mercoledì 28 aprile 2010

Martin Gropius Bau a Berlino

Ci sono molte buone ragioni per andare in Niederkirchnerstraße, poco lontano da Potsdamer Platz.
Per cominciare, perché lì si può vedere, non intaccato da interventi di ristrutturazione, un frammento abbastanza considerevole del Muro, che oggi è compreso nella Topografia del Terroreuna mostra a cielo aperto nell'area in cui sorgevano il quartier generale delle SS ed il carcere della Gestapo. 
Gli edifici dalla guerra uscirono in gran parte distrutti, ma quello che è ancora in piedi è stato conservato come monumento alla memoria. 
Dopo questa visita, doverosa,  potrete andare a ricrearvi facendo una capatina  alla  Martin Gropius Bau, un  edificio molto bello costruito negli anni ottanta  del diciannovesimo secolo da Martin Gropius, allievo di Schinkel e zio del più famoso Walter Gropius guru del Bauhaus
Progettato per ospitare un museo di arti applicate,  dopo la Prima guerra mondiale era la sede di un museo della preistoria e dell’antichità e di una collezione di arte dell’Estremo Oriente, ma dopo  la seconda, bombardato e quasi raso al suolo, sembrava non valesse la pena recuperarlo e lo si voleva demolire per far posto ad una strada. Per fortuna, a  differenza di quanto successo per la Anhalte Banhof, stavolta i Berlinesi riuscirono a far cambiare i piani degli amministratori,  nel 1966 l'edificio fu messo sotto tutela e i  primi lavori di restauro partirono nel 1978.
Nel 1981, col nuovo nome di Martin Gropius Bau in omaggio al  suo progettista, il Museo riaprì al pubblico, ma l'ingresso avveniva ancora da una porta secondaria addossata al Muro. Ci  volle una ulteriore campagna di restauri conclusasi nel  2000 per ripristinare anche l'ingresso principale sulla facciata Nord.
Oggi il Gropius Bau è un'area espositiva in forma smagliante, ed è dedicata principalmente all'arte contemporanea,  mostre di fotografia ed eventi musicali.
Possiede anche una accogliente caffetteria che si è appalesata   posto ideale per scambiare quattro parole con un'amica 























lunedì 26 aprile 2010

Anhalter Banhof a Berlino










A pochi passi da Potsdamer Platz, Il rudere desolato davanti al quale Bruno Ganz angelo triste e Peter Falk, attore con un passato di angelo, si incontrano nel Cielo Sopra Berlino è quel poco che resta della gloriosa Anhalter Bahnhof, una stazione progettata intorno al 1840 nientemeno che dal genio di   Karl Friedrich Schinkel, e che  fin dai  primi anni  collegava Berlino con Lipsia  Francoforte e Monaco. 



Fu in seguito ampliata,  da quattordici gli ingressi diventarono diciotto, e nel  1876  era il più grande terminal ferroviario d'Europa. Doveva essere un vero spettacolo all’epoca vederne il parco binari e l’enorme scalo merci,  con i nuovi  collegamenti verso  Dresda Praga e  Lipsia, e poi ancora  le nuove linee dirette, verso  Vienna e verso il sud, Roma Napoli Atene.
Nel 1930 vi transitava  un treno  ogni 3 minuti ed il traffico  giornaliero contava una media di più di quarantaquattromila passeggeri.
Giunto al potere, Adolf Hitler nei suoi deliri faraonici aveva pianificato  di realizzare due nuove enormi stazioni centrali mentre l'Anhalter Bahnhof sarebbe stata riconvertita in grande  piscina coperta pubblica, ma i progetti  non furono mai avviati. In compenso l'Anhalter Bahnhof subì i primi massicci bombardamenti nel novembre 1943 riportandone  gravi danni che costrinsero  a ridurre i trasporti al solo traffico locale. Ci furono poi  altri  bombardamenti, e la stazione venne chiusa. 
Ricominciò a funzionare per  brevi tratte subito dopo la guerra, e nel 1948 a seguito di  imponenti lavori di ripristino riprese il traffico su più  larga scala. Ma  dopo un periodo di attività piuttosto breve  la stazione ferroviaria chiuse definitivamente in seguito alla decisione della  Deutsche Reichsbahn,  appartenente alla DDR,   di deviare il traffico ferroviario sulle stazioni  nell'area di Berlino Est. 
Si era discusso molto sulla sua conservazione e trasformazione in museo, ma l'Amministrazione comunale di allora, con una dissennata operazione che fu definita un atto di vero e proprio vandalismo, giudicò più vantaggioso accettare un'offerta per l'acquisto dei suoi pregiati mattoni, e così  la Anhalter Banhof venne demolita.
Ai Berlinesi  è rimasto questo  frammento del portico.













