luce di Parigi ....
.....Non ci sono....Picasso darebbe una pedata a questo mostro....

Dipinge, disegna, quando può  scolpisce le traversine di legno rubate a una stazione del Metrò in costruzione e si chiude per giornate intere  al Louvre 


per studiare l'arte africana.
Di soldi in tasca ne ha  sempre pochi, ma offre da bere e da mangiare agli amici anche quando non se lo potrebbe  permettere e in tanti finiscono  per crederlo figlio di un banchiere.
Paga da bere anche a Maurice Utrillo,  figlio di Suzanne Valadon 

e di Renoir, o forse di  Degas, o forse ancora di chissachì, che la  nonna alcolizzata aveva portato all'epilessia  a furia di mettergli nel biberon il vino al posto del latte, e che per questo vive in uno stato di continuo instupidimento ed  é  lo zimbello di tutti i ragazzi di Montmartre. Però sa dipingere come un dio.
Dopo aver tanto sperimentato con la sensazione frustrante di girare a vuoto, Modigliani capisce  di aver trovato finalmente la sua strada
...per lavorare ho bisogno di un essere vivo, di vedermelo davanti...
e nascono  i suoi famosi nudi dai colori spenti, e i  ritratti delle sue donne o dei tanti  amici che raffigura 



col volto allungato e l'espressione distaccata e ieratica delle maschere africane che  lo avevano affascinato. Comincia a bere forte. Assenzio. 


Non ci mette la  zolletta di zucchero e l'acqua come fanno tutti, lui lo butta giù liscio.  E va giù pesante anche con la droga, perdendo per  strada  timidezza gentilezza e quel decoro nell'aspetto che era stato sempre  il suo carattere distintivo.
Di giorno è ancora il  serio e infaticabile dottor Jekyll che lavora e sperimenta, ma la  notte si trasforma in   mr Hyde imbarazzante e ubriacone, diventa violento e quando non ha più un centesimo in tasca si umilia fino ad offrire un  disegno in cambio di un bicchiere
Sono Modigliani, ebreo, cinque franchi.
Per toglierlo da quella condizione avvilente Léopold Zborowski, il suo mercante d'arte,  arriva ad offrirgli un compenso fisso giornaliero di venti franchi, gli trova anche un alloggio in cui  vivere con Jeanne, l'amore più importante della sua vita (forse soltanto perchè fu  l'ultimo, chi lo sa).  Le cose non vanno malissimo, Modì vende perfino qualche quadro ed espone i suoi lavori in un paio di  mostre collettive. Senza quella disgraziata propensione per la bottiglia e senza quella tosse che lo sconquassa e a volte gli procura sbocchi di sangue sarebbe quasi un momento felice.
Nel 1917  Zborowski riesce  ad organizzargli una personale nella galleria di Berthe Weill, una che di arte  se ne intendeva parecchio visto che era stata lei  a vendere i primi quadri di Picasso.
Modì si presenta con una discreta quantità di disegni e alcuni nudi, due dei quali vengono esposti in vetrina. I passanti si indignano, qualcuno chiama la polizia che immediatamente ordina la chiusura della mostra per offesa al pudore. I nudi vengono prontamente tolti di mezzo e la mostra si chiude senza che si sia venduto un solo quadro.

(continua)





mercoledì 18 marzo 2015

Amedeo Modigliani - Prima parte
















Qualche tempo fa nel post dedicato a  Constantin Brâncuși  avevo scritto
Con Modigliani  l'amicizia era nata  grazie al mecenate  Paul Alexandre, e Brancusi  aveva 
anche convinto l'amico a sperimentare la scultura. Purtroppo respirare  la
 polvere che si crea scolpendo non è  esattamente l'ideale per un malato di tubercolosi, 
e così il pittore livornese aveva ben presto dovuto desistere. 
Ma questa è un'altra storia.
Storia che, in concomitanza con l'inaugurazione  di questa mostra, è ora di raccontare

