martedì 29 novembre 2011
Quattro mani e un pianoforte
Incontrati per caso a Parigi una sera di settembre, dalle parti della Tour Eiffel.
Peccato non aver potuto chiedere neppure i loro nomi
martedì 22 novembre 2011
Il Parc Georges Brassens e il mercato dei libri usati
Dedicato a Georges Brassens, che abitava al numero 42 della vicina Villa Santos-Dumont, il parco
nasce sulle ceneri di un vecchio mattatoio, il mattatoio Vaugirard per la precisione.
E' una informazione interessante che tutte le Guide di Parigi forniscono, anche se a mio modesto parere non è che ci voglia un'intelligenza superiore per arrivarci da soli: tori e cavalli campeggiano ad ogni ingresso e per i più duri di comprendonio c'è anche la statua di un forzuto lavorante che trasporta una mezzena di bue macellato. Più chiaro di così.
Della vecchia struttura però sopravvivono intatti soltanto la torre dell'orologio e il grazioso laghetto che la lambisce, tutto il resto è diventato un parco studiato in particolar modo per far felici i bambini. Ci hanno messo dentro un teatro a forma di piramide
giostre, ruscelli, arnie e anche una piccola vigna.
Le aiuole emanano profumi di salvia e rosmarino e ogni singolo cespuglio è etichettato in latino ed in braille
Sotto le belle tettoie di Baltard (l'autore di quelle Halles mai abbastanza rimpiante di cui oggi purtroppo non ci resta che il ricordo ) dove in origine si svolgeva il mercato dei cavalli, il sabato e la domenica si tiene il mercato dei libri antichi e d'occasione.
Verrebbe da pensare che un posto tanto grande da aver contenuto un mercato di bestiame sia spropositato per alloggiare qualche banchetto di libri usati, e invece non c'è un buco libero, bancarelle a perdita d'occhio.
Parafrasando un vecchio slogan, qui non si trova di tutto ma proprio TUTTO: introvabili preziosissime prime edizioni ancora intonse e volumi da due lire vecchi come il cucco, unti e bisunti e che si disfano solo a guardarli. La gente sfoglia, consulta, chiede consiglio in mezzo a un gran via vai di termos di tè bollente. E' chiaro come il sole che, a parte noi due, sono quasi tutti habitué ma tutto sommato, a parte qualche inevitabile eccezione, non sembrano tirarsela troppo.
Quel che è sicuro è che qui i turisti ci vengono raramente, e i bouquinistes dei lungosenna, con le loro foto finte antiche e le tour eiffel di plastica sembrano lontani anni luce.
lunedì 21 novembre 2011
Paris - Dehli - Bombay
Leggo solo oggi che al Maxxi di Roma è in corso, e durerà fino a fine gennaio, Indian Highway, che mette in mostra sessanta opere di trenta artisti indiani.
Da quanto ho letto su Repubblica alcuni degli autori presenti al Maxxi sono reduci da Paris-Dehli-Bombay, mostra che ha chiuso i battenti il 19 settembre al Centre Pompidou di Parigi.
Non mi era ancora mai capitato di vedere arte contemporanea indiana ed è stata una esperienza molto interessante anche se ho il sospetto di arrivare buona ultima e di aver scoperto l'acqua calda, visto che le mostre di artisti indiani da qualche anno a questa parte stanno andando forte e pare che soltanto io non me ne fossi ancora accorta.
In ogni caso, approfitto della coincidenza per far vedere alcune foto della mostra di Parigi e vorrà dire che chi già conosceva potrà fare un veloce ripasso, e chi come me non aveva ancora avuto occasione di incappare nell'arte indiana di oggi potrà farsene un'idea lacunosa e incompleta ma sufficiente per andarsi a mettere diligentemente in coda alla biglietteria del Maxxi prima che sia troppo tardi,
a partire dalla grossa testona femminile dorata e ingioiellata che apriva il percorso,
alle ghirlande di fiori rossi di Sunil Gawde, che ad un primo sguardo possono sembrare un innocuo boa di piume e sono invece fatte da una miriade di lamette taglienti, subdole assassine come assassina era stata la ghirlanda esplosiva che aveva ucciso Rajiv Gandhi
O le due pareti contrapposte che incombono sul visitatore e solo da molto vicino si svelano essere una impressionante bidonville che l'artista (Hema Upadhyay, me lo sono appuntato) ha ricostruito minuziosamente adoperando, e la metafora è chiarissima, scatolette vuote, pezzi di latta e materiali di scarto.
