venerdì 26 febbraio 2010

Washington Square





Washington Square è il cuore del West Village 

Le belle case ottocentesche di mattoni rossi  lungo il  fronte nord della piazza




















sono oramai  diventate  sede degli uffici amministrativi della NYU, la New York University


















e tutta la piazza, parco compreso, una volta all'anno viene monopolizzata dalla cerimonia delle lauree



Parco che, non dimentichiamo, è  fonte  di grande orgoglio per noi italiani grazie alla statua di  Giuseppe Garibaldi,  



























ai limiti dell'area verde, sull'estremità meridionale della V Ave,  spicca l'Arco trionfale

che Stanford White progettò nel 1892

 per  il centenario della nomina a presidente di George Washington. 




Washington Square è anche il titolo di un romanzo di Henry James che i  critici  hanno definito un romanzo minore. A  me è piaciuta questa storia crudele, e James tratteggia secondo me molto bene la psicologia della protagonista,  arrendevole e vessata da una educazione autoritaria. 
Catherine è la timida figlia unica del dottor Austin Sloper, facoltoso medico newyorkese rimasto precocemente vedovo. Sloper non è una figura simpatica,  vive nel rimpianto della bellissima moglie e rimprovera alla figlia, che ritiene anche ottusa, di essere viva mentre è morto il giovane fratello così tanto più  brillante e promettente di lei. Con queste premesse non è difficile capire che Catherine cresce timida e insicura, e quando la sorte la porta a incontrare il bello e nullafacente Morris Townsend, che vede in lei una comoda maniera per attaccare il cappello al chiodo, se ne innamora perdutamente. Il dottor padre vede come girano le cose e disapprova, capendo benissimo che il bellimbusto vuole solo i soldi di Catherine.
Però santo cielo, c'è modo e modo di dire anche  le cose  più spiacevoli, e Sloper naturalmente adopera il peggiore: diretto e senza mezzi termini, rendendo chiarissimo a Catherine che sulla faccenda  non aveva mai voluto aprire gli occhi, che il  padre la disprezza. 
 Decide di rinunciare a tutto e fuggire con Townsend, il quale però all’idea di legarsi per la vita a una Catherine che non ama e senza un picco in tasca,  se la dà a gambe e la poverina la notte della fuga lo aspetta invano con la valigia pronta.
Passano gli anni, il padre muore e Catherine resta sola nella grande casa di Washington Square. Townsend, imbolsito e indebitato, si rifà vivo con la speranza di ricucire le cose, e in Catherine sembra rinascere la fiamma, ma non si tratta  che di una  vendetta.
Townsend suona alla porta, Catherine fa' chiudere  le tende e si siede a ricamare. Fine.
Sono due le versioni cinematografiche, una per la regia di William Wyler negli anni quaranta, con una Olivia De Havilland bruna e bellissima  che ha poco a che vedere con la sbiadita Catherine  che se non ricordo male nel romanzo è bionda, e un Montgomery Clift  dalla bellezza talmente smagliante che manco nella scena finale riesce ad apparire invecchiato e imbolsito





e un'altra alla fine degli anni novanta per la regia di Agnieszka Holland con Albert Finney e Maggie Smith



giovedì 25 febbraio 2010

La mia cena con Andre














Sono stata una grande fan del VHS. Ho cominciato a videoregistrare i film alla tivu in epoca preistorica  e, dettaglio  decisamente singolare per un tipo arruffone e approssimativo come sono,  non soltanto li ho registrati ma li ho pure catalogati e numerati, a partire dalla cassetta  numero 1, la Stangata,



Due film per ogni cassetta per risparmiare spazio, ma di lì a poco il minuscolo  Billy sotto la finestra dei primi tempi aveva dovuto cedere il passo ad un  più consistente Ivar dalle parti della  cantina.  Ora la collezione si è spostata nella sede definitiva in uno scaffalone bianco  che fa' anche la sua discreta figura. Se lo merita, visto che oramai conta  parecchie  centinaia di videocassette e cioè  truc e branca almeno un migliaio di film,  che mi hanno fatto meravigliosamente compagnia nelle lunghe domeniche di stiro risparmiandomi   l'ulteriore  supplizio di stirare sorbendomi per di più  interminabili  domeniche in.  Ma aimè gli anni passano i bimbi crescono le mamme imbiancano e le cassette, nonostante tutta la  devozione e la sempiterna  riconoscenza di cui  saranno oggetto fino all'eternità,  devono cedere il passo.
Oramai sono anni che languono nella loro custodia, tutte allineate bene  in ordine  sugli scaffali, e mi manca il coraggio di aprirne qualcuna e dover prender atto che il tempo me  le ha smagnetizzate dalla prima all'ultima.
E si che  una certa curiosità ce l'avrei, mi è capitato da  poco  di ricordare  un  bel film di Luis Malle del 1981  La mia cena con Andre,  registrato ere geologiche  fa nel cuore della notte ad un Fuori Orario di Raitre e da allora mai più rivisto.  
Film di impianto teatrale senza quasi esterni, soltanto   due uomini al ristorante che parlano a ruota libera un po' di tutto, della ricerca della felicità, del senso della vita, dell'arte, dell'amore. In mano a un regista mediocre  sarebbe stato  una noia mortale e invece Malle  ne ricava un film emozionante, commovente e anche divertente che rivedrei volentieri tutto di fila su uno schermo di grandezza decente e non in forma di spezzatino  su youTube.  





