giovedì 30 ottobre 2008
New York Basic - Times Square e il distretto dei teatri
New York Basic: i luoghi in cui qualsiasi visitatore deve mettere piede almeno una volta, anche se la sua gita nella Grande Mela dura lo spazio di un pomeriggio.
La definizione non è mia ma di Elizabeth, e lei a New York ci abita da un pezzo.
E visto che, dopo aver rincorso gli aspetti meno consueti di questa incredibile città, mi sono resa conto che della New York Basic ancora non avevo parlato granchè, ecco a voi Times Square e la zona dei teatri, come li ha visti l'occhio della mia piccola insostituibile digitalina tascabile.
In realtà Times Square non è una piazza ma semplicemente l'intersezione tra la Seventh Avenue, che è lunga e diritta come le sue colleghe Quinta Sesta eccetera, e Broadway, che invece è l'unica grande arteria che taglia Manhattan in diagonale.
Deve il suo nome al celebre quotidiano, che nel 1904 aveva proprio qui la sua sede.
Questo è il posto migliore per fare incetta di souvenir: magazzini negozietti e bancarelle mettono in mostra ogni genere di gadget con la mela, purtroppo la maggior parte è ciarpame di cattivo gusto, ma è possibile trovare anche bellissime (e costosissime) riproduzioni in metallo dell'Empire State Building con incorporato King Kong in arrampicata libera.
Zona trafficatissima di giorno e di notte, è costantemente avviluppata da un rumore di sottofondo indistinto in cui si mescolano voci passi clacson motori e sirene, tanto che è praticamente impossibile scambiare parola con nessuno. O meglio: i turisti non riescono a scambiare parola e comunicano a gesti, mentre i newyorkesi conversano normalmente, e sembrano addirittura capirsi. Un'altra conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che i newyorkesi sono una razza a parte.
..... E' solo un tratto di pochi isolati da Times Square alla 50th street e quando si dice Broadway si dice tutto; in realtà non è nulla, è solo un pollaio e per di più pidocchioso, ma alle sette di sera, quando tutti si affrettano per trovare un tavolo, c'è una specie di elettricità nell'aria, i capelli ti si drizzano come antenne e..... (Henry Miller, Tropico del Capricorno)
Il District Theatre dà il meglio quando è buio e i mille e mille neon che illuminano strade e facciate dei palazzi arrivano a stordire, e con la pioggia sembra proprio di camminare dentro ad un enorme caleidoscopio rutilante.
Nel giro di poche centinaia di metri qui vanno in scena ogni sera decine e decine di spettacoli, e parecchi sono quelli che restano in cartellone per decenni.
tra questa foto
e questa, passa la bellezza di un ventennio,
Venti lunghissimi anni durante i quali Chorus Line è andato in scena sera dopo sera
I-N-I-N-T-E-R-R-O-T-T-A-M-E-N-T-E.
Luoghi comuni
Uno dei luoghi comuni che mi fanno imbestialire di più è quello che dipinge i torinesi come gente grigia noiosa e prevedibile.
Lo ammetto, un po' austeri lo siamo, ma qualche sano guizzo di fantasia lo sappiamo tirar fuori dal cilindro anche noi, che diamine.
Anche le nostre madonnine con bambinello fiori e lumini non sono così tanto prevedibili, visto che non si formalizzano e accettano senza tante storie di fare la guardia ad un ristorante di kebab.
lunedì 27 ottobre 2008
Siamo tutti Saviano
Sabato alla fnac come in tantissimi altri punti della città c'è stata una lettura pubblica di Gomorra per manifestare solidarietà a Roberto Saviano.
Parlare in pubblico mi era sempre sembrato impossibile, e in effetti non è stato semplice: le mani tremavano e la voce si è incrinata più di una volta, ma sono arrivata in fondo. Contenta di averlo fatto
Parlare in pubblico mi era sempre sembrato impossibile, e in effetti non è stato semplice: le mani tremavano e la voce si è incrinata più di una volta, ma sono arrivata in fondo. Contenta di averlo fatto
venerdì 24 ottobre 2008
Stamattina
A pochi chilometri da Torino, vicinissimo alla Reggia di Venaria, c'è il Parco della Mandria, una tenuta che ospitava gli allevamenti di cavalli e la selvaggina per le partite di caccia di casa Savoia fin dai tempi di Emanuele Filiberto.
