Quello che più colpisce avvicinandosi alla medina di Marrakech è l'incredibile colore delle sue mura, un caldo rosa dovuto alla terra argillosa di cui sono fatte.
Si chiama pisé, ed è una antica tecnica costruttiva che ai giorni nostri non è del tutto tramontata e anzi, sta suscitando nuovo interesse in materia di costruzioni ecosostenibili. Principalmente però viene adottata nei paesi in via di sviluppo perché consente di costruire murature portanti con poca spesa e poco dispendio di acqua, e si realizza, detto in parole molto molto povere, semplicemente compattando la terra umida dentro una casseratura in legno che poi viene rimossa e può essere perciò riutilizzata.
Ma torniamo a Marrakech e alle sue mura nelle quali non so quante migliaia di uccelli hanno eletto domicilio.
La loro costruzione inizia nel 1062, quando la tribù degli Almoravidi stabilisce il suo accampamento nell'oasi che sta tra il deserto e l'Atlantico, dove le carovane transahariane si fermano a rifornirsi delle acque dell'Ourika. La lochescion è talmente perfetta che viene molto ambita anche dalle tribù vicine, e il sultano Youssef ben-Tachfine allora, per proteggere da incursioni e scorrerie la città che sta nascendo, ordina di costruire la bellezza di diciannove chilometri di mura, irrobustite da più di duecento bastioni e con nove porte di accesso, che dopo circa dieci secoli di onorato servizio resistono ancora oggi molto nobilmente al loro posto.
1 commento:
certo che è bella bella questa città!
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