Eugénie Garsin,  nata a Marsiglia da una famiglia  di origine  sefardita molto illuminata che le aveva dato  una istitutrice inglese  protestante e l'aveva fatta studiare in una scuola cattolica, si era fidanzata a  quindici anni con Flaminio Modigliani che aveva il doppio dei suoi anni e l'ossessione di far soldi che di solito ha chi ne è completamente incapace. Lo aveva sposato nel 1872 più per obbedienza che per amore, e dopo aver messo  al mondo con lui quattro figli, nel 1884 se ne era separata.
Amedeo Clemente detto Dedo, l'ultimogenito,  era nato il 12 luglio 1884. Bello, educato, timido e di salute cagionevole, a undici anni si ammala di pleurite ed  Eugénie scrive sul suo diario
Il carattere di questo bambino non è ancora abbastanza formato perché io possa dire qui la mia opionione. Le sue maniere sono quelle di un bambino viziato che non manca di intelligenza. Vedremo più tardi cosa c'è in questa crisalide. Forse un artista?
 Al liceo  non combina granché

e nel frattempo 
Dedo comincia il primo agosto delle lezioni di disegno di cui aveva una gran
 voglia da un pezzo. Lui si vede già pittore
e pochi mesi  dopo
Dedo ha rinunciato agli studi e non fa più che della pittura...... il suo professore è molto
 contento di lui, io non me ne intendo ma mi sembra che per aver studiato solo tre o 
quattro mesi non dipinge troppo male e disegna benissimo

Nel 1900 Amedeo ha sedici anni ed  è già miracolosamente guarito dal tifo  quando si ammala nuovamente.  La diagnosi è terribile: Tubercolosi.
Un lungo  soggiorno a Napoli e Capri sembra fargli recuperare la salute,


torna a Livorno e riprende gli studi di pittura a Firenze con Giovanni Fattori, poi passa all'Istituto di belle Arti di Venezia. Le lezioni le frequenta poco,  ma in compenso si è fatto un giro di nuovi amici  e nuove ragazze con cui partecipa a sedute spiritiche e sperimenta l'hashish.  E' il 1906 quando finalmente, grazie all'aiuto economico dello zio,  può permettersi di raggiungere Parigi.
Ed è qui che il giovane gentile e  beneducato Dedo comincia piano piano a trasformarsi in Modì. Modì come Modigliani.  O come Maudit.
Si iscrive all'Accademia Colarossi, la stessa che aveva frequentato Gauguin,  dove   anni dopo conoscerà Jeanne, il grande amore.  Prende in affitto un atelier a Montmartre e agli inizi vuole dedicarsi solo alla scultura,  ma la polvere è troppo  irritante per  i suoi poveri martoriati polmoni e deve rinunciare. Nel frattempo lo zio è morto e  l'eredità che gli ha lasciato è quasi svanita ma la cosa non sembra preoccuparlo particolarmente. Se non ha i soldi per l'affitto, e succede regolarmente, se ne va alla chetichella ma non si separa mai dalla sua preziosa vasca di zinco: si lava infatti con cura  tutti i giorni, e anche questa appare  una bizzarria che gli altri artisti deridono. Picasso, per dirne uno,  a quell'epoca diceva che
Lavarsi non è necessario, basta badare a non insudiciarsi
(dopo quegli anni credo però  che abbia cambiato idea)

Per qualche tempo Modì va anche a vivere  nel  famoso Bateau Lavoir
 
o per lo meno  scrive alla madre di indirizzargli lì la corrispondenza.
















A La Rotonde di Montparnasse  incontra per la prima volta  Picasso

che è piccolo, con un gran ciuffo di capelli neri, camicia rossa a pois, giacca blu ed espadrillas.
Modì se ne esce con un lapidario
Avrà pure talento ma non c'è ragione per andare vestiti in questo modo

(continua)


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