Diventerà una residenza reale vera e propria quando Vittorio Emanuele farà adattare parte delle scuderie a suo appartamento privato per viverci con Rosa Vercellana, la Bela Rosin sposata con rito morganatico.
Dal 1978 La Mandria è un parco regionale protetto in cui vivono in piena libertà cervi cinghiali e ogni specie di selvaggina, ma è molto difficile che escano durante la giornata. Anche se non circolano le auto, per gli animali ci sono sempre troppi visitatori, troppe scolaresche, troppi joggers e troppi pic nic. Per vederli allo scoperto bisogna prenotarsi per una delle visite notturne organizzate. Gruppi di sei otto persone su un pullmino a velocità moderatissima, divieto di flash (e ci mancherebbe) e il guardiaparco vi accompagna in un percorso solitamente precluso ai visitatori. Man mano che si avanza si cominciano a scorgere gli animali: prima uno, poi un altro, e poi l'occhio si abitua al buio e ci si accorge che gli animali sono a pochi passi, tantissimi, e non mostrano nessuna paura. Sono a casa loro, e vederli così tranquilli è un'emozione grande.
Può sempre capitare però di trovarsi per lavoro nel parco la mattina presto, quando la nebbiolina non si è ancora levata e il sole non ha ancora cominciato a scaldare, e se si è davvero molto fortunati, può anche capitare di incontrare una famiglia di cervi.
giovedì 23 ottobre 2008
Giambattista Vico e la grappa di pere
Il signor Giambattista Vico egli è nato in Napoli l'anno 1670 da onesti parenti, i quali lasciarono assai buona fama di sé. Il padre fu di umore allegro, la madre di tempra assai malinconica; e così entrambi concorsero alla naturalezza di questo lor figliuolo. Imperciocché, fanciullo, egli fu spiritosissimo e impaziente di riposo; ma in età di sette anni, essendo col capo in giù piombato da alto fuori d'una scala nel piano, onde rimase ben cinque ore senza moto e privo di senso, e fiaccatagli la parte destra del cranio senza rompersi la cotenna, quindi dalla frattura cagionatogli uno sformato tumore, per gli cui molti e profondi tagli il fanciullo si dissanguò; talché il cerusico, osservato rotto il cranio e considerando il lungo sfinimento, ne fe' tal presagio: che egli o ne morrebbe o arebbe sopravvivuto stolido. Però il giudizio in niuna delle due parti, la Dio mercé, si avverò; ma dal guarito malore provenne che indi in poi e' crescesse di una natura malinconica ed acre, qual dee essere degli uomini ingegnosi e profondi, che per l'ingegno balenino in acutezze, per la riflessione non si dilettino dell'arguzie e del falso.
".... Sappiamo molto di lui perché si raccontò in un' Autobiografia in terza persona, scritta col suo solito linguaggio bislacco, ma non senza maestà. Tacque solo delle cose meno degne d'un grande, i mediocri successi, l'incomprensione per le sue scoperte, la povertà che lo afflisse, per quanto professore della Regia Università di Napoli: ma lo stipendio era scarso e aveva otto figli, uno dei quali un vero scavezzacollo, e una moglie analfabeta così inetta che il filosofo doveva supplirla nelle sue competenze donnesche. Arrotondava con lezioni private. In compenso, nell’Autobiografia, si tolse due anni. ..."
Non è farina del mio sacco, l'ho letto qui.
Di Giambattista Vico, filosofo e autore di opere ponderosissime che hanno letto in pochi (e io non sono tra quei pochi), io ricordavo a malapena la teoria dei corsi e ricorsi storici, secondo la quale la storia, pur nel cambiamento delle situazioni e dei comportamenti, si ripropone ciclicamente sempre uguale a se stessa.
Vico dunque ci dice che ciò che ci appare nuovo sarebbe in realtà soltanto la faccia appena un po' modificata di qualcosa che già si era manifestato nel passato. Historia se repetit: la storia si ripete, e proprio le analogie con il passato sarebbero la chiave che ci permette di comprendere il presente.
Deve essere davvero così, corsi e ricorsi, il passato ritorna, sempre uguale eppure sempre diverso.
Oddio, se sia poi veramente così diverso non saprei, anzi potrei affermare di nutrire fondati dubbi.
Un esempio a caso: la grappa di pere.
Quando mi sono sposata era un must, non c'era casa sprovvista di regolamentare bottiglia, che ad ogni dopo cena con amici veniva portata in tavola a svolgere il compito di ammazzacaffè.
