Uno dei miei blog preferiti ha pubblicato questo post che mi ha fatto riaffiorare ricordi e qualche emozione.
Devo premettere che questo tipo di spettacoli a metà tra il teatro di strada e il Cirque du Soleil mi è sempre piaciuto, e senza ricorrere allo psicologo di turno comprendo benissimo che una delle ragioni che me li fanno apprezzare è che per metterli in piedi non bastano quattro cialtroncelli senza arte né parte il cui unico pregio è quello di esser attrezzati di una bella carrozzeria.
Nossignori, per fare queste robe qui ci vogliono talento lavoro, sudore e moltissima professionalità: niente miracoli ma una conquista lenta e faticosa, giorno dopo giorno.
Per motivi professionali il mio consorte si è occupato di qualcuno di questi spettacoli, e io con la mia fida macchinina foto ho potuto documentare tutto l'ambaradan organizzativo che sta dietro le quinte e che difficilmente si immagina se non lo si vede con i propri occhi. Le foto che seguono si riferiscono alla preparazione dello spettacolo di un lontano capodanno torinese che si intitolava Il Cielo Che Danza. Sono le uniche foto che ci sono rimaste, le altre sono state rubate insieme a t-u-t-t-i i computer dello studio durante un furto al cui pensiero rabbrividisco ancora.
La performance del funambolo invece era parte della serata finale delle Paralimpiadi invernali Torino 2006, l'ho seguita tutta, dall'inizio alla fine e al ricordo mi torna ancora la stessa emozione di quei giorni.
Avevo fatto anche un piccolo video, la qualità purtroppo lascia a desiderare ma ora che mi sono dotata di mezzi più avanzati quasi quasi lo rimonto.