lunedì 8 novembre 2010

Madama Butterfly al Teatro Regio










La Madama Butterfly per intero io  non l'avevo mai vista e ne avevo un'idea assai  approssimativa. Avevo sempre creduto, tanto per far comprendere l'abisso della mia ignoranza,  che  la storia di Cio Cio San e di Pinkerton fosse una bella storia d'amore funestata da un finale tragico.
A parte il finale che è effettivamente tragico, la bella fiaba esotica invece altro non è che  una sordida storia di sfruttamento sessuale. E ditemi se sbaglio: Giappone - un ignobile americano  si compra per pochi soldi una bambina di quindici anni, la molla dopo un mese dicendole che ritornerà nella stagione in cui  i pettirossi fanno il nido, e non si fa' più vedere per tre anni. La bambina nel frattempo ha messo al mondo un figlio e  vive nell'illusione di essere moglie del  bellimbusto, il quale  prima o poi ritornerà da lei per portarla in America.  Il bellimbusto torna infatti, ma è corredato di  una nuova moglie e non è per niente intenzionato a rivedere la poverina, tanto che chiede ad un altro di levargli le castagne dal fuoco e dire a Butterfly (le aveva pure dato un nomignolo affettuoso, l'infame)  di togliersi  dai piedi senza fare storie. Quando poi viene informato che la ragazzina ha dato alla luce un figlio suo, l'idea migliore che ha è di portarlo via alla madre legittima  e affidarlo alle amorevoli cure della nuova moglie. Dal suo punto di vista è  un'ottima pensata: in un colpo solo si può liberare dell'amante da archiviare, affibbiare la gatta da pelare alla moglie  e ritrovarsi così  libero come un fringuello per  mettere al mondo qualche altro figlio con una nuova bambina, immagino. A Butterfly, ripudiata dalla famiglia d'origine e  senza un soldo in tasca, non resta  altra scelta che  rassegnarsi a lasciare il bambino al padre  e suicidarsi.
Ovviamente Pinkerton  arriverà cinque minuti dopo,  giusto in tempo per potersi disperare e cantare il suo rimorso sul cadavere.





Questa la trama, detta con parole mie e filtrata attraverso la mia interpretazione personale, forse viziata dalle vicende di cui ci informano ampiamente le prime pagine dei giornali da qualche tempo in qua, ma che  non mi sembra però molto   lontana dalla lettura che ne ha dato anche  il  regista, che lascia da parte  chimoni d'ordinanza e  orpelli  da sol-levante-di-casa-nostra per  catapultarci tra i cartelloni e i neon di una squallida strada di  periferia, nel mezzo della quale  una piccola serra trasparente è il fulcro intorno a cui si dipana tutta la vicenda e che diventa via via la vetrina da cui le prostitute adescano i loro clienti ma  anche la la stanza  che  la povera   Butterfly considera   casa,  il  rifugio che la  dovrebbe proteggere e che invece la espone, inerme,  alla curiosità cinica della gente.



Bellissimo e toccante, ai limiti dei lucciconi,   il coro a bocca chiusa del secondo atto dove il buio quasi completo della scena è  interrotto soltanto da una teoria di  fiochi lumini. Mercoledì 10 novembre la prima.

5 commenti:

Paula Feldman ha detto...

formidabile la sceneggiatura!

Lydia ha detto...

Fossi in te riscriverei il libretto,con la sceneggiatura sei stata precisa, puntuale ed esaustiva

Gracie ha detto...

Approvo e sottoscrivo quanto detto da Lydia....
Ho visto la Butterfly alcuni anni fa al Regio di Parma, e la prima volta ho avuto la fortuna nel 1983 di vedere la grande Kabaivanska all'Arena di Verona (serata per tanti aspetti indimenticabile).
Bella la scenografia, hai ragione, credo rispecchi i tempi..... purtroppo.

Fabipasticcio ha detto...

Hai ragione Dede, credo che fosse davvero questa la lettura da dare all'opera. Ma quanto brutto è constatare che nulla è cambiato se non il tempo che passa?
Bella la scenografia, al passo con i tempi davvero...purtroppo

Nela San ha detto...

Non sono un'amante dell'Opera, ma devo dire che ho avuto occasione di vedere Miss Saigon che altro non era se non la versione moderna della Butterfly , ambientata durante la guerra del Vietnam, divenuta musical (in cartellone a Londra dal 1989 al 1999). Concordo con te su due cose: pur fra roboanti effetti speciali, la trama sviscerava il becero e squallido uomo e che, la fine è da lacrime. Nella mia fila, alternativamente un posto sì e uno no, comparvero fazzoletti bianchi. Lascio alla facile immaginazione indovinare se le poltrone in cui comparvero erano occupate da uomini...

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