A casa mia l'hamburger si è sempre mangiato. A cercare il pelo nell'uovo non era proprio proprio un hamburger con tutti i crismi, mia nonna infatti lo chiamava svizzerina, lo cuoceva fino a farlo diventare una suola da scarpe e di solito lo accompagnava con un contorno di purè di patate con poco latte e senza burro. Perchè il burro faceva male. Anche il prosciutto crudo faceva male, e i formaggi (tutti tranne la Berna), i sottaceti i wuster i budini (tollerati, ma solo per occasioni speciali, i budini Elah) e la senape.
Col bollito, e solo col bollito, era permesso un invisibile baffo di
salsa Rubra.
Anche bere troppa acqua a tavola faceva male, faceva venire le rane nella pancia. Ma le rane nella pancia venivano comunque, anche se si beveva lontano dai pasti.
Credo sia stata questa la molla che mi ha fatta diventare una fan sfegatata di Mc Donald già molto tempo prima che Mc Donald sbarcasse in Italia. La sua esistenza mi si era rivelata casualmente, guardando un vecchissimo film in bianco e nero di serie B durante uno dei tanti pomeriggi estivi in cui per sfuggire all'afa mia sorella e io ci chiudevamo subito dopo pranzo nel Cinema La Perla, l'unico che proiettava due film diversi ogni pomeriggio.
Solo dopo avevo scoperto che, anche se in Italia non c'era nulla di simile, all'estero Mac Donald e Burger King pullulavano e andarci a pranzare quando eravamo in vacanza era una autentica festa. A me piaceva da morire tutto quanto, il panino al sapore di segatura, la polpetta finalmente sapida e grondante di grasso che colava in mezzo alle dita, il sacchetto di patatine unte e bisunte e perfino quell'ineguagliabile effluvio, un misto di fritto vaniglia e ketchup che in un amen ti impregnava vestiti e capelli, e che voleva dire vacanza si, ma anche trasgressione (da bambini le idee sulla trasgressione sono ancora abbastanza approssimative)
Dopo l'arrivo sul suolo patrio dell'amico Mac però devo ammettere che il fascino del frutto proibito aveva perso parecchio appeal, complice anche una accresciuta consapevolezza sui rischi da eccesso di colesterolo e forse pure una migliorata sensibilità in campo olfattivo, diciamolo. Fatto sta che erano secoli che non mettevo piede in un fast-food-trattino-hamburgeria.
Fino a ieri, quando sono andata a pranzo nella prima e unica Agrihamburgeria Slow Fast Food di tradizione piemontese,
che serve solo carne fresca di fassone piemontese, patate cucinate sul momento, pane di panetteria e bevande naturali: birra artigianale e vino prodotto dalle nostre parti. No surgelati, No prodotti industriali.
I proprietari avevano pensato con una discreta dose di ironia di chiamarlo Mac Bun, espressione dialettale che si traduce in italiano con Soltanto Buono, ma l'idea non era piaciuta agli avvocati dell'altro Mac, i quali lancia in resta avevano minacciato cause penali per appropriazione indebita di marchio depositato, con grande battage sui giornali.
Detto fatto, Il MAC BUN è diventato M** BUN
e credo che i proprietari ancora stiano benedicendo la minacciata querela per la enorme pubblicità gratuita che ne hanno tratto.Menu scritto in piemontese, gettonatissimo il Chiel (Lui)
hamburger classico con insalata e pomodoro, ma vanno alla grande anche il Tuma con formaggio, il Mach ca Brusa con peperoncino, e le insalate di carne cruda à la piemunteisa con l'aglio e à la franseisa con senape.
I prezzi sono più che ragionevoli anche se, ça va sans dire, sono più alti dei fast food tradizionali, ma a parte ogni confronto sulla qualità del cibo servito (confronto improponibile, siamo proprio su pianeti diversi), la pulizia è impeccabile, le stoviglie sono biodegradabili e la raccolta dei vassoi usati avviene in maniera superdifferenziata. Nessuna puzza di fritto, il personale è garbato e svelto
e la coda non dura mai più di qualche minuto.
Ho letto che stanno per aprire un nuovo punto a Torino.
Rimedio subito al giusto appunto di Lydia: il locale si trova a Rivoli, in corso Susa 22/E. A due passi dal mio studio