venerdì 27 febbraio 2009

Andrew Carnegie il modesto

Grande, Andrew Carnegie. Niente da eccepire, davvero un grand'uomo. Ricco sfondato grazie alle sue acciaierie, di lui probabilmente a quest'epoca più nessuno si ricorderebbe se non avesse legato il suo nome ad accorte operazioni di illuminato mecenatismo. Sganciò per esempio parecchi milioni di dollari per la costruzione della New York Public Library di cui abbiamo già parlato, e tra le altre cosette, fece costruire la Sala da concerti più famosa del mondo, la mitica ineguagliabile Carnegie Hall dall'acustica eccellente. Grande, e consapevole di esserlo, dal momento che si definiva perfezionatore dell'umanità. Qualche nostro contemporaneo forse altrettanto ricco ma sicuramente molto meno illuminato mecenate ne spara di ben più grosse, perciò perdoniamo a mr Carnegie questa piccola scivolata di stile. L'edificio è sulla 57ma strada, fu costruito in stile neorinascimentale negli anni ottanta del secolo diciannovesimo da William B. Tuthill, il quale oltre ad essere architetto, era anche un talentuoso violoncellista dilettante ed è forse questa la ragione per cui si adoperò (con successo) per dare alla sala l'acustica perfetta che la rende unica e amatissima sia dal pubblico che dai musicisti. L'inaugurazione avvenne nel 1891 con un concerto diretto nientemeno che da Pëtr Il'ič Čajkovskij, e dopo di lui la lista di musicisti spaziali saliti sul suo palcoscenico è lunga come la quaresima: Mahler, Rachmaninov, Toscanini, Horowitz, Ravel, Stravinskij, Gershwin, ma anche Frank Sinatra e i Beatles. Nonostante il suo blasonato passato, cadde nel dimenticatoio, fu usata per lungo tempo come cinema e per un pelo non venne demolita. Per fortuna della città e di tutti i musicofili del mondo, questa scellerata idiozia non ebbe seguito soltanto grazie all'intervento di Isaac Stern, che si spese senza risparmio per sensibilizzare la gente e raccogliere i fondi necessari al restauro. Oggi l'Auditorium principale è intitolato proprio a lui, in segno di riconoscenza.

Recruiting Station a Times Square

Times Square. Luci insegne neon gente che va gente che viene cartelloni spettacoli Hard Rock Cafè, e di fronte, una stazione di reclutamento per arruolare volontari nell'esercito. Così uno passando da quelle parti può scegliere: cinema o teatro? o magari un caffè con gli amici? ma no, stasera marines, ho deciso che mi arruolo nei marines. Non credo che l'accostamento sia casuale, anzi, io l'ho letto come un espediente sleale per trasmettere tra le righe il messaggio tanto chiaro quanto falso che l'esercito sia un posto figo dove ci si diverte un sacco, e non l'anticamera della guerra. Ho finito di leggere da poco L'Aquila e il pollo fritto - Perchè amiamo e odiamo l'America di Vittorio Zucconi. Lettura molto interessante che consiglio a chiunque voglia tentare di capire qualcosa di questa misteriosa galassia dalle mille facce perchè Zucconi è uno che l'America la conosce molto bene e ne parla senza peli sulla lingua. Mi piacerebbe sapere che cosa pensa a proposito della Recruiting Station di Times Square

