Nel 1930 la Fondation Suisse incarica Le Corbusier e il cugino Pierre Jeanneret di progettare per i suoi studenti una residenza universitaria dotata di mensa, strutture sportive e locali per attività culturali nella città universitaria che sta sorgendo in quegli anni a Parigi.
Le Corbusier progetta un edificio in due volumi: un parallelepipedo netto e rigoroso lungo una cinquantina di metri per nove di larghezza e sospeso su pilotis, dove sistema i dormitori, ed un corpo basso, adagiato sul terreno e con un andamento più sinuoso e meno austero per i locali destinati alle attività sociali ed ai servizi.
(I disegni sono stati prelevati da qui )
Nei lavori precedenti Le Corbusier si era occupato di ville signorili e questa è probabilmente la prima volta in cui affronta soluzioni distributive concentrate in spazi minimi, cellule abitative sperimentali che approfondirà ulteriormente nelle sue Unité d'Habitation e nel Convento di La Tourette (del Convento ho solo qualche vecchia foto ancora da passare allo scanner per cui per il momento siete salvi).
Progettando l'edificio rielabora i cinque punti della sua architettura fondendo facciata libera e finestre a nastro in una unica cortina vetrata continua sulla parete a sud,
sospende i dormitori su una serie di pilotis
che hanno forma e dimensioni dettate dall'esigenza strutturale di resistere all'azione del vento,
e sulla copertura piana realizza, comme d'habitude, un terrazzo praticabile che scherma con un muro in cemento, alleggerendone l'impatto con le grandi aperture che si vedono nella foto.
Tra il 1948 e il 1957 riprenderà ancora più volte il progetto completandone gli interni e ristrutturando la facciata.
Il primo intervento è del 1948 e riguarda la sistemazione interna della sala comune, per cui realizza fantasiosi pannelli colorati a tutta parete.
A distanza di poche centinaia di metri e di più o meno venticinque anni, in collaborazione con Lucio Costa realizza il padiglione del Brasile.
Meno innovativo, condizionato dall'esperienza non sempre felice delle Unité d'Habitation ma soprattutto dalle tragedie della seconda guerra mondiale che avevano indotto Le Corbusier ad abbandonare le apollinee superfici bianche e lisce a favore del brutalismo del cemento armato che, per usare le parole di Bruno Zevi,
dichiara il significato dell'edificio senza diaframmi formali, anzi con sanguigna rudezza e
polemica astinenza da ogni finitura gradevole,
il padiglione brasiliano è sicuramente meno riuscito di quello svizzero, anche se alcuni dettagli rimarchevoli ci dimostrano che si tratta pur sempre dell'opera di un grande architetto.
6 commenti:
Più belli gli interni e certi dettagli che gli esterni in tutt'e due i casi.Di Le Corbusier reisco ad amare incodizionatamente solo la cappella di Ronchamp.Ma continuo sempre a leggerti e con grande interesse.
delle vere meraviglie...grazie!
mamma mia meraviglia pura...
Se avessi più tempo penso che rimarrei incollata qui per giorni. Grazie carissima♥
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Sempre interessanti i tuoi post :)
A presto.
Enrico
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