Vero che giro con una borsa pesante come una valigia e tra tutto quello che mi porto sempre appresso c'è pure la macchina fotografica, ma se così non fosse il quarto d'ora di celebrità che secondo Andy Warhol mi spetta di diritto non sarebbe mai e poi mai potuto essere immortalato dal mio consorte. Ieri, primo giorno della mostra Russian Cosmos al Castello di Rivoli, mentre assistevo rapita al volteggiare di due astronauti in un film di fantascienza muto del 1923, una giornalista della tivù russa mi ha chiesto se accettavo un'intervista. Il mio inglese è notoriamente sotto il minimo sindacale ma anche la signorina non pareva uscire da Oxford perciò il nostro interplay è stato forzatamente scarno ed essenziale. Risparmio i convenevoli e salto subito alla domanda clou: la signorina mi ha chiesto se per caso avessi già sentito parlare di Yuri Gagarin!!!!!!!!!!!!
Finita l'intervista, mi ha chiesto nome e cognome e mentre io facevo lo spelling lei digitava sul suo iPhone. Purtroppo il mio nome non è dei più semplici e la signorina pareva in leggera difficoltà, così alla fine mi ha mostrato il display perchè controllassi. Essendo scritto in cirillico non ho capito un accidente, ma ho approvato con grande calore.