Mi è tornato alla mente perché, navigando alla ricerca di lochescions, ho letto che era stato girato a New York nel   Cafe des Artistes a  Central Park West.  



Emozione!  Io  al cafe des Artistes  ho consumato un brunch, non memorabile per la verità  ma condito con una più che  amabile conversazione con l'anziano cameriere alto due metri e la stazza di un guardaroba, che era stato  irremovibile nel vietarmi di rinunciare al dolce  perché  la domenica non è permesso  saltare il dessert. 










Ho guardato gli spezzoni su YouTube e il locale mi sembrava diverso da quello in cui ero stata.
Oddìo, non c'era da stupirsi che in vent'anni  mi correggo:  trent'anni avessero fatto qualche modifica. Poi ho letto meglio e ho capito che   il locale sembra  diverso perchè è diverso. E' proprio tutto un altro posto, per questioni di budget il film è stato   girato nel Jefferson Hotel di Richmond in Virginia. 








e qui ci sono le altre puntate  per gli  amanti dello  spezzatino

martedì 23 febbraio 2010

Espiazione



Mi costa ammetterlo pubblicamente ma sì, io ho  guardato la serata finale del Festival di Sanremo. E in virtù  dell'outing catartico e liberatorio dirò anche  che non era la prima volta. Sono anni che l'occasione     catalizza  famiglia e amici intorno ad un frugale tvdinner anche se, va detto, nonostante i più lodevoli propositi di partenza  l'attenzione si era  sempre pian piano  inesorabilmente   diretta   verso  castelmagno e nebbiolo abbandonando il canterino di turno al suo destino. 
Fino a sabato scorso. Stavolta, complici una scommessa in merito alla superficie (in ettari quadrati) di lustrini necessaria per  circondare il girovita  taglia quarantadue (???)  della  conduttrice, e  l'inespresso ma chiarissimo desiderio   di espiare d'amblè   peccato originale più tutti i peccati ancora da compiere  fino alla fine del mondo sciroppandoci  la struggente esibizione  del principino e dei suoi sodali,  siamo rimasti incollati alla  tivù fino alla apertura della busta con i nomi  dei tre finalisti. In considerazione del fatto che Sripta manent,  evito di esprimere commenti e giudizi per non incorrere in reati perseguibili dalla legge.

Il giorno dopo sono andata alla prova generale del Peter Grimes al Teatro Regio. Non conoscevo l'opera di Benjamin Britten  e nemmeno il testo da cui è stata tratta anche se confusamente già immaginavo  che   non avesse molto da spartire con  Chorus Line, per dire.  E  immaginavo giusto, la musica è  bella davvero anche se  la mia ignoranza in materia mi ha fatto apprezzare molto le parti dell'orchestra e molto meno le parti cantate.   Però il testo è tristissimo e l'happy end non è nemmeno lontanamente ipotizzabile, i costumi poi sono quasi tutti neri,  la scenografia pressocchè inesistente e le  luci lugubri aumentano il senso di staticità dell'insieme. Il tutto per più di  tre ore che francamente mi sono sembrate troppe pur considerando un  dovere  l'autopunizione per aver guardato il festival.

Per quei pochi oltre alla sottoscritta che non conoscono la storia,  riporto pari pari   le  parole di teatro.org   
... La storia è ambientata intorno al 1830: il pescatore Peter Grimes, sotto inchiesta per la morte del suo giovane aiutante William, viene assolto dal giudice ma la comunità continua a crederlo colpevole. Grimes intanto ha trovato un nuovo aiutante grazie all'aiuto del farmacista Keene e della maestra elementare Ellen Orford, la quale il pescatore vorrebbe sposare. Una domenica mattina Ellen si accorge che John, il nuovo aiutante di Peter (appena arrivato da un orfanotrofio), ha un livido sul collo e accusa il pescatore che, nonostante il giorno di festa, è appena giunto per portare il ragazzo a lavorare. Grimes si sente frustrato, vuole guadagnare di più lavorando anche alla domenica per sposare Ellen e invece la donna lo accusa di violenza. Peter la colpisce e, sotto gli occhi degli abitanti del villaggio, si allontana con John, ma, durante la fuga, il ragazzo cade dagli scogli e muore. Grimes scappa; viene braccato dalla comunità per la morte di John; perde ogni speranza, sa che non potrà esserci un riscatto per lui e, all'alba, mentre nel Borgo riprendono le attività quotidiane, si allontana sul mare per affondare insieme alla sua barca.













