martedì 2 ottobre 2012

Due o tre cose che so di Mirafiori

Due o tre cose che so di Mirafiori,




cose che la maggior parte della gente, e primo fra tutti, credo, il dottor Marchionne,  ignora. 






Sulla sponda destra del Sangone (un affluente del Po lungo nemmeno cinquanta chilometri ),


Jacopo di Savoia duca di Nemours nel 1551  acquista  da Emanuele Filiberto Pingone la tenuta della Spinetta e ci fa' costruire  una villa che verrà denominata Pellegrina.
Anni dopo Carlo Emanuele I di Savoia, figlio di Emanuele Filiberto, per trentamila scudi d'oro compra la villa e le  duecento giornate di terreno circostante e, in occasione del matrimonio con Caterina Michela d'Asburgo, ne fa' dono alla moglie. Caterina ha diciotto anni, è figlia di re Filippo II di Spagna e di Elisabetta di Valois e porta lo stesso nome della nonna, Caterina de' Medici.
In onore della giovane moglie Carlo Emanuele ribattezza la villa Miraflores e incarica un architetto di cui nulla più si sa di progettarne l'ampliamento. I lavori vengono probabilmente diretti  da Carlo di Castellamonte, diventato nel frattempo architetto di corte, ma Caterina si stufa presto di Miraflores, il progetto intero non sarà mai realizzato e solo il corpo centrale verrà effettivamente costruito. Nel 1636 il castello diventa residenza di Maria Cristina di Borbone Francia, moglie di Vittorio Amedeo I, e nello stesso anno ospita la regina Cristina di Svezia in visita a Torino. Dopo il 1640 per la tenuta cominciano i guai: bombardata dall'esercito francese durante la guerra di successione detta dei Due Cognati, quasi completamente  distrutta da un incendio  durante l'assedio del 1706, riceve il  colpo di grazia  nel 1869, quando gli ultimi resti del castello vengono travolti da una piena del Sangone. A noi rimangono  un paio di incisioni


e la descrizione forse un po' troppo generosa che si legge nel   Theatrum Sabaudie 

“Il Castello di Millefiori, residenza suburbana del duca di Savoia, che sorge a circa tre miglia da Torino, è veramente degno del suo nome, perché permette di godere le gioie della primavera e le delizie di Flora, data la meravigliosa varietà dei suoi fiori […]Da una parte si gode una vista amplissima sulle selve e sui prati sottostanti; da un’altra si osserva con animo gioioso la vasta pianura che si estende in basso […] su boschetti con alberi disposti in bell’ordine, sui campi ubertosi coperti di fiori, su vigneti, su grandi distese di prati: ovunque si stende insomma un vero labirinto di delizie. Nel cuore di questa reggia di bellezza si eleva il Castello, degno della regale magnificenza del Principe. Tutte le sue parti, distribuite con arte mirabile, affascinano talmente lo sguardo, che non sai se ammirare di più la grandiosità degli edifici dovuti al fasto principesco, oppure lodare la geniale abilità dell’architetto nel creare una così maestosa bellezza. Vi si aprono immensi saloni, sui quali lunghe serie di stanze comunicanti si schiudono in fuga via via che ci si addentra. Le pareti e i soffitti brillano per preziose tappezzerie, o per eleganti pitture, o per oro profuso qua e là con sovrana non curanza” 


Prima della completa distruzione del 1869 e dopo svariati passaggi di proprietà, la tenuta era stata acquistata da Vittorio Emanuele II per farne dono a Rosa Vercellana




la Bela Rosin  qui fotografata da Alinari, che sarebbe diventata  sua  moglie morganatica.
La prima volta che si erano incontrati il  futuro re aveva ventisette anni una moglie e quattro figli, Rosina invece di anni ne aveva solo quattordici ed era analfabeta. La loro  relazione, come è facilmente prevedibile,  aveva destato  un grande scandalo, i Savoia avevano fatto di tutto per ostacolarla  e da parte sua  Vittorio Emanuele aveva continuato imperterrito a non disdegnare le grazie di tutte le fanciulle che gli capitavano a tiro, eppure  la storia con Rosina, che gli  diede due figli,  durò  per  tutta la vita. 



























L'aveva  nominata   contessa di  Mirafiori e Fontanafredda, un casato il cui motto era Dio, Patria, Famiglia.



e quando, malato, aveva temuto di  morire, l'aveva sposata   morganaticamente, dapprima  in chiesa e otto anni dopo  con rito civile.
Rosina si spegne  a Pisa qualche anno dopo Vittorio Emanuele, ma la ragion di stato le vieta di riposare accanto a lui, tumulato come tutti i re d'Italia al Pantheon in Roma.
Allora, per onorare la madre ed in segno di sfida verso casa Savoia, i due figli  decidono di far costruire per lei un mausoleo. Dovrà essere  copia fedele del Pantheon  e  sarà innalzato  proprio sul terreno della tenuta di Mirafiori.


































Post Scriptum. Insieme ai bauli di biancheria e alle porcellane che ogni nobile sposa usava portare in dote, Caterina Michela d'Asburgo  si era portata  a Mirafiori  anche una bella cassa di fave di quel cacao che veniva dall'America e  che in Italia nessuno aveva ancora assaggiato. Il cacao all'epoca  veniva consumato  in un miscuglio salato e pieno zeppo  di  peperoncino piccante, e alle dame di corte non piacque per niente. Poi   qualche pasticcere  ebbe la geniale intuizione di mettere da parte  sale e peperoncino e pensare piuttosto di aggiungere al cacao la  vaniglia e lo zucchero. Le dame gradirono  e fu così che Torino diventò   la città del cioccolato
Oggi  tra  la miriade di cioccolatini e gianduiotti made in Torino c'è anche il cioccolato   MiraFlores





4 commenti:

Grazia ha detto...

Dalla bella Rosina a Marchionne: com'è imprevedibile la storia ! E quanti bei racconti ci sa (e ci sai) narrare...

dede leoncedis ha detto...

troppo buona Grazia!

Paula Feldman ha detto...

cioccolato MIRAFLORES....? Mi sembra proprio un bel modo per finire la storia. Almeno in questo modo finisce in dolcezza.

Nela San ha detto...

In questo periodo di "amarezze" dell'industria automobilistica e dolciaria (ho letto della fine di Galup) avere una cioccolata che tiene alto questo nome, forse dovrebbe indurci (ed indurlo) a riflettere: la qualità, alla fine, paga e appaga.

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