venerdì 23 aprile 2010

Die Bücherbogen am Savignyplatz




Era da mo' che avevo preparato le  foto  di questa intrigante libreria di Berlino specializzata in tutte le forme dell'arte, dal teatro alla danza alla pittura all'architettura, ma c'era una piccola difficoltà di pubblicazione: il nome di  Die Bücherbogen am Savignyplatz, che si trova  all'indirizzo di   Stadtbahnbogen 593 - Charlottenburg 10623,  Berlino,  va scritto con i puntini sulla u. 
Puntini  che la  mia  indomabile tastiera  ha sempre pervicacemente rifiutato di prendere in considerazione e così, dopo qualche tentativo andato a vuoto, la libreria era finita nel dimenticatoio. Oggi, in tutt'altre faccende affaccendata, Google mi ha portata sul  sito (della libreria), ed  è  bastato copiarne ed incollarne il nome, che naturalmente era scritto alla perfezione puntini compresi, per neutralizzare le ubbie anarcoidi della perversa tastiera, e permettermi  di mostrare un altro di quei luoghi affascinanti  in cui il rischio  di annoiarsi  è assolutamente escluso

















Quanto sia bella questa libreria si potrà  apprezzare,  molto meglio che nelle mie foto,    in questo ritratto , che è opera di un    vero professionista. Proprio  un altro pianeta.





mercoledì 21 aprile 2010

Thrift Shop

A New York è facile trovare thrift shops, negozi di seconda mano. Ce ne sono di tutti i tipi, dalla boutique di lusso che offre abbigliamento vintage ultragriffato ai magazzini di mobili usati grazie ai quali   ci si può  arredare tutta  la casa  con pochi  dollari. A patto di non pretendere la luna, of course. 
La cosa in effetti non deve sorprendere: i newyorkesi cambiano casa con una frequenza impressionante,  i traslochi costano uno sproposito ed è molto  più conveniente disfarsi in un modo o nell'altro dei mobili vecchi piuttosto che portarseli appresso appartamento dopo appartamento, e così se abbandonare i mobili sulla strada non è sempre possibile,  parecchi ricorrono al thrift shop lasciando in eredità per lo più  divani sfondati  e  tavoli  traballanti, ma con un minimo di voglia di spulciare (qualche volta non solo in senso metaforico) può capitare di  trovare una sedia graziosa o una scrivania che può ancora  fare la sua  discreta  figura.
Dato che questa gente compra compulsivamente di tutto salvo sbarazzarsene la settimana dopo,  nei thrift shops si possono perfino  trovare a prezzi scontatissimi  caccavelle da cucina ancora  imballate, soprattutto nei centri di raccolta dell'Esercito della Salvezza

o in uno dei diecimila centri i cui incassi vanno  a sostegno di cause benefiche. 


Nel Village è difficile che qualcuno abbandoni   poltrone con le molle di fuori ma in compenso gli scaffali  dei second hand    rigurgitano  di borsette, deliziosi cappellini e scarpe nuove di zecca (solo quelle femminili, perchè gli uomini le loro scarpe le cedono  dopo averci fatto almeno una passeggiata, e infatti le scarpe maschili sono lucidissime sì,  ma  tutte piuttosto  personalizzate)


