Bella consuetudine, a pensarci bene, che comprendeva ricchi e poveri, vecchi e giovani, vorrei quasi dire anche astemi e beoni. Tutti uguali di fronte al cicchettino di grappa di pere.
Una certa responsabilità sospetto fosse dovuta alle cassette natalizie di cui all'epoca venivano omaggiati tutti tutti, anche i più umili impiegatini e i giovani apprendisti, e in cui la grappa di pere era di sicuro il pezzo forte.
Non saprei dire quanto sia durata la moda, probabilmente fino a che è durato il giro delle cassette omaggio, o forse si è innestata nel meccanismo una reazione da iperdosaggio, fatto sta che l'entusiasmo iniziale nei confronti della grappa di pere è diventato via via sempre meno caloroso, fino all'inevitabile oblio.
Ma, e qui ecco entrare in campo il buon Giambattista, da un po' di tempo a questa parte, assisto ad un fenomeno curioso.
Tenuta timidamente tra le mani dell'ospite invitato lì per lì ad una cena estemporanea, oppure offerta in alternativa al nocino della zia Concettina, la grappa di pere sta ritornando.
Nel giro di poco ne ho ricevute anche io due bottiglie in regalo.
Confezione perfettamente integra, ma come un baffo di polvere sul tappo, e una lieve impronta digitale su un'etichetta mi hanno fatto sorgere un dubbio: si tratterà dell'ultima novità in fatto di distillati, o siamo di fronte a puro antiquariato?.
lunedì 20 ottobre 2008
Uno sguardo dal PONTE
Inaugurato nel 1883, è stato per una ventina d'anni il più grande ponte sospeso del mondo.
Ora il primato è ampiamente superato, ma il ponte di Brooklyn resta indubitabilmente una tra le più famose costruzioni che l'uomo abbia mai realizzato.
Non è stato un cantiere semplice, col progettista morto di cancrena tre settimane dopo essersi ferito mentre prendeva misure, e suo figlio paralizzato per un grave incidente in una gabbia subacquea durante una ispezione, più una ventina di operai morti nel corso della costruzione, fino a un altro grave incidente che pochi giorni dopo l'inaugurazione causò la morte di una dozzina di visitatori.
Ciononostante, è molto amato, molto ammirato e molto frequentato.
La passeggiata è lunga solo poco più di un chilometro, non andateci in taxi perchè vi perdereste un panorama che non potreste vedere altrimenti, un colpo d'occhio incredibile tra i grattacieli del Financial District
e la Statua della Libertà sullo sfondo
mentre sotto i vostri piedi sentite il ponte vibrare per le migliaia di auto che sfrecciano una dopo l'altra una dopo l'altra una dopo l'altra.
e quando sarete arrivati dall'altra parte, cercate una panchina su cui sedervi prima di fermarvi ad ammirare, perchè il panorama vi farà tremare le ginocchia. Non scherzo.
giovedì 16 ottobre 2008
Duke
All'uscita di Central Park, sul lato nord orientale verso il limitare di Harlem, c'è un monumento.
Non credo siano in tanti a conoscerlo, non ci sono indicazioni per arrivarci e io l'ho dovuto cercare chiedendo in giro per un bel po' prima di trovare per puro caso un appassionato di musica che mi ha dato la dritta giusta.
Il Duke Ellington Memorial.
In poche parole, è fatto così: le nove muse, raggruppate a tre per volta e ciascuna in piedi su una colonna, sorreggono una piattaforma leggermente disassata sulla quale il maestro sta in piedi accanto al pianoforte.
Eretto nel 1997, a me non è sembrato un grande capolavoro.
Sembra che l'artista abbia fatto una lunga gavetta nei laboratori di madame Tousseaud: Ellington infatti ha il medesimo sguardo vuoto e il medesimo aspetto anonimo di una qualsiasi delle statue del museo delle cere, quelle che con qualche modesto aggiustamento di abito vengono buone per rappresentare di volta in volta John Lennon o il principe Filippo o chissachì .
E le muse inalberano un'espressione a metà tra il seccato e l'assente. Ma loro in fondo le capisco, poveracce. Provate un po' voi a stare immobili e nudi giorno e notte estate e inverno al caldo e al freddo, costretti per di più a reggere sui gomiti un pianoforte a coda.
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