giovedì 18 febbraio 2010

Hit Parade delle Locations - New York Public Library






Cercando spunti  in giro per la rete  per proseguire nel giochino scemo delle locations cinematografiche anche io, come Jake Blues  ho visto la luce. Non  mi sono venuti in aiuto sangennaro e colleghi, voglio solo dire che  ho  avuto la conferma della validità di un teorema la cui esistenza  sospettavo da tempo anche se difficilmente sarà possibile   darne dimostrazione matematica.  Enuncio:  più è bello il posto in cui un film è stato girato, e più  il film avrà   successo. Lo so, si tratta di una scoperta fondamentale  in grado di rivoluzionare  i parametri della critica. Ma  non basta, proseguendo e approfondendo le  indagini ho potuto anche verificare  che  nella Unica e  Inimitabile Grande Mela la città che da sola può garantire  ai produttori le file al botteghino, a prescindere da qualsiasi cast,  si potrebbe stilare la hit parade delle locations più gettonate. 
Uno dei primi posti se lo assicura certamente la public Library che  ha prestato le sue splendide sale a non so quanti set.  Io vi faccio vedere il  paio che mi sono capitati sottomano, ma ce ne sono sicuramente  molti di più.
Noi intanto  cominciamo con l'austero leone all'ingresso  e con Ghostbusters 









e dopo soffitti a cassettoni e lampade da tavolo color  bronzo proseguiamo visitando  l'atrio e la enorme scalinata in cui va a rotoli  l'improbabile matrimonio di Carrie in Sex and the City. Devo dire per amore di verità  che  allo scalone non è imputabile nessuna responsabilità  nel patatrac,  la colpa a mio parere  è  tutta  della ridicola piuma che si era messa in testa la sposa e che avrebbe fatto scappare qualsiasi fidanzato con un po' di sale in zucca





Una curiosità trovata su YouTube: backstage, con  gli attori  alle prese di  un accesso  di ridarella

martedì 16 febbraio 2010

Così lontano così vicino



Così lontano così vicino è un film di Wim Wenders del 1993 la cui visione  non mi sentirei di consigliare ad un depresso, ma per dire le cose come stanno è difficile che un qualsiasi film tedesco sia adatto a  regalare del buonumore a  chicchessia. Assodato dunque che per tirarsi su di morale è certamente  più raccomandabile   rivolgersi a Frank Capra, la vicenda degli  angeli che vogliono diventare  umani è   interessante e il film è pieno di nomi famosi. In questo spezzone compare perfino   Mikhail Gorbaciov, ma non sono  le sue  sagge riflessioni ad avermelo fatto scegliere.
Lo  mostro per la location, perché può sembrare incredibile, ma  il cantiere desolato in cui vediamo Nastassja Kinski è la stessa Potsdamer Platz delle mie foto di novembre.
Sono passati soltanto  diciassette anni ma  sembra  una eternità. E un altro mondo.

























































lunedì 15 febbraio 2010

e Torino? non vorremo mica dimenticarci di Torino!


















Dopo New York e Berlino mi sembra il minimo dedicare anche un po' di attenzione  alle locations di Torino e comincio con  due luoghi che per quanto mi riguarda sono dei veri e propri capisaldi.
Il primo, savàsandir, è la  Mole Antonelliana che anche i più distratti sanno essere la (bellissima, lasciatemelo dire) sede del nostro Museo del Cinema






























immortalata da Davide Ferrario in Dopo Mezzanotte



Martino, taciturno e solitario guardiano notturno del museo, passa le notti proiettandosi vecchi film d'archivio. Ambra, cameriera di fast food, a causa di una reazione un po' troppo impulsiva di fronte all'ennesimo tradimento del fidanzato deve trovare un posto sicuro in cui nascondersi per qualche tempo. La Mole, i vecchi film e anche la serie di Fibonacci le daranno una mano per  cambiare le cose.
Grazioso ma non un capolavoro, il film  è stato girato praticamente tutto dentro il nostro  Museo-del-Cinema-che-se-non-ci-siete-mai-stati-non-saprete-mai-cosa-vi-state-perdendo, e già solo questo particolare ne  rende la visione inderogabile, parola.







