Tra il 1909 e il 1910 Matisse aveva lavorato intorno al tema della danza dipingendo due versioni molto simili di uno stesso quadro, "La danse". Entrambe le versioni hanno dimensioni notevoli, circa due metri e mezzo per quattro, la prima oggi si trova al MoMa di New York
mentre la seconda è custodita all'Ermitage di San Pietroburgo, dopo esser stata confiscata al collezionista Sergei Schuckin durante la rivoluzione di ottobre.
Bastano tre colori appena per inventare uno spazio irreale e privo di connotazioni naturalistiche in cui le cinque figure, delineate con poche pennellate nere, sembrano muoversi galleggiando.
Sono lavori di un'astrattezza assai notevole ma anni dopo, per un'opera commissionatagli da un collezionista americano e ora conservata al Palais de Tokio di Parigi,
Nel lavoro dell'anno successivo però l'astrattezza si accentua ancora di più. Nel dipinto non ci sono ombre, non c'è la terza dimensione, non c'è lo spazio, soltanto macchie di colore. I corpi non sono altro che macchie di colore, eppure quelle macchie danzano, indubitabilmente. E succede una cosa sorprendente, come quando si accende una lampadina nel cervello e tutto diventa finalmente chiaro. Capisci che quella che stai guardando non è una scena di danza, Matisse in realtà ha tradotto con colori e pennelli il concetto filosofico di danza.
Quello che ad uno sguardo distratto poteva apparire come una mera semplificazione è in realtà il punto di arrivo di un percorso concettuale molto complesso e raffinato, ma la cosa più straordinaria è che Matisse conduce lo spettatore a sentirsi, per un verso o per un altro, partecipe di quello stesso percorso.
Grandissimo pittore, uno dei più grandi di tutto il novecento, su questo non ci piove. Però parlandone da vivo, come diceva la buonanima di tota Rosina, qualche piccolo difetto ce l'aveva pure lui, secondo l'opinione della cuoca di Gertrude Stein.
Gertrude Stein - Autobiografia di Alice Toklas - Traduzione di Cesare Pavese. Pag. 15 - Ed. Mondadori 1963
8 commenti:
Il concetto filosofico della danza : è proprio vero!
Chissà che nel privato, non cercasse anche il concetto filosofico di omelette: la cuoca, forse, non capiva l'astrattismo.
Piccole manie di grandi uomini, con la luce c'è sempre l'ombra!!!
Speriamo che abbia gradito anche solo le uova..essenziali, forse più im linea con i suoi concetti astratti!
A me l'ultima opera pare di un classico e fisico eccezionale, ovvero il concetto fatto forma!
Belle foto, nel museo...essenziali e parlanti!!!!
Grazie, ciau!!!
L'ultimo quadro la dice lunga sul concetto della ripetizione per raggiungere la perfezione. L'ultima frase, invece, la dice lunga sulle piccole vendette che si possono perpretare anche con un semplice uovo.
Bye&besos
PS devo ancora dirti che le foto sono bellissime??? Massì, lo dico: le foto sono bellissime!
D'accordo con Nela San: le foto sono davvero bellissime, soprattutto mi piace quella del ragazzo con scarponi da ginnastica, seduto, che osserva con attenzione e sembra anche con una certa meraviglia, questo capolavoro di Matisse.
Quanto all'omelette, le vendette "simboliche" sono le mie preferite: forse, come dice Grazia, la cuoca non capiva l'astrattismo, ma io tenderei a vederla da un'altra prospettiva; a modo suo, era anche lei una sorta di artista.
wow! no comment, post eccezionale, grazie!
ohh no è già finito il post.....stavo proprio leggendo di gusto ^ ____ ^ buona domenica!
D'accordo con Duck. Lotta tra titani ( Matisse, la cuoca ). Bellissimo post. Buona domenica.:-)
Il libro della Stein è una autentica miniera di aneddoti e note interessanti, più vado avanti e più mi rendo conto di quanto mi abbia condizionato in questa vacanza a Parigi. Insomma, come avrete già intuito, il discorso non si chiude qui.
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