In uno di questi negozi ho fatto l'affare della mia vita: per poche decine di dollari avevo comprato un delizioso giacchino ricamato, con la convinzione che mai e poi mai avrei avuto l'occasione di sfoggiarlo. Mi  venne utilissimo invece  la sera del mio sessantesimo compleanno, quando vedendomi con il solito golf nero qualcuno mi disse che sarebbe stato il caso di vestirmi elegante

domenica 18 aprile 2010

buoni propositi

Ho avuto una illuminazione. per la prima volta dopo  tanto  tempo ho visto  il mio tavolo. Mi spiego: non è che fino a oggi lavorassi con gli occhi bendati,  semplicemente avevo potuto permettermi di non notare la  montagna di carta che si era ammucchiata,  fino al momento in cui non è rimasto libero  nemmeno più lo spazio  per   uno scontrino.  E' arrivata l'ora di fare ordine. 
E  ho cominciato a radunare riunire accatastare e  fare tante belle pile di fogli e foglietti,  consapevolmente  compiaciuta di star compiendo un'operazione  profondamente utile. Naturalmente, per fare le cose per bene sappiamo tutti che  bisogna controllare, leggere, decidere cosa conservare e cosa buttar via:  mi sono messa all'opera diligentemente, ma il primo oggetto  emerso dal mucchio informe  è stato    il   quaderno  con gli appunti di viaggio  degli ultimi  anni. Che non è un diario, per carità, ci ho sempre e solo segnato giorno per giorno luoghi attraversati, soldi spesi, chilometri percorsi,   il nome dei posti in cui abbiamo dormito e mangiato e  qualche volta anche il menu. Pagina dopo pagina  è saltato fuori, nerosubianco,  che  nel corso delle visite alla figlia emigrante gli appunti hanno riguardato  un bel numero  di posti  nella Grande Mela,  da visitare, ma anche   in cui andare a mangiare, o  comprare. Di molti di questi posti ho già parlato in maniera casuale  e disordinata, ma non mi era ancora  mai venuto in mente che  qualcuno potrebbe   trovare utile   una specie di guida, per quanto parzialissima e incompleta, di  luoghi in cui sfamarsi  a  New York. 
Insomma, si è fatta avanti   la Ruth Reichl che c'è in me e le manie pulissòire sono state  per il momento messe da parte.  
Ma mi piacerebbe sapere, prima di affrontare l'impresa titanica, se l'idea può interessare. 


mercoledì 14 aprile 2010

winter garden al financial district


Nel cuore del financial district, esattamente davanti alle due torri gemelle del World Trade center, era stato realizzato un grande giardino d'inverno tutto vetrato. All'interno, ci avevano messo sedici palme fatte arrivare dritte dritte dal deserto del Mojave,  una vera attrazione raccomandata da tutte le guide turistiche, e la gente ci andava per pranzare in uno dei tanti localetti all'interno o semplicemente per riprendersi dall'emozione di aver appena visto uno dei panorami urbani più straordinari del mondo, ma posso dire che già  soltanto sperimentare l'ascensore in grado di salire al centosettesimo piano in poco più  di un minuto  era  un'emozione  di tutto rispetto.













L'11 settembre aveva raso al suolo le torri, ma il Winter Garden era rimasto in piedi. Devastato, semidistrutto e invaso di macerie, ma ancora in piedi. Il lavoro di restauro fu impegnativo  e costoso,  quasi sessanta milioni di dollari, ma dopo poco più di un anno l'area fu nuovamente aperta al pubblico. 








Sono tornate anche le  sedici  palme, ma stavolta  il deserto del Mojave non c'entra,  queste nuove sono palme della varietà Washingtonia, sono alte più di dodici metri  e vengono dalla Florida. 
All'interno dell'area coperta, che un pavimento in costoso marmo rende un filino  troppo asettica e freddina per i miei gusti,  una quarantina di ristoranti, un numero imprecisato di negozi,  e poi  rappresentazioni teatrali, concerti e manifestazioni culturali e artistiche in ogni stagione dell'anno rendono la  zona meritevole di una capatina e capace di regalare una sosta gradevole.  Nonostante il pavimento di marmo. 




