domenica 29 agosto 2010

Arrivederci

Varie ed Eventuali si ferma per un po': ha ricevuto un brutto uppercut che l'ha spedito dritto e filato al tappeto, e ora la botta rintrona nel cervello.
Ma ritornerà  e si augura con tutto il cuore che questo succeda presto,  non appena  ricominciare   a occuparsi  di cose futili e inutili   non  sembrerà così  assurdamente ridicolo come appare  ora.
Arrivederci

domenica 22 agosto 2010

Midsommer

Mi sono sempre domandata perchè la gente si ostini a definirla notte di mezza estate quando  in realtà è la prima notte della nuova stagione che inizia.
In ogni caso, la notte del solstizio d'estate è davvero  una notte speciale, e non è stato insensibile alla  suggestione  nemmeno il Grande Bardo, visto che proprio in questa notte  ha fatto capitare  tutto quel groviglio complicatissimo  di storie  di cui  non mi passa certo per la testa di fare un riassunto. Se proprio della trama non vi ricordate niente di niente guardatevi il trailer del film per  un ripassino, anche se Shakespeare l'aveva immaginata un po' diversa, diciamocelo:  la Toscana ci entra come i cavoli a merenda, tanto per dire, e anche la collocazione temporale non è che ci azzecchi tanto. Ma non cerchiamo sempre il pelo nell'uovo, dai!






La notte di mezza estate è un  avvenimento che gli Svedesi celebrano con grande partecipazione.  Una festa che coinvolge tutto il paese e che si svolge all'aperto, in campagna. I bambini e le mamme raccolgono fiori per le ghirlande che poi indosseranno mentre le ragazze secondo la tradizione hanno già raccolto il giorno prima sette specie diverse di fiori e le hanno messe sotto il cuscino:  solo così potranno forse vedere in sogno il loro futuro sposo.
Gli uomini si danno da fare per issare al centro dello spiazzo  l'albero di maggio, che è tutto rivestito di foglie verdi e che rappresenta  il legame tra il mondo dei vivi e il mondo dell'oltretomba.  Intorno, i musicisti suonano struggenti  melodie  tradizionali. E' incredibile vedere quanti siano in Svezia i musicisti dilettanti: quasi tutti sanno suonare uno strumento, e tutti ma veramente tutti,  cantano e lo fanno  con voce impostata. Mi dicono che già  a partire dalla scuola primaria  moltissimi sono i cori e le orchestre amatoriali, e che in ogni agglomerato di case, per quanto minuscolo e isolato dal resto del mondo, esiste un posto in cui fare musica insieme.  Devo ammettere che è una delle tante piccole cose di importanza non fondamentale, certo, ma capaci di rendere la vita  un po' più piacevole, che invidio agli svedesi.
Ho un ricordo bellissimo di una Midsommer passata a  Senoren ,  piccolo  paese su un'isoletta  a poca distanza da Kalskrona, nel sud della Svezia.
Era il 2001, e il nostro amico Torsten compiva cinquant'anni. Arrivammo da tutte le parti  in più di centocinquanta con tende e sacchi a pelo. Di tutti gli invitati, noi avevamo già incontrato si e no  una decina di persone, in più è inutile dire che non parliamo una parola di svedese e che  purtroppo il nostro inglese è molto al di sotto della sufficienza, eppure riuscimmo a stringere amicizia con tutti, e furono giornate indimenticabili che ci portiamo ancora nel cuore.

