lunedì 31 agosto 2009

VITRA

C'è qualcosa per cui fareste follie? Secondo Sex and the City in cima alla lista dei desideri proibiti delle donne ci sarebbero i sandali di Manolo Blahnik. Sarà vero non dico di no, anche se secondo me pagare una fortuna per sbriciolarsi le rotule sul primo marciapiede è una pura asinata. Con questo non intendo asserire di essere più saggia o più furba di altri, per carità, dico soltanto che la mia aspirazione a finire sul lastrico segue altri percorsi, tutto qui, e una delle scorciatoie più efficaci per raggiungere in fretta lo scopo, ad esempio, può essere lo shopping di prodotti Vitra.
Non credo ce ne sia bisogno, ma per quei due o tre che non l'avessero mai sentita nominare, dirò che Vitra è una azienda svizzera che produce mobili poltrone e oggetti di design che, oltre ad essere parecchio belli sono anche parecchio costosi o del tutto inaccessibili.
Credo sia questa la ragione principale per cui, nonostante la sconfinata ammirazione per Vitra, la griffe dominante in casa mia è Ikea.
Questo è il VITRA DESIGN MUSEUM, progettato da Frank Gehry, si trova a Weil am Rhein, dalle parti di Basilea. E' stato fotografato nel 2000 ma immagino che anche dopo nove anni sia rimasto più o meno uguale
Quello che segue invece è la (Lo. Lo o la? boh) show room nel Meatpacking District di Manhattan.
Ho persino ritrovato dopo tanti anni UTENSILO, che all'epoca avevo invano sperato di ricevere in regalo. Ero quasi lì lì per comperarmelo poi ho capito che non era una buona idea.
Sogno era stato e sogno doveva restare.

martedì 25 agosto 2009

Solo per pochi

Intorno alla fine dell'ottocento banchieri imprenditori e uomini dell'alta finanza newyorkese, uomini come Morgan Vanderbilt Frick e soci, per intenderci, pur avendo accumulato una cospicua e ragguardevole montagna di denaro, non facevano a parte dell'alta società e non avevano accesso ai grandi ed esclusivi clubs di downtown.
Morgan doveva essere un tipo per niente disposto a lasciarsi guardare dall'alto in basso, e così incaricò lo studio Mc Kim, Mead & White (a rieccoli, dovevano essere oberati di lavoro visto che all'epoca facevano tutto loro) di progettare un nuovo club, che doveva essere più bello più grande più soprendente più stravagante di tutti gli altri. Detto fatto, sulla 60ma strada al numero 1, sull'incrocio con la Fifth Ave nasce il Metropolitan Club
dall'ingresso così incredibilmente esagerato
L'idea di farsi il club su misura non era però una novità, era già piaciuta in precedenza ad un gruppo di ricchi ebrei ignorati dall'aristocrazia cittadina, che per la partita a carte si erano fatti costruire l'elegante Harmonie Club al numero 4 della 60ma strada, praticamente di fronte al Metropolitan .
Questo che segue è l'Union Club, molto criticato per aver accettato tra i suoi soci alcuni amici di Morgan e dei Vanderbilt
e per questo contrapposto al delizioso Knickerbocker Club (delizioso l'edificio, non il club sul quale non dispongo di informazioni sufficienti) dove si riuniva invece solo la crema della crema, notoriamente poco incline in ogni parte del mondo ad accogliere un parvenu.
Le donne, unico gruppo sempre regolarmente escluso da qualsiasi club a prescindere dai criteri di ammissione, avevano preso il toro per le corna nel 1903 fondando al 564 di Park Avenue il Colony Club,
non soltanto il primo Club per sole donne, ma anche il primo gestito esclusivamente da donne.
Progettato pure questo dal solito Stanford White, ora è la sede dell'American Academy of Dramatic Arts che vanta tra i suoi ex allievi la bellezza di novantacinque premi Oscar, duecentotrentasei Emmys e ottantatre Tony. Non male.
L'edificio, se non ho preso un abbaglio, è anche la location di Dirty Sexy Money, un serial parecchio stupido ma zeppo di riprese aeree di Manhattan belle ma belle ma belle da levare il fiato tanto da far sorvolare sull'idiozia della trama.
Ultimo della serie, almeno per questa tornata, il Cosmopolitan Club.
Anche questo dalla parti di Park Avenue, architettonicamente parlando è un obbrobrio, un anonimo condominio grigio con brutte ringhiere in ferro battuto bianco che vorrebbero evocare lo stile di New Orleans (Non è stato progettato dai nostri amici Mc Kim Mead e& White)
Era nato come club per le governanti delle famiglie ricche ma in questa veste durò poco, in breve le signore se lo accaparrarono senza pensarci su tanto, e dove si siano riunite da quel momento in poi le governanti non ci è dato sapere. Probabilmente da nessuna parte.
Molte e articolate le attività culturali del club che nel corso degli anni ha ospitato nei suoi saloni un'esibizione pittorica di Pablo Picasso, conferenze di Maria Montessori e concerti di Prokofiev, Lotte Lenia e Count Basie
tra le sue socie si sono avvicendate Pearl Buck Margaret Mead Eleanor Roosvelt e pure la vedova del generale Custer.

lunedì 17 agosto 2009

Miles Davis - Kind of Blue 50th Anniversary


tutti hanno parlato di Woodstock, ma oggi si celebra un altro anniversario, anche più importante. Cinquant'anni fa Miles Davis pubblicava Kind Of Blue, certamente il più bel disco della storia del Jazz e forse il più bel disco della storia della musica.
In caso ci fosse qualche incredulo, questa è BLUE IN GREEN
e questa SO WHAT