mercoledì 25 febbraio 2009

Theresa e Fidel

Adesso Theresa Towers, all'angolo tra la 7 Ave e 125 street, o se preferite, tra Adam Clayton Powell jr. Boulevard e Martin Luther King Jr Boulevard è un palazzone di uffici comunali in corso di ristrutturazione, ma negli anni 60 il suo nome era Theresa Hotel. Costruito nel 1910 su progetto di George ed Edward Blum e decorato con elementi di terracotta bianca, è stato per parecchio l'edificio più alto di Harlem ed era anche l'albergo più lussuoso, tanto da meritarsi il soprannome di Waldorf Astoria di Harlem. Desegregato soltanto nel 1940, ha ospitato un po' tutte le personalità di spicco della comunità afroamericana, tra gli altri Louis Armstrong, Josephine Baker, Ray Charles e Jimi Hendrix, e Malcom X che qui teneva abitualmente le riunioni con i suoi seguaci. Il massimo momento di splendore però lo visse nel 1960 quando Fidel Castro, con un gesto politico geniale che lo rese all'epoca molto popolare, dovendo presenziare a New York all'apertura della sessione delle Nazioni Unite, si guardò bene dallo scendere in uno degli hotel di midtown e si installò con il suo entourage proprio al Theresa Hotel. Ne affittò, dicono le cronache, 80 stanze, dentro le quali ricevette Nikita Kruscev, incontrò Malcom X che, come detto prima, qui era di casa, fece cucinare dal cuoco personale i polli che si era portato da Cuba, e causò all'hotel con la sua permanenza un bel po' di migliaia di dollari di danni. E infatti circola al riguardo una versione apocrifa dell'aneddoto, secondo la quale non sarebbe stato Fidel a snobbare il Plaza delle foto qui sotto, ma viceversa, e proprio a causa della scorta di polli in compagnia dei quali viaggiava. Di questa seconda malevola versione però le due gentili signore che mi hanno accompagnata fin dove l'accesso era consentito ai visitatori non hanno fatto nemmeno una parola.

martedì 24 febbraio 2009

Manolo & The City

Mi sarebbe piaciuto andare a scannucciare da lontano il mitico negozio di sandali in cui la squinzia di Sex and the City dilapida le sue fortune, ma non ci facevo molto conto dal momento che: 1) non avevo idea di chi avrebbe saputo darmi notizie certe sulla sua ubicazione 2) anche nel caso di avere sottomano un informatore, mai avrei ammesso di fronte a nessuno di nutrire una simile sordida curiosità E invece, quando si dice il caso. Passeggiando dalle parti del MoMa in un gelido primo pomeriggio di fine gennaio, (ma la foto col verde lussureggiante è vecchia di un lontano maggio) la mia attenzione è stata attirata sull'altro lato della strada da un negozio senza insegne, piccolo e discreto, ma di quel genere di discrezione che non dà adito a dubbi: non si tratta dell'outlet per i dipendenti standa. Il mio primo impulso sarebbe stato quello di entrate e fingere di essere davvero interessata a fare shopping. Di scarpe in realtà io avrei avuto bisogno, ma con quelle che stavo calzando in quel momento non avrei potuto fare credere nemmeno alla commessa più sprovveduta di Manhattan di essere alla ricerca del loro tipo di scarpe. E in ogni caso le commesse di Manolo tutto possono sembrare, ma mai e poi mai delle sprovvedute, su questo non ci piove. Restare fuori come una piccola fiammiferaia si è rivelato però un esercizio interessante: ho visto transitare attraverso quella porticina una pletora di pellicce pregiate come non mi capitava di vedere da mo', e non parlo di visoncini di allevamento stile Conbipel: se i miei ricordi in materia non sono appannati, ho perfino potuto riconoscere, appoggiato con nonchalance sulle spalle di una truccatissima e superbotulinizzata cariatide bionda, un autentico zibellino lungo fino ai piedi. Malignamente mi sono immediatamente immaginata la suddetta cariatide come una vegana crudista di stretta osservanza, una di quelle disposte al digiuno piuttosto che cibarsi di una carota estirpata dal terreno contro la sua volontà, ma forse la mia era tutta invidia.

sabato 21 febbraio 2009

di zuppe. E di posti in cui si mangiano zuppe a New York

Io ho un debole per le zuppe capitolo secondo. Non ripeto quanto detto al post precedente, ma voglio dare conto del localetto carino che dall'altra parte dell'oceano può considerarsi l'equivalente del torinese Soup & Go Si chiama Cafe Medina e si trova sulla 17ma strada, dalle parti di Union Square. Molto affollato nella pausa pranzo, anche Medina offre zuppe insalate e frullati di frutta fresca preparati al momento. Anonimi bicchieroni di carta al posto della graziose arbarelle di Torino, ma una scelta più ampia di dolci, muffins, e cookies grossi come le ruote di una lambretta. Per la cronaca, la foto qui sopra immortala le zuppe che abbiamo scelto: una di zucca e mais, dolce e ricca di panna, ed una piccante di lenticchie e quinoa. Deliziose entrambe.

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