Autumn in New York
Why does it seem so inviting
Autumn in New York
It spells the thrill of first-nighting
glittering crowds and shimmering clouds
In canyons of steel
They're making me feel - I'm home
It's autumn in New York
That brings the promise of new love
Autumn in New York
Is often mingled with pain
Dreamers with empty hands
They sigh for exotic lands
It's autumn in New York
It's good to live it again
Autumn in New York
The gleaming rooftops at sundown
Oh, Autumn in New York
It lifts you up when you run down
Yes, jaded rou‚s and gay divorc‚es
Who lunch at the Ritz
Will tell you that it's divine
This autumn in New York
Transforms the slums into Mayfair
Oh, Autumn in New York
You'll need no castles in Spain
Yes, Lovers that bless the dark
On the benches in Central Park
Greet autumn in New York
It's good to live it again
Autumn in New York
That brings the promise of new love
Autumn in New York
Is often mingled with pain
Dreamers with empty hands
They sigh for exotic lands
It's autumn in New York
It's good to live it again
venerdì 28 novembre 2008
giovedì 27 novembre 2008
mercoledì 26 novembre 2008
Arcosanti
Sabato mattina ero in macchina e ascoltavo la radio. Un tale, avvocato poco più che trentenne, raccontava di aver piantato baracca e burattini a Milano per rincorrere, tra Phoenix e Flagstaff in Arizona, l'utopia di un architetto di quasi novant'anni.
Era un bel po' che non ne sentivo parlare, eppure di Paolo Soleri nei nostri anni giovanili eravamo stati tutti un po' infatuati.
Architetto torinese, Soleri alla fine degli anni quaranta si tasferisce negli Usa per lavorare a Taliesin West con Frank Lloyd Wright. Non va d'accordo col maestro, e dopo un paio d'anni molla tutto e torna in Italia.
Progetta e costruisce una fabbrica di ceramiche che ancora funziona e che gli servirà per approfondire la tecnica della ceramica, ma l'esperienza non è felice e a metà degli anni cinquanta torna definitivamente negli Stati Uniti. Inventa l'arcologia, disciplina un po' visionaria che si propone di fondere architettura ed ecologia, e intorno ai primi anni sessanta costruisce Cosanti, una specie di scuola- cantiere. Di lì a poco approderà alla realizzazione del suo capolavoro, Arcosanti , un microcosmo a metà tra il villaggio e la comune che sarà il suo vero e proprio Laboratorio Urbano, il posto in cui sperimenterà e cercherà di mettere in pratica un modo di vivere in sintonia con l'ambiente e rispettoso della natura, in cui l'attenzione verso risparmio energetico e ottimizzazione del tempo possano garantire una migliore qualità della vita, e non soltanto dal punto di vista architettonico.
Naturalmente per mettere in piedi e mantenere in vita un sogno del genere non bastano le buone intenzioni, ci vogliono anche molti soldi, e per procurarli Soleri impianta ad Arcosanti una fabbrica di campane che produce esemplari in ceramica ed in bronzo. Pare riscuotano un discreto successo, visto che sono ancora oggi la fonte principale di finanziamento di tutta la struttura.
Noi siamo passati per Arcosanti alla fine degli anni ottanta, ma soltanto come turisti.
A ricordo di quella visita ci sono rimaste due diapositive: seguendo il racconto delle guide ci eravamo dimenticati di fotografare.
Sabato sull'onda della riscoperta, le ho tirate fuori dal cassetto e passandole allo scanner mi dicevo che probabilmente oggi sarà talmente cambiata da essere irriconoscibile.
E chi lo sa, forse invece no.
venerdì 21 novembre 2008
Meatpacking District
Un po' a nord del West Village, dalle parti della 14 street e della 9 Avenue, c'è il Meatpacking District, il quartiere dei vecchi mattatoi che è diventato da qualche annetto un posto alla moda che più alla moda non si può.
Inutile dire che di mattatoi non è rimasta nemmeno l'ombra e al loro posto invece è spuntata una selva incredibile di localini che però per civetteria continuano a mantenere le vecchie insegne.
Insomma, se nel quartiere transita ancora per caso qualche macellaio, possiamo stare certi che non è qui per tagliare bistecche.
Ci sono molti piccoli ristoranti dall'aspetto familiare che non hanno l'aria di locali chic
eppure mi dicono sia attualmente il quartiere preferito da modelle e stilisti, e pare che di pari passo con il loro arrivo il costo degli appartamenti sia salito in maniera esponenziale.
Non avendo grande dimestichezza con le agenzie immobiliari questa è un'informazione che non sono in grado di confermare, però la credo molto verosimile, a giudicare almeno dai cartellini dei prezzi esibiti nelle vetrine.
Assodato che mai ci potremo permettere di vivere da queste parti, alla nostra portata resta comunque l'aperitivo dalla terrazza sul tetto di un hotel.
Il panorama non è proprio niente male e fa passare in secondo piano perfino gli orribili bicchieri in plastica in cui un cameriere malmostoso serve il brut.
giovedì 20 novembre 2008
L'Arredamento Mobile
L'Arredamento mobile, una pubblicazione del 1977 che somiglia più a un fumetto che non ad un libro vero, è invece un'opera dagli intenti più che seri di James Hennessey e Victor Papanek, due professori di design.
