venerdì 12 ottobre 2012

Di stadi di calcio. E di glorie che furono


Facevo le medie quando abitavo nella via di fianco allo stadio Filadelfia.  A casa mia nessuno era  tifoso e capivamo che c'era la  partita soltanto perché alla fermata dell'8 passavano  molti più tram del solito,  la macchina a quell'epoca  era ancora  un lusso per pochi e  alla partita si andava in tram.  Quando arrivava il gol sentivamo il boato da casa,  forte come  un tuono. Però diverso dal tuono, più allegro.  Non mi ricordo siano mai capitati disordini e men che meno tafferugli, e forse  c'era qualche   vigile  a controllare  chi andava e veniva  ma i soldati in assetto di guerra che vediamo oggi alla tivù  non si potevano neanche lontanamente immaginare.



La mia esperienza di calcio si ferma qui, ma  è un'esperienza che non può fare testo. Perché il Filadelfia non é mai stato uno stadio come tutti gli altri.
E' stato lo stadio del Grande Torino, e ancora oggi, nonostante sia quasi completamente demolito, per i   tifosi resta  la “casa” del Toro.



La sua costruzione  risale al 1926, per volere del Conte Enrico Marone di Cinzano, l'allora presidente del Torino Football Club.


Non grande, copriva una superficie di meno di quarantamila metri quadri ed era  formato da due sole tribune e in tutto, compreso il parterre, poteva contenere al massimo quindicimila spettatori.
Aveva  le gradinate in cemento



Le tribune invece  erano  in legno, con  poltroncine numerate come a teatro.



Era stato costruito talmente  a ridosso delle case  che gli inquilini dei piani alti  guardavano la partita gratis e forse  meglio che in tribuna, e le gradinate erano così in bocca  al campo di gioco che si poteva sentire il fiato grosso dei  calciatori.











L’inaugurazione era avvenuta  il 17 ottobre 1926 alla presenza del principe Umberto e della principessa Maria Adelaide Torino - La partita:  Toro/Fortitudo Roma,  risultato:  quattro a zero.




Negli anni Quaranta uscire imbattuti dal Filadelfia era  un miracolo: per più di sei anni di fila, più di cento partite,   il Toro non ha mai perso una partita  sul proprio campo.
Il 4 maggio 1949 la tragedia. L’aereo che riporta la squadra da una trasferta a Porto  si schianta contro la collina di Superga. Muoiono tutti.
E' una mazzata tremenda per tutta Torino, non solo  per i tifosi granata.



Il Toro ricomincia da zero e anche se non sarà mai più la squadra invincibile che da sola era arrivata a dare alla Nazionale dieci calciatori su undici, continua a regalare ai suoi tifosi grandi campioni del calibro di Gigi Meroni.
Ma il declino è dietro l'angolo, e cresce  negli anni sessanta quando la situazione economica del  Torino, già grave,  diventa drammatica. Comincia la girandola dei cambi di proprietà e il povero Filadelfia,  preda dell'incuria, cade a pezzi. Si prospetta di restaurarlo,  ma i costi sono proibitivi, e poi il terreno  vale un tesoro e sono in molti a pensare che sarebbe assai  più redditizio farci sopra i una bella speculazione edilizia. Tifosi e non tifosi si ribellano all'idea di perdere  un pezzo così importante della storia cittadina e la speculazione per fortuna  salta, ma nonostante i tentativi di salvare lo stadio siano stati numerosi,  gli anni sono passati  tra un avvicendarsi di progetti di recupero, raccolte di firme e soldi che continuano a non esserci. Intanto, nel gennaio 2010 sono stati abbattuti anche i pennoni lungo via Giordano Bruno.
Conoscendo questa  triste odissea, il minimo che ci si può aspettare accompagnando un amico in pellegrinaggio al  Filadelfia che fu, è di mostrargli  una desolante distesa  di macerie sommerse da immondizie ed   erbacce. 

Le macerie aimè ci sono, ma un gruppo di tifosi ha costituito  i Pulitori del Fila , volontari impegnati ad impedire il degrado totale  tagliando regolarmente  l'erba e tenendo pulito  il campo.  Voi potete pensare quello che volete, ma io l'ho trovata  una  commovente prova d'amore.














9 commenti:

Lefrancbuveur ha detto...

Vedi cosa fa fare l'amore per una squadra di calcio ed il suo simbolo?

Grazia ha detto...

Mi piace il calcio, ma è da molti anni che non vado più allo stadio. Capisco però l'amore che unisce i tifosi, quelli veri, allo stadio di una squadra mitica.
Un altro luogo da visitare quando verrò a Torino.

Antonietta ha detto...

ciao, sono contenta che tu parli di stadi in modo così amorevole....lo sai che adoro il calcio e x me aver visitato lo Juventus stadio con te è stato "cum magno gaudio"!
Grazie ancora!

alma ha detto...

Dede, che bella storia! Non la conoscevo pur essendo tifosa del Torino. Grazie!!

Nela San ha detto...

Posso dire che forse hai aperto un nuovo filone dell'archeologia, dopo quella industriale?
Inutile dirti che nel post, come sempre, traspare una calda sensibilità nel descrivere le situazioni e le atmosfere.
Mi ha stupito la foto delle decorazioni in legno, qualcosa che, oggi, è venuto a mancare.
Un buon fine settimana.

Gracie ha detto...

Mio marito non è di Torino, non ha mai tifato per Toro o Juve, ma nel suo immaginario il "Fila" rimane un tesori ancorato ai suoi ricordi di bambino-calciatore da cortile/strada....

dede leoncedis ha detto...

E' singolare che tutti in tutti i vostri commenti ricorra la parola "amore" in riferimento al calcio, ora che ho messo piede anch'io in quello stadio credo di aver finalmente capito cosa vuol dire

baba ha detto...

Io non sono un’appassionata di calcio, forse perché del calcio ho solo la triste visione di stadi ben diversi da quello romantico che tu hai descritto. La parola calcio mi fa venir in mente solo contratti milionari e poca passione; l’esatto contrario di ciò che definisco sport. Il Toro però rappresenta un’eccezione. La prima volta che andai a Torino da piccola, gli amici dei miei genitori ci portarono a Superga per vedere la città dall’alto. Lì scoprii la tragedia del 49 e quella storia colpì così tanto la mia immaginazione da farmi dimenticare tutto il resto.
Sai che ti dico? La prossima volta che vengo a Torino faccio una visita anche al Filadelfia!
Un caro abbraccio

Attilio Coco ha detto...

Un doppio, triplo grazie Dede. Per la storia, per le foto, e per il ricordo - indelebile - che ho di come alcune di queste foto sono state scattate.
Posso dire: io c'ero?

Un caro saluto.

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