lunedì 17 agosto 2009

Gramercy Park

Gramercy Park, o come lo chiamavano gli Olandesi una volta Piccolo Pantano (ma da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia) , è un gradevolissimo parco tra la 20 e la 21 Str. non troppo distante da Union Square. Curatissimo fin nel più piccolo filo d'erba, è uno dei due soli parchi privati di tutta Manhattan.
I pochi fortunati che vi possono accedere sono gli abitanti della piazza, tutta gente del calibro dei Kennedy o dei Roosvelt, per capirci, e gli ospiti dell'Hotel omonimo.
Dopo esser stati vagliati e accettati dalla commissione, si paga una cifra considerevole e si ottiene in cambio la chiave d'ingresso, che viene cambiata ogni anno.
Alla gente comune veniva magnanimamente permesso di varcarne i cancelli un giorno su trecentosessantacinque, nel Gramercy Day la cui data cambiava ogni anno ma solitamente era il primo sabato di maggio. Nel 2007 la commissione decise che poteva bastare così, e da allora la tradizione è stata abbandonata anche se pare che sia ancora in piedi l'abitudine di lasciar cantare nel parco le carole natalizie. Agli abitanti piace.
Dato che come abbiamo visto è proprietà più che privata, il parco non viene concesso per riprese cinematografiche ma di sguincio compare in parecchi film. Ovviamente io adesso ricordo soltanto Misterioso Omicidio a Manhattan, in cui Diane Keaton e Alan Alda ne parlano durante una degustazione di vini, ma sono sicura che ce ne sono molti altri.
Al centro del parco c'è la statua di uno dei fortunati che nel parco ci potevano andare senza guardare il calendario: Edwin Booth, uno dei più famosi attori Shakespeariani dell'ottocento, che infatti è rappresentato nelle vesti di Amleto. Booth abitava al numero 16 in una residenza che nel 1887 aveva fatto trasformare dall'architetto Stanford White, anche lui residente nella piazza, in un club privato, The Players' Club, destinato ad attori e a gente di spettacolo che all'epoca non erano bene accetti in società. Attori, e non attrici. Era un club per soli uomini e le donne dovettero aspettare fino al 1989 per esservi ammesse. A quel punto non so come si siano regolate le signore attrici, ma io di certo non ci sarei andata nemmeno dipinta.
Ma torniamo ad Edwin Booth, c'è una storia curiosa che vale la pena di raccontare. Robert Todd Lincoln era il primogenito del presidente Abramo Lincoln, studiava ad Harvard e nel 1865 era entrato a far parte dello staff del generale Grant. Edwin Booth era un famoso attore e aveva un fratello, John Wilkes. I due non andavano d'accordo, Edwin, unionista, sosteneva Lincoln mentre John era un fanatico secessionista.
Una volta Edwin a proposito di questo ebbe a scrivere: nei riguardi della secessione è un vero pazzo e chiunque lo conosca non può dubitarne, quando ha saputo che avevo votato per Lincoln ha dichiarato che vuol diventare il re d'America e questo, mi pare, rende l'idea di quel che dico.
Capita per caso che Edwin e Robert prendano lo stesso treno a Jersey City, sulla banchina c'è un sacco di gente che spinge, il treno parte e Robert sta per essere travolto. Edwin lo afferra per il bavero e lo salva. Non c'è stato modo di fare presentazioni, e solo alcuni mesi dopo la lettera di un generale suo amico lo informa che il giovane che ha salvato è il figlio del presidente Lincoln.
Quando il fratello John Wilkes assassina Abramo Lincoln, ad Edwin torna in mente la lettera, e gli sembra orribile che un Booth abbia salvato un Lincoln mentre un altro Booth ha ucciso.
Travolto dal dolore si ritira dalle scene, tornerà a vestire i panni di Amleto soltanto dopo parecchi mesi, accolto dall'affetto del suo pubblico.
Il New York Times scrive
when Booth appeared on stage during Act 1, Scene 2, the applause extended from the parquet to the dome. There was not a solitary dissentient voice to the manly welcome which every decent person knew ought to be extended to him. The New York World concurred, reporting that when Booth appeared on stage, The men stamped, clapped their hands, and hurrahed continuously; the ladies rose in their seats and waved a thousand handkerchiefs; and for a full five minutes a scene of wild excitement forbade the progress of the play.
Una doverosa precisazione: io in questo superblindato Gramercy Park non ci ho messo neanche la punta di un piede, le foto sono state fatte tutte scannucciando dalla cancellata.

6 commenti:

Rita e MImmo ha detto...

Interessantissimo post, mi hai fatto conoscere un angolo nascosto di New Jork e non solo un luogo fisico. Vedo che ti interessano particolarmente i giardini, è forse la tua specializzazione come architetto? A me piacerebbe tanto fotografarne, ma mi manca la materia prima per esercitarmi, ho una gran passione per il verde in genere, forse più per quello naturale, sarà perché è quello che ho più frequentato.

nishanga ha detto...

Ma quante belle storie!!

dede leoncedis ha detto...

Mimmo, non sono specializzata in giardini anzi, se dovessi progettarne uno non saprei da dove cominciare. mi piacciono i luoghi, questo si, soprattutto se si portano appresso una storia da raccontare.
Nish, mi fai sentire madama Dorè

Anonimo ha detto...

sulla storia dei Booth fu girato un film, se ben ricordo. con Richard Burton ad interpretare Edwin e John Dereck (più famoso per le mogli che per le sue doti)come John. chiedo venia se sto sbagliando
mp

dede leoncedis ha detto...

Questa è una lacuna che devo colmare, Anonimo mp. Grazie dell'informazione e grazie della visita

Gracie ha detto...

Mi ricorda tanto tutti i giardini privati di Londra.....grazie per questo pezzo di storia.

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