giovedì 12 agosto 2010

Lisbona - Fundação Calouste Gulbenkian


C'era una volta un ricco magnate armeno,  si chiamava Calouste Gulbenkian ed era nato nel 1869 dalle parti di Istanbul. Grande appassionato d'arte,  di mestiere faceva il commerciante di petrolio, attività con cui guadagnava  soldi a palate che poi investiva in opere d'arte. E non roba di poco conto visto che una volta si assicurò  un intero stock di pezzi   dal museo Hermitage di San Pietroburgo.  Arrivò così a mettere in piedi   una collezione invidiabile che, se ho capito bene come sono andate le cose,  nel 1942 mise praticamente all'asta tra le varie nazioni europee. Fu il Portogallo a fargli l'offerta migliore: un palazzo aristocratico  per ospitare la collezione (facendo sloggiare il marchese che lo occupava fino a quel momento)  più l'esenzione dalle tasse. In cambio però si assicurò in blocco una delle collezioni d'arte più importanti del mondo che spazia dall'arte classica a quella orientale all'arte europea, e portoghese in particolare, e che  oltre a quadri e sculture comprende anche mobili tappeti  argenterie  cristalli  tessuti e chissà quanto altro. C'è perfino una raccolta di splendide bigiotterie (si fa' per dire)  art nouveau di René Lalique.
Gulbenkian visse a Lisbona (in albergo)  fino alla morte avvenuta  nel 1955 e lasciò in eredità allo stato portoghese non soltanto la collezione d'arte  ma tutti i suoi beni, con la clausola che il lascito fosse destinato ad una fondazione culturale a lui intitolata. E doveva trattarsi di un patrimonio parecchio consistente dal momento che la fondazione attualmente gestisce un'orchestra e dispone di tre sale da concerto e due gallerie per mostre temporanee soltanto in Lisbona, oltre a finanziare svariate biblioteche  e piccoli  musei in tutto il paese, e a garantire borse di studio e prestiti filantropici per diversi progetti culturali. 
Dal 1969 il Museo si è spostato  in Avenida de Berna, immerso in un parco stupendo e curatissimo che è a sua volta  un  museo open air,  e la collezione continua ad arricchirsi di sempre  nuove acquisizioni.  Insomma, andare a Lisbona e lasciarselo sfuggire  non è una sciocchezza, è un delitto.




































lunedì 9 agosto 2010

A Torino - Il Museo della Frutta Francesco Garnier Valletti




Ebbene si, a Torino esiste anche il  Museo della Frutta


 

Le cose sono andate così: un certo Francesco Garnier Valletti, nato a Giaveno nel 1808 e morto a Torino nel 1889, aveva modellato per conto della Regia Stazione di Chimica Agraria una collezione di più di mille frutti artificiali. Bellissimi e riprodotti tanto magnificamente da sembrare veri.
Piccola digressione: di una cosa finta si dice che è tanto bella che sembra vera. E di una cosa vera si dice che è tanto bella che sembra finta. Mah.
Torniamo a Valletti e ai suoi frutti, che erano belli davvero e meritavano di essere esposti al pubblico. In contemporanea, si era presentata la necessità di dare una degna collocazione anche ai diciannovemila volumi della biblioteca scientifica della Stazione Chimica, diventata nel 1967 Sezione Operativa di Torino dell'Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante, e alle attrezzature storiche dei vecchi laboratori di analisi contro le frodi alimentari.
I locali adatti furono individuati nel quartiere di San Salvario, in un'ala del Palazzo degli Istituti Anatomici dove già era presente il Museo di Anatomia Umana e dove poco tempo dopo sarebbe stato collocato anche il Museo di Antropolgia Criminale Cesare Lombroso (interessantissimo, ma aimè interdetto alle fotografie)






I vecchi laboratori sono stati allestiti in maniera da sembrare ancora attivi e funzionanti, con i camici appesi e  una targa che ammonisce che Per Disposizione del Superiore Ministero.. eccetera eccetera







 

Ma più di tutti  i laboratori e l'ufficio del direttore, per quanto interessanti,  la vera star del museo  è la collezione del Museo Pomologico, e sono belli da vedere non solo i frutti ma anche le sale e i mobili costruiti appositamente.





Vale la pena fermarsi ad  ascoltare Vittorio Gassman che racconta di Valletti e della storia di questa singolare collezione.

Figura affascinante, estroso artigiano ma anche artista  geniale, Francesco Garnier Valletti  comincia a lavorare  come confettiere, in seguito si trasferisce a  Torino dove  si  dedica alla realizzazione di fiori ornamentali in cera. Si sposta a Milano, e la sua attività viene talmente apprezzata che lo chiamano a lavorare prima alla Corte Imperiale di Vienna e poi a San Pietroburgo, alla corte dello zar. La morte della moglie gli impone di tornare a Torino per occuparsi dei figli, e da lì in poi la sua unica  attività sarà la pomologia artificiale.

I suoi lavori vengono presentati  in parecchie esposizioni e mostre e ovunque ricevono premi e medaglie. E' ammirato e apprezzato non solo in Italia ma in tutta  Europa. Conosce Augusto Burdin, autorevole vivaista, che   crea la Società del Museo Pomologico di cui  Valletti sarà  modellatore ufficiale. 
Realizza più di milleduecento pezzi e   di ogni varietà annota nomi, stagione di fioritura, qualità e caratteristiche. 
Scrive anche una Raccolta di ogni sorta di segreti,  in cui appunta  ricette  formule e un po' di tutto. Ma la formula e il metodo con cui realizza i suoi frutti no, quelli non li rivela. Scriverà soltanto 
I frutti artificiali si fanno con polvere d'alabastro sciolta nella cera e nel mili e nella gomma damar i quali restano duri come pietre bianchissimi nel spacarli cioé facendoli in due ed inalterabili al calore. Scoperta del 5 marzo 1858 in sogno....