Parlare di design oggi può far venire l'orticaria tanto se ne è detto a sproposito. Il design industriale, per definizione, studia la maniera migliore, più razionale e più economica di produrre oggetti di uso comune destinati ad una diffusione la più larga possibile.
In parole povere, cerca di ottenere il massimo con il minimo dello sforzo. E della spesa.
Esattamente il contrario di ciò che è successo negli ultimi decenni, durante i quali l'oggetto di design è diventato uno status symbol per happy few, lussuoso, costoso, bello (e su cosa intendiamo per bello ce ne sarebbero di cose da dire) e chi se ne frega che sia anche razionale, basta che tutti possano capire alla prima occhiata quanto è stato pagato, perchè è questa l'unica ragione per cui lo si è comprato.
In realtà nel libro i due professori non si occupano di design e non insegnano a fabbricarsi da sè un frullatore o una radio, ma molto più terra terra danno una miniera di indicazioni per costruirsi, questi sì da soli e senza bisogno di grandi attrezzature e grandi capacità manuali, una casa confortevole, pensata sulle proprie esigenze, senza spendere un capitale e per di più nel pieno rispetto dell'ambiente. Materiali riciclabili per suppellettili economiche, da buttare via all'occorrenza senza rimorso e senza danni per vivere la propria casa in maniera meno legata alle apparenze e un pochino più consapevole.
L'uovo di colombo, per dirla in breve, e difatti era troppo semplice, troppo logico e troppo alla portata di tutti perchè fosse preso sul serio e le cose hanno preso tutta un'altra piega.
E' un vero peccato che siano rimasti in pochi a farsi i mobili da soli, è un esercizio altamente utile per il miglioramento della propria autostima oltre che molto ma molto ma molto salutare per le finanze
lunedì 17 novembre 2008
Solomon Guggenheim Museum
Il Solomon Guggenheim Museum, progettato da quel mostro dell’architettura che era Frank Lloyd Wright, che tutto il mondo conosce anche per questa casetta,
si trova sulla Fifth Ave, al numero 1071, in un’area denominata Museum Mile per la incredibile concentrazione di luoghi deputati all’arte.
Portato a termine proprio nel 1959, l’anno della morte dell’architetto, è di sicuro un altro dei luoghi che nessun turista che passi per New York si sognerebbe di tralasciare.
Assolutamente originale e universalmente conosciuto, credo che chiunque abbia presente la sua sagoma curva di un bianco abbacinante, però vederlo dal vero è tutta un’altra cosa, ci si rende conto di non essere davanti ad un prodotto di moda ultra osannato ma destinato prima o poi ad andare nel dimenticatoio. Il Solomon Guggenheim di New York è un capolavoro dell’architettura, punto e basta.
Dentro, una unica grande spirale
percorre l’edificio dal piano terra
fino a quasi toccare la cupola,
e c’è in questo interno un tale rigore, una tale mancanza di orpelli che lascia attoniti. Essenziale, non una sbavatura, non un particolare di troppo, e una incredibile luce naturale che piove dalla cupola.
Bruno Zevi scrive: alla cattedrale dell'arte, Wright oppone una passeggiata nell'arte, una strada affine ad un super-garage, che prolunga quella della città ravvolgendosi in una spirale aperta per ricongiungersi poi al contesto urbano.
E’ stato per parecchio tempo in restauro, e solo da poco sono stati rimossi steccati e transenne. Ora finalmente è di nuovo completamente visibile. E visitabile.
Una curiosità: c'è stata una sostituzione (controllate bene le foto PRIMA e DOPO) , chi sa se l'architetto avrebbe approvato.
Io vi faccio vedere foto fatte prima del restauro e dopo il restauro, vediamo se indovinate
venerdì 14 novembre 2008
A proposito di ponti
Ho sentito al tiggi2 che il sindaco neo eletto di Gerusalemme ha detto che il nuovo ponte di Santiago Calatrava, ormai in avanzata fase di finizione, non gli piace e anzi sta pensando di farlo demolire. E' un discorso che ho già sentito.
Ma ragioniamo: Calatrava è uno degli architetti più famosi al mondo, la sua opera può piacere o non piacere e su questo io non voglio assolutamente mettere il becco, però è mai possibile che esista ancora qualcuno che non conosce i suoi lavori e che cade dalle nuvole quando li vede realizzati?
Un ponte non nasce mica in quattro e quattr'otto: bisogna preparare un progetto, il quale deve prima essere stato commissionato all'architetto da un qualcuno, e poi questo progetto deve essere approvato da un altro qualcuno, e poi si devono trovare i soldi per costruirlo, e ce ne vogliono tanti ma proprio tanti, e per fare tutto questo occorre un bel po' di tempo durante il quale, se ho capito bene, nessuno ha avuto niente da obiettare.
E adesso arriva un sindaco fresco fresco, dopo tanto tempo e tanti soldi pubblici spesi, a proporre di buttare tutto nell'immondizia. Ma signor Sindaco di Gerusalemme, mi dica, dove è vissuto fino a oggi?
Glielo chiedo perchè vorrei capire, visto che anche qui da noi capita uguale uguale.
Sopra: Calatrava a Lisbona
Il ponte di Venezia, in fase di costruzione
E questo è il ponte a Hoofddorpf in Olanda
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