Gramercy Park

Gramercy Park, o come lo chiamavano gli Olandesi una volta Piccolo Pantano (ma da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia) , è un gradevolissimo parco tra la 20 e la 21 Str. non troppo distante da Union Square. Curatissimo fin nel più piccolo filo d'erba, è uno dei due soli parchi privati di tutta Manhattan.
I pochi fortunati che vi possono accedere sono gli abitanti della piazza, tutta gente del calibro dei Kennedy o dei Roosvelt, per capirci, e gli ospiti dell'Hotel omonimo.
Dopo esser stati vagliati e accettati dalla commissione, si paga una cifra considerevole e si ottiene in cambio la chiave d'ingresso, che viene cambiata ogni anno.
Alla gente comune veniva magnanimamente permesso di varcarne i cancelli un giorno su trecentosessantacinque, nel Gramercy Day la cui data cambiava ogni anno ma solitamente era il primo sabato di maggio. Nel 2007 la commissione decise che poteva bastare così, e da allora la tradizione è stata abbandonata anche se pare che sia ancora in piedi l'abitudine di lasciar cantare nel parco le carole natalizie. Agli abitanti piace.
Dato che come abbiamo visto è proprietà più che privata, il parco non viene concesso per riprese cinematografiche ma di sguincio compare in parecchi film. Ovviamente io adesso ricordo soltanto Misterioso Omicidio a Manhattan, in cui Diane Keaton e Alan Alda ne parlano durante una degustazione di vini, ma sono sicura che ce ne sono molti altri.
Al centro del parco c'è la statua di uno dei fortunati che nel parco ci potevano andare senza guardare il calendario: Edwin Booth, uno dei più famosi attori Shakespeariani dell'ottocento, che infatti è rappresentato nelle vesti di Amleto. Booth abitava al numero 16 in una residenza che nel 1887 aveva fatto trasformare dall'architetto Stanford White, anche lui residente nella piazza, in un club privato, The Players' Club, destinato ad attori e a gente di spettacolo che all'epoca non erano bene accetti in società. Attori, e non attrici. Era un club per soli uomini e le donne dovettero aspettare fino al 1989 per esservi ammesse. A quel punto non so come si siano regolate le signore attrici, ma io di certo non ci sarei andata nemmeno dipinta.
Ma torniamo ad Edwin Booth, c'è una storia curiosa che vale la pena di raccontare. Robert Todd Lincoln era il primogenito del presidente Abramo Lincoln, studiava ad Harvard e nel 1865 era entrato a far parte dello staff del generale Grant. Edwin Booth era un famoso attore e aveva un fratello, John Wilkes. I due non andavano d'accordo, Edwin, unionista, sosteneva Lincoln mentre John era un fanatico secessionista.
Una volta Edwin a proposito di questo ebbe a scrivere: nei riguardi della secessione è un vero pazzo e chiunque lo conosca non può dubitarne, quando ha saputo che avevo votato per Lincoln ha dichiarato che vuol diventare il re d'America e questo, mi pare, rende l'idea di quel che dico.
Capita per caso che Edwin e Robert prendano lo stesso treno a Jersey City, sulla banchina c'è un sacco di gente che spinge, il treno parte e Robert sta per essere travolto. Edwin lo afferra per il bavero e lo salva. Non c'è stato modo di fare presentazioni, e solo alcuni mesi dopo la lettera di un generale suo amico lo informa che il giovane che ha salvato è il figlio del presidente Lincoln.
Quando il fratello John Wilkes assassina Abramo Lincoln, ad Edwin torna in mente la lettera, e gli sembra orribile che un Booth abbia salvato un Lincoln mentre un altro Booth ha ucciso.
Travolto dal dolore si ritira dalle scene, tornerà a vestire i panni di Amleto soltanto dopo parecchi mesi, accolto dall'affetto del suo pubblico.
Il New York Times scrive
when Booth appeared on stage during Act 1, Scene 2, the applause extended from the parquet to the dome. There was not a solitary dissentient voice to the manly welcome which every decent person knew ought to be extended to him. The New York World concurred, reporting that when Booth appeared on stage, The men stamped, clapped their hands, and hurrahed continuously; the ladies rose in their seats and waved a thousand handkerchiefs; and for a full five minutes a scene of wild excitement forbade the progress of the play.
Una doverosa precisazione: io in questo superblindato Gramercy Park non ci ho messo neanche la punta di un piede, le foto sono state fatte tutte scannucciando dalla cancellata.

giovedì 13 agosto 2009

una cascata di diamanti






Secondo Marilyn i diamanti sono i migliori amici delle ragazze e James Bond ci informa che i diamanti non passano mai di moda. Meno male, è una bella cosa avere delle certezze.
Ma non è sufficiente, spiego meglio: uno si ricorda che quel giorno non ha ancora comprato il solito mezzo chilo di brillanti. Può succedere, no? Cosa può fare, se non sa dove andare è facile che entri a caso nel primo negozio che capita ma avrà sempre il dubbio che la roba non sia di buona qualità o i prezzi siano un tantino alti. Se vi trovate a Manhattan questo pericolo non esiste. Andate pure da Tiffany sulla V Ave per sgurarvi la vista, fateci una passeggiata per far finta di essere come Audrey Hepburn, ma per i vostri acquisti correte nel Diamond Row .
Se per ragioni contingenti non ce la fate ad andare di persona, anche questo può succedere, datevi almeno la briga di aprire il link e guardate la mappa sulla destra: provate a contare quante gioiellerie si concentrano in quelle poche centinaia di metri. Secondo me non ci riuscirete mai. Non è umanamente possibile.





















Post Scriptum. Se l'acquisto di quella mezza chilata di diamanti non rientra nel vostro budget, può succedere anche questo, alla fine della strada c'è una bancarella. Bigioie assortite a prezzo fisso: cinque dollari. Ce ne sono di bellissime


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