La Società purtroppo si scioglie nel giro di  pochi anni, Burdin fallisce e Valletti si trova in serie difficoltà economiche. Lavora moltissimo, suoi lavori vengono acquistati dal principe Enrico d'Orange, dal Museo di agricoltura di Melbourne e dall'Imperial Museum di Berlino ma di soldi in tasca ne arrivano pochi.
Accetta di tenere lezioni pratiche sulla preparazione di frutti artificiali, ma visto che continua a rifiutare  di rivelare il suo metodo segreto, il corso viene annullato.  Gli daranno una cattedra all'Istituto Sommeiller, ma siamo ormai nel 1889 e Valletti ha più di ottant'anni. Morirà di polmonite poco dopo, lasciando alla figlia un'eredità di frutti artificiali che in parte sono ora conservati presso lo stabilimento Cirio con cui Valletti aveva collaborato. 
Due anni dopo la sua morte la formula tenacemente difesa viene rivelata dall'allievo  Michele Del Lupo, un professore di botanica che nel 1891  pubblica per Hoepli un  Manuale di Pomologia Artificiale.














compleBlog

Varie ed Eventuali compie tre  anni.  Sono un bel tot, tre anni. 
E dire che l'idea mi era venuta   per far passare in fretta il pomeriggio prima  di chiudere baracca e burattini e partire per le vacanze. 
Solo dopo il ritorno avevo deciso che, dal momento che il dado era stato tratto, tanto valeva approfittarne per archiviare e catalogare (catalogare e mettere in ordine è la fissazione dei disordinati incurabili) le mie  foto con appena qualche appunto per inquadrare il perché e il percome.  E'  successo così che   mi  sono affezionata e ho proseguito.
Nel frattempo ci sono stati altri posti da fotografare,  altre cose di cui parlare,  e si è pure avverato  quello che cantava   una vecchissima canzone di Sanremo, 
E gli anni passano, 
i bimbi crescono, 
le mamme imbiancano
eccetera eccetera 


sabato 7 agosto 2010

di cicogne e di fiabe


E' un'estate  così, e un po' per una ragione e un po' per un'altra quest'anno non si va  in vacanza.  Buon pretesto per riordinare finalmente le tante foto di viaggi fatti negli anni passati che non avevano ancora ricevuto l'attenzione che meritano. 
I paesi baltici, per esempio.  Anno di grazia 2004.
Fu l'anno in cui scoprimmo che esistono ancora luoghi, e nemmeno  tanto lontani da casa nostra,   in cui nessuno si sorprende di vedere le cicogne ! E non intendo dire  allevamenti di cicogne,  ma  cicogne libere di andare e venire nel proprio habitat naturale. Ce ne sono  a decine, e se ne stanno appollaiate su pali e tralicci  eletti  a domicilio familiare.

  

Abbiamo cominciato a fotografarne qualcuna in Polonia e poi via via in  Lituania, e Lettonia, fino all'Estonia. Di foto in foto, di cicogna in cicogna, un giorno in Lettonia e ne abbiamo adocchiata  una che stava volando lentamente. Si godeva tranquilla  il panorama senza mostrare  nessunissima fretta e senza segnali di nervosismo per la nostra intrusione, e dato che non è facile trovare cicogne altrettanto friendly e diponibili abbiamo deciso di seguirla  con la telecamera, 
e lei ci ha portati  dritti e filati  fino a casa sua.
   

Sembrava ci avesse  catapultati nel bel mezzo di una fiaba, e lo giuro,  se  dalla porta  fosse uscita Biancaneve non ci saremmo   stupiti. Per niente.  









Dirò di più: non mi sarei stupita nemmeno se avessi visto una cicogna uscire dal camino 

con questo tra il becco

lunedì 2 agosto 2010

2 agosto

Eravamo in vacanza in Norvegia. Internet non esisteva, nemmeno i telefonini esistevano e i giornali da casa arrivavano tre giorni dopo, ma solo nelle grandi città. Ma non era mai sembrato  molto importante sapere   le ultime notizie dall'Italia,   d'estate sono tutti in ferie e  non succede mai niente.
Fu così che di Bologna venimmo a sapere solo due giorni dopo all'edicola della  stazione di Oslo.  Grandi titoli su tutti i giornali, non soltanto quelli  italiani, e ci volle un po' perché riuscissimo a capire davvero che  cosa era capitato. Sembrava incredibile.

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