o la stanza degli specchi di Bharti Kher, incastonati dentro cornici ironicamente baroccheggianti ma tutti rotti e oscurati da una infinita sequenza di bindi, il terzo occhio che le donne sposate portano sulla fronte.
Ma nella mia personalissima classifica la palma d'oro, l'oscar, il primo premio insomma, è andato incondizionatamente ad Ali Baba, una scintillante installazione di Subodh Gupta
composta da un numero incredibile di utensili e attrezzi da cucina in acciaio inox.
Ho apprezzato il titolo particolarmente centrato, mi è piaciuto tentare di interpretare i significati reconditi dell'opera, ma soprattutto (e la cosa demolisce drasticamente ogni mia ipotetica credibilità in veste di critico d'arte, aimè), avrei fatto carte false per possedere uno di questi rutilanti, splendidissimi scaldavivande pluripiano
Per chi avesse voglia, qui ci sono tutti i video realizzati per l'occasione dal Centre Pompidou, quello che segue altro non è che un piccolo assaggio.
giovedì 17 novembre 2011
Parigi - Les Halles
Non c'è proprio pace per questo enorme centro commerciale a due passi dal Centre Pompidou.
La sua storia comincia da lontano, molto lontano, diciamo intorno al milletrecento e qualcosa, quando Luigi VI detto Le Gros dà il via alla realizzazione di un mercato di frutta e verdura. Una cinquantina di anni dopo al mercato si aggiungono due padiglioni coperti in cui si sistemano venditori di stoffe e merciai, conciatori e pescivendoli.
Verso la fine del 1700 una nuova halle coperta prende il posto di un cimitero abbandonato e viene destinata al commercio della verdura. Quando a metà del milleottocento il barone Haussmann ottiene carta bianca per rivoltare Parigi come un calzino, anche les Halles cambiano faccia grazie ai bellissimi padiglioni in ferro creati da Victor Baltard
Les Halles diventano il Ventre di Parigi, brulicano di gente e di commercio ma anche di immondizia e soprattutto, di topi. E' necessario provvedere ad una bella ripulita, e i mercati generali vengono spostati fuori città. Siamo intorno agli anni settanta e i padiglioni che ai nostri giorni sarebbero stati ripuliti, recuperati e accuratamente restaurati vengono invece rasi al suolo nonostante le proteste degli abitanti.
Viene approvato il progetto di una grande piazza a cielo aperto intorno a cui si affacceranno non soltanto negozi, ma anche palestre piscine cinema e giardini.
Si tratta di un intervento ambizioso e faraonico che si inaugura nel 1988.
Sulla carta avrebbe tutti i numeri per piacere ai parigini, e invece niente. Portando via i mercati generali la zona è stata ripulita non soltanto dalla puzza e dal rumore ma anche dal viavai dei commercianti e molte delle trattorie aperte giorno e notte sono costrette a chiudere gettando nello sconforto nottambuli e viveurs per cui la notte poteva finire soltanto davanti ad un bicchiere di vino e una scodella di soupe d'oignon intorno alle Halles.
E' un disastro, e la piazza in breve diventa luogo di ritrovo per spacciatori, tossici e barboni. Dopo vent'anni l'amministrazione si rassegna ad una nuova demolizione.
Al concorso indetto per un nuovo progetto vengono selezionati quattro famosi architetti: Rem Koolhaas Jean Nouvel Winy Maas e David Mangin. Tra le quattro proposte, variamente articolate e molto diverse tra loro, vince la meno coraggiosa: la grande tettoia di Mangin.
Chi può dire se stavolta funzionerà, per adesso siamo soltanto alle demolizioni.
Iscriviti a:
Post (Atom)