Altro film, altra lochescion, altro scenario imperdibile: Il Castello del Valentino che a me è  particolarmente caro, e non tanto per esser stato  la Casa Italia delle passate Olimpiadi invernali 2006,














quanto  perché è la sede della facoltà di Architettura, e in quelle aule io ci ho passato cinque anni.














Nel cortile    sono state girate molte scene de  I vestiti nuovi dell'Imperatore e bisogna ammettere  che come controfigura di Parigi il castello  non è niente male, poche storie.
In breve per chi non avesse visto il film: Napoleone, in esilio a  Sant'Elena, incontra un mozzo che gli somiglia come una goccia d'acqua. Detto fatto, lo sistema al suo posto e fugge, ritornando  di nascosto a Parigi. Cerca di brigare e  trafficare  per radunare i fedelissimi e tornare nuovamente al potere ma  le cose prendono una piega imprevista, il   falso Bonaparte ha un coccolone e muore. Napoleone sarà  condannato a  restare nell'ombra per sempre.

venerdì 12 febbraio 2010

Herr Lehman e le cotolette panate



Herr Lehman
Non conoscevo questo film che  mi è stato suggerito da una amica lettrice (grazie Mari)  e per colmare la lacuna ho cercato di saperne qualcosa su YouTube. Naturalmente, a causa del  livello sottozero del mio tedesco, di trama e dialoghi non  ho capito assolutamente niente, ma dal momento che fino a questo momento   le immagini non hanno bisogno di traduzioni, ho insistito, guardato, esaminato, compulsato, e alla fine la perseveranza è stata premiata e anche stavolta la  ricerca di locations è stata baciata dal successo. 
Ora però mi è sorta un'altra curiosità: avrà ordinato pure lui le cotolette panate? 







giovedì 11 febbraio 2010

A Berlino, tra le vite degli altri e Lola che corre, corre, corre



In considerazione della recentissima piega cinefila assunta dal blog impegnato in questi giorni in una ricerca di locations, e in ossequio alla par condicio preelettorale nel difficile tentativo di contrastare lo strapotere della Grande Mela in qualità di set cinematografico, oggi si va in cerca di lochescions berlinesi.
Non sorprenda la scelta della città, dovuta in parte  a quei pochi film berlinesi che costituiscono lo zoccolo duro della mia scarsa cultura cinematografica, e soprattutto al  fatto che, data la visita ancora molto recente, la mia memoria non ha ancora fatto in tempo a dimenticarne la toponomastica.
Di Karl Marx Allee come sfondo per le scene finali delle Vite Degli Altri abbiamo già parlato.




Lola invece Corre,  dimostrandosi  la prova lampante dell'ingiustizia della  natura, che a lei  ha regalato due polmoni di acciaio che le permettono di  scapicollarsi  avanti e indrè  per Berlino per  tutta la durata del film  mentre  un qualsisai  altro esemplare  umano  normodotato si sarebbe schiantato in debito d'ossigeno  entro i  primi tre minuti. 





Buona parte di tutto quel fiato Lola lo spende ad affannarsi  su e giù   lungo l'Oberbaumbrücke 



che attraverso la Sprea  collega il quartiere di  Friedrichshain,  nella ex Berlino Est,  con Kreuzberg, quartiere mutietnico con forte presenza turca  della zona ovest.



  Costruito nei primi decenni del settecento in legno,  ha avuto una storia piuttosto travagliata.
Fu  per parecchio il più lungo ponte  di Berlino e  alla  fine dell'ottocento venne consolidato, restaurato in stile neogotico e dotato di  torri per farlo somigliare a una cinta di mura medievali. 





























Pochi anni dopo l'Amministrazione  decideva  di farci correre sopra una linea di ferrovia, e saggiamente fu deciso di  rinforzarlo con  una robusta struttura in ferro
La guerra lo aveva già danneggiato seriamente, e nell'aprile  45 per contrastare l'avanzata sovietica Hitler gli dà il colpo di grazia  ordinando di farlo saltare in aria. 
Viene ricostruito dopo la guerra, ma   nel 1961  a seguito della costruzione del Muro viene di nuovo  chiuso  per impedire ogni possibilità di collegamento tra i settori est e ovest. Ma i collegamenti, pur regolamentati e pesantemente controllati, restano una necessità imprescindibile per tutta quanta la città  e così un paio di anni dopo il ponte viene riaperto, anche se solo per il traffico pedonale. Pochi anni dopo la caduta finalmente  il povero Oberbaumbrücke trova pace, ricomincia nuovamente ad accogliere  il traffico delle auto 


Anche la metropolitana è ritornata finalmente  a circolare, con la linea U1.






(continua)

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