giovedì 8 aprile 2010

Lincoln Center, il MET e il Set







Metropolitan Opera  di New York confidenzialmente detto Met, il  palcoscenico  che ogni cantante lirico sogna di calcare, è solo una parte dell'imponente  complesso architettonico che comprende sei grandi edifici in marmo bianco situati nell'Upper West Side a pochi passi da Columbus Circle e da Central Park West. Il complesso è il Lincoln Center for the Performing Arts, ed è fin troppo facile immaginare che sia stato intitolato alla memoria di  Abramo Lincoln, il presidente che morì, se ricordate, per mano di un personaggio che abbiamo già avuto modo di incontrare. 
Fin troppo facile previsione, dicevamo, ma sbagliata, perchè il Lincoln che si vuole omaggiare fu  invece il primo  agricoltore ad aver iniziato l'opera di dissodamento dei terreni circostanti.
Qui hanno sede alcune tra le più importanti istituzioni culturali di tutti gli USA:  Metropolitan Opera, New York City Ballet, New York Philarmonic, la famosissima Julliard School oltre ad un considerevole numero di istituzioni minori.





































Uno spettacolo al Lincoln Center può essere costosissimo, ma non è raro assistere a  eventi gratuiti di tutto rispetto, e  nella bella stagione un'orchestra suona sempre nella piazza centrale,  dove  nugoli di  impiegati seduti intorno alla fontana sotto il grande tendone bianco riescono a ingerire durante una sola pausa pranzo   calorie sufficienti a  rendere obeso  un esercito.


E' l'estate la stagione migliore per godersi una quantità incredibile di  spettacoli low price, a partire dal Mostly Mozart Festival, uno dei più importanti festival di musica  da camera in cui si suona  da Bach a Schoenberg e  non soltanto Mozart,  fino al  Midsummer Night Swing dove   magnifiche  orchestre   si avvicendano a suonare  mentre la gente intorno balla  fino a notte.  
Sono tutti bravissimi, i musicisti che suonano da dio e i ballerini che ballano come veri professionisti, tanto da far sorgere il sospetto che siano in realtà tutti   ballerini in cerca di  scrittura. 
A  patto di non lasciarsi  influenzare dal triste dubbio di trovarsi tra  disoccupati che danzano per  disperazione,  stare lì  è divertente come essere nel  mezzo di un musical di Broadway.
Ma il gioiello di tutto il Lincoln Center è il  Metropolitan Opera House,  un teatro in grado di accogliere quattromila spettatori, tutto   rivestito in travertino bianco, con la facciata scandita da cinque altissime  arcate,  





























un proscenio alto sedici metri,  un palcoscenico altamente meccanizzato che permette la messa in scena di uno spettacolo diverso per ogni giorno della settimana,  tappeti rossi lampadari di cristallo  e scenografiche scalinate nel foyer. 



























































Pare che perfino il sipario in damasco dorato sia il più grande sipario del mondo, ti pareva. 
Marc Chagall avrebbe voluto chiudere gli spazi tra  le cinque arcate con   vetrate istoriate da lui, ma la paura che qualche idiota teppista  potesse distruggerle a colpi di pietra fece tramontare il progetto e Chagall dovette accontentarsi di realizzare due soli dipinti (forse cinque sarebbero stati troppo  costosi anche per il teatro più grande del mondo)  che sono stati  sistemati  davanti alle vetrate, 
























è vero, ma che per  timore che la luce del sole li possa rovinare, durante la giornata  vengono  tenuti accuratamente coperti e sono  esposti soltanto  verso sera.

Nello shop sono  in vendita i CD e i DVD di tutte  le incisioni realizzate al Met, e anche soltanto un veloce sguardo alle  etichette è sufficiente per rendersi conto che su  quelle scene sono saliti TUTTI i più grandi artisti del mondo.


























Dimenticavo: nello shop sono in vendita anche alcuni costumi di scena. Prendete nota, in  caso qualcuno vi invitasse improvvisamente ad un ballo in maschera.







E se  si è capito che abbiamo parlato di Lincoln Center e di Met, qualcuno si chiederà perchè caspita mi sia venuto in mente di alludere nel titolo anche  ad un set. 
Svelerò l'arcano: prima che si costruisse il Lincoln Center, questa era zona di slums poverissimi da cui gli abitanti furono fatti sloggiare per essere  trasferiti più a nord.  Prima che iniziassero  le demolizioni,  la zona fu scelta come set cinematografico e proprio qui vennero girati gli esterni di West Side Story
































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