giovedì 23 ottobre 2008

Giambattista Vico e la grappa di pere

Il signor Giambattista Vico egli è nato in Napoli l'anno 1670 da onesti parenti, i quali lasciarono assai buona fama di sé. Il padre fu di umore allegro, la madre di tempra assai malinconica; e così entrambi concorsero alla naturalezza di questo lor figliuolo. Imperciocché, fanciullo, egli fu spiritosissimo e impaziente di riposo; ma in età di sette anni, essendo col capo in giù piombato da alto fuori d'una scala nel piano, onde rimase ben cinque ore senza moto e privo di senso, e fiaccatagli la parte destra del cranio senza rompersi la cotenna, quindi dalla frattura cagionatogli uno sformato tumore, per gli cui molti e profondi tagli il fanciullo si dissanguò; talché il cerusico, osservato rotto il cranio e considerando il lungo sfinimento, ne fe' tal presagio: che egli o ne morrebbe o arebbe sopravvivuto stolido. Però il giudizio in niuna delle due parti, la Dio mercé, si avverò; ma dal guarito malore provenne che indi in poi e' crescesse di una natura malinconica ed acre, qual dee essere degli uomini ingegnosi e profondi, che per l'ingegno balenino in acutezze, per la riflessione non si dilettino dell'arguzie e del falso. ".... Sappiamo molto di lui perché si raccontò in un' Autobiografia in terza persona, scritta col suo solito linguaggio bislacco, ma non senza maestà. Tacque solo delle cose meno degne d'un grande, i mediocri successi, l'incomprensione per le sue scoperte, la povertà che lo afflisse, per quanto professore della Regia Università di Napoli: ma lo stipendio era scarso e aveva otto figli, uno dei quali un vero scavezzacollo, e una moglie analfabeta così inetta che il filosofo doveva supplirla nelle sue competenze donnesche. Arrotondava con lezioni private. In compenso, nell’Autobiografia, si tolse due anni. ..." Non è farina del mio sacco, l'ho letto qui. Di Giambattista Vico, filosofo e autore di opere ponderosissime che hanno letto in pochi (e io non sono tra quei pochi), io ricordavo a malapena la teoria dei corsi e ricorsi storici, secondo la quale la storia, pur nel cambiamento delle situazioni e dei comportamenti, si ripropone ciclicamente sempre uguale a se stessa. Vico dunque ci dice che ciò che ci appare nuovo sarebbe in realtà soltanto la faccia appena un po' modificata di qualcosa che già si era manifestato nel passato. Historia se repetit: la storia si ripete, e proprio le analogie con il passato sarebbero la chiave che ci permette di comprendere il presente. Deve essere davvero così, corsi e ricorsi, il passato ritorna, sempre uguale eppure sempre diverso. Oddio, se sia poi veramente così diverso non saprei, anzi potrei affermare di nutrire fondati dubbi. Un esempio a caso: la grappa di pere. Quando mi sono sposata era un must, non c'era casa sprovvista di regolamentare bottiglia, che ad ogni dopo cena con amici veniva portata in tavola a svolgere il compito di ammazzacaffè. Bella consuetudine, a pensarci bene, che comprendeva ricchi e poveri, vecchi e giovani, vorrei quasi dire anche astemi e beoni. Tutti uguali di fronte al cicchettino di grappa di pere. Una certa responsabilità sospetto fosse dovuta alle cassette natalizie di cui all'epoca venivano omaggiati tutti tutti, anche i più umili impiegatini e i giovani apprendisti, e in cui la grappa di pere era di sicuro il pezzo forte. Non saprei dire quanto sia durata la moda, probabilmente fino a che è durato il giro delle cassette omaggio, o forse si è innestata nel meccanismo una reazione da iperdosaggio, fatto sta che l'entusiasmo iniziale nei confronti della grappa di pere è diventato via via sempre meno caloroso, fino all'inevitabile oblio. Ma, e qui ecco entrare in campo il buon Giambattista, da un po' di tempo a questa parte, assisto ad un fenomeno curioso. Tenuta timidamente tra le mani dell'ospite invitato lì per lì ad una cena estemporanea, oppure offerta in alternativa al nocino della zia Concettina, la grappa di pere sta ritornando. Nel giro di poco ne ho ricevute anche io due bottiglie in regalo. Confezione perfettamente integra, ma come un baffo di polvere sul tappo, e una lieve impronta digitale su un'etichetta mi hanno fatto sorgere un dubbio: si tratterà dell'ultima novità in fatto di distillati, o siamo di fronte a puro antiquariato?.

5 commenti:

artemisia comina ha detto...

la storia di giambattista mi ha preso...non ne sapevo nulla della testa spaccata, della moglie inetta, delle faccende domestiche, del povero stipendio...da sempre provare a fare l'intellettuale in Italia è una iattura.

papavero di campo ha detto...

dimmi Dede tu che l'hai frequentata da tanto, com'è 'sta grappa di pere? sono prevenuta per le grappe, non mi piace l'odor di vinaccia, ma con la vicinanza della dolce pera forse è un'altra cosa? cioè si sente il gusto della pera oppure è ineluttabilmente grappa alcoooolica!!

dede leoncedis ha detto...

Solo in Italia, Artemisia? il povero Mozart forse non sarebbe d'accordo.

Papavero non ti sarò d'aiuto: amo il vino ma detesto i superalcolici, ma queste insospettabili giacenze tornate alla luce dopo tanti anni mi fanno ragionevolmente sospettare che la grappa di pere non sia una gran meraviglia.

artemisia comina ha detto...

carissima, alcune contingenze mi portavano a privilegiare la nostra amata patria :)

dede leoncedis ha detto...

Ahi, Artemisia, che tasto dolente

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