Nato come borgo rurale, il Greenwich Village o West Village crebbe enormemente quando, per sfuggire ad una epidemia di febbre gialla, i Newyorkesi vi si rifugiarono in massa. Divenne in breve un ricco quartiere residenziale di belle brownstones e pittoresche stradine acciottolate abitato dalla crema dell'alta società. Per inciso, ancora adesso è uno dei pochi luoghi di New York in cui il reticolo stradale non è rigidamente perpendicolare, e le sue strade sono tra le poche a fregiarsi di veri nomi e non di numeri.
Verso la fine dell'ottocento, un po' perchè stava diventando di moda la zona intorno alla Fifth Avenue dove le famiglie più in vista si stavano costruendo nuovi palazzi, e molto perchè troppo vicino al Village, lungo le sponde dell'Hudson, erano affluiti numerosi immigrati tedeschi e irlandesi alla ricerca di lavoro nelle fabbriche di birra, i facoltosi abitanti poco propensi a commistioni proletarie se la diedero a gambe lasciando sfitte molte delle loro grandi case, che diventarono ambite da parte di artisti e letterati molto meno danarosi ma anche molto meno preoccupati delle convenzioni sociali.
Per farla breve, alla fine della prima guerra mondiale Il Village era la Rive Gauche di New York. Qualcuno degli artisti ebbe successo, e col successo cominciò a circolare molto denaro, le vecchie case fatiscenti furono restaurate in graziosi appartamenti bohémien e nel 1926 su costruito dalle parti di Washington Square un nuovo blocco di appartamenti di superlusso.
Artisti e ricchezza richiamarono nuovamente nel quartiere abitanti ricchi dalla vita sociale e culturale intensa, molti con l'hobby del mecenatismo. Gente del calibro della radicale Mabel Dodge nei cui salotti transitarono tutti i politici e artisti più in vista dell'epoca, e poi scrittori come Gertrude Stein e T.S. Eliot, e perfino quel John Reed che nel suo I dieci giorni che sconvolsero il mondo avrebbe raccontato la rivoluzione russa.
Nel Village aprì grazie a Gertrude Vanderbilt la prima sede del Whitney Museum, primo museo dedicato all'arte moderna americana.
Nacquero teatrini alternativi
e caffè letterari come il Figaro Cafe
in cui Kerouac e Ginsberg andavano a sbronzarsi,
E nacquero alcuni tra i più mitici club di jazz, Village Vanguard in primis.
Insomma, il Village fu perfetto terreno di cultura per tantissimi movimenti culturali e artistici, e basta citare beat generation e movimento hippy per capire.
Nei localini qui intorno hanno mosso i primi passi artistici Woody Allen e Frank Zappa, Paul Simon e Al Pacino, mica bubbole eh.
Oggi ha perso la sua vena trasgressiva di fucina di talenti e rimane un gran bel posto per abitare, tranquillo e vivace nello stesso tempo. A patto di possedere un notevole conto in banca, of course. Gli affitti sono tra i più stratosferici di tutta Manhattan, che già non scherza di suo, e parafrasando Mc Carthy, questo non è un paese per poveri.
Per fortuna ci si passeggia aggggratis, e allora non è infrequente incappare in qualche dog sitter a spasso con nugoli di cagnolini di misure assortite
e pittori con colori e cavalletto
o incrociare una bottega che sembra catapultata direttamente da un villaggio provenzale,
dove l'atmosfera sonnolenta delle strade appare lontana anni luce dallo sguaiato fracasso di Times Square
E' anche il quartiere di Christopher Street, strada principale della parte west del West Village e cuore della comunità gay della città che nel parco piccolino, poco più di un fazzoletto di verde con panchine si raccoglie intorno a Gay Liberation, una scultura bianca che mi dicono fatta in bronzo ma che a me è sembrata dipinta di biacca, di George Segal che rappresenta a grandezza naturale due coppie omosessuali. Detto fra noi: trovo l'idea encomiabile e ancora di più, ma la scultura mi è sembrata di una bruttezza assoluta. In ogni caso, brutta o bella che sia, è importante sottolineare che è stata sistemata qui e non altrove, perchè proprio nello Stonewall Inn di Christopher street ebbero inizio il 28 giugno 1969 i moti di Stonewall che segnano l'inizio del movimento di liberazione omosessuale militante, celebrato con il Gay Pride che oggi si svolge un po' dappertutto nel mondo e che a New York si tiene l'ultima domenica di giugno
Per completezza di informazione mi corre l'obbligo di dire che in Christopher Park, un po' in disparte tra i cespugli, c'è anche la statua dedicata al generale Philip Henry Sheridan, comandante di cavalleria durante la guerra civile e ritratto in divisa, sguardo imperioso e posa aulica. Il generale è tutto verde e così si capisce bene che è fatto di bronzo, a differenza dei quattro personaggi di Segal che sembrano appena caduti in una latta di ducotone
6 commenti:
Interessante! Buon Anno!
bello passeggiare per la NY più sconosciuta, in ritardo ti faccio tanti auguri per un buon 2010!!
grazie ragazze e buon anno anche a voi!
A quanto pare dovrei (finalmente) andarci nel periodo di Pasqua a New York quindi ben vengano tutti i tuoi interessanti e spiritosi post sull'argomento (io annoto, annoto!)!!!
I tuoi racconti corredati di foto sono sempre un viaggio fantastico!
grazie Dede!
un abbraccio grandissimo a te ed ai tuoi cari da noi tre!
E chissà che la Befana mi porti in regalo del tempo per venirvi a trovare!
Carla che bello, a Pasqua sarà un'esperienza fantastica.
Fabiana ricambio l'abbraccio, e per quanto riguarda il tempo ti posso dire per esperienza che non arriva mai in regalo, tocca prenderselo di brutto: saltate in macchina, forza!
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