martedì 24 marzo 2009

Betty Crocker's Picture Cook Book

Comprato in questa piccola libreria il Betty Crocker's Picture Cook Book si sta rivelando un acquisto davvero felice. Tanto per cominciare, si tratta della prima edizione di quello che si può considerare una bibbia per la cuoca di famiglia americana degli anni cinquanta, e possedere una prima edizione, anche soltanto di un libro di ricette, è sempre una piccola soddisfazione. E' stato edito nel 1950, sono passati quasi sessant'anni. Un abisso rispetto al mondo di oggi, ma se questa riflessione è acuta e lungimirante come la scoperta dell'acqua calda, forse non è altrettanto immediato riconoscere la distanza che divide il mondo che traspare da queste pagine dal nostro mondo di quegli stessi primi anni cinquanta. Intanto, loro avevano la cucina americana con i mobili in fòrmica, o come dicevano quelli che ci tenevano a far notare di sapere l'inglese, in formàica, una meraviglia di cucina componibile con il piano di lavoro fatto in un pezzo unico, di un bel rosso fiammante che luccicava con una semplice passata di straccio. Un sogno per noi nel 1950, non proprio come andare su marte ma quasi. Nelle nostre cucine di solito i mobili erano tutti spaiati, ciascuno alto un centimetro in più o in meno del mobile vicino e nessuna possibilità di realizzare una continuità sul piano di lavoro, altro che mobili componibili, e in quasi tutte le cucine c'era una credenza per i piatti e i bicchieri vecchia come il cucco, su cui generazioni di pittori dilettanti si erano accaniti a stendere vernici colorate talmente dense e oleose che le antine apparivano istoriate da colature che finivano in una goccia spessa, divertenti da grattare via con l'unghia per scoprire che colori c'erano sotto. Le nostre cucine avevano molto poco di americano, somigliavano piuttosto alla cucina della foto qui sopra, che è allegra ma certamente anche molto sguernita di elettrodomestici all'avanguardia. Si, perchè anche sul versante elettrodomestico con gli americani non c'era partita, in Italia all'epoca pochissimi possedevano un forno e le torte si cuocevano sul gas, in una sorta di grossa pentolona col coperchio e i buchi tutti intorno ai fianchi per far uscire il vapore. E il frigorifero era ancora ben al di là da diventare un oggetto comune. Mia nonna fece il muso per settimane quando dovette subirne l'ingresso in famiglia: non saprei dire se perchè temeva conseguenze disastrose per la salute oppure se lo considerava un inutile spreco di soldi, dal momento che il ghiaccio si era sempre comprato per la strada e il burro si conservava da secoli dentro ad un piatto sul davanzale. So benissimo che non mi crederà nessuno salvo i miei coetanei, però lo posso giurare sul mio onore: i venditori di ghiaccio giravano per le strade su piccoli camioncini, si annunciavano con un suono di corno e le madame scendevano a comprarne un blocco, che avvoltolavano in un asciugamano spesso perchè restasse fresco più a lungo. Ricordo ancora benissimo quel richiamo, come ricordo il vago sapore di rancido che aveva il burro. Solo dopo l'avvento del frigorifero scoprii che non era il suo vero sapore. E un'altra grandissima differenza tra noi (italiani) e loro (ammmericani) sta nelle fotografie qui sotto: Questa è la cucina industriale in cui Betty Crocker prepara i suoi cibi preconfezionati, da scaldare e mettere in tavola! Roba dell'altro mondo, ma veramente. Noi nel 50 come scatolame e cibi pronti potevamo vantare pelati, frutta sciroppata e poco altro. So quello che dico perchè mia madre non ha mai cucinato una pietanza in vita sua ed è stata una pioniera del cibo in busta, che da noi però sbarcò quasi una decina di anni dopo. Io resto ancora oggi fermamente convinta che il signor Star avrebbe dovuto insignirla di una medaglia al merito per il numero di Cuocomio-spezzatino-con-piselli che ha fatto transitare sulla nostra tavola. E che, detto per inciso, non era niente male. Ma se mia madre non ha mai cucinato, la prima proprietaria di questo volume deve essere stata invece una cuoca provetta, forte soprattutto nelle crostate. Almeno a giudicare dai baffi di grasso e dalle ditate di cioccolato che lardellano certe pagine. Ritagliava anche ricette dai giornali e le conservava ben ripiegate tra le pagine del libro. Doveva essere diffidente nei riguardi della cucina italiana: nonostante Betty Crocker si sia dilungata a spiegare la rava e la fava di come si cuociono i macaroni all'italiana, e i macaroni del lunedì, e quelli di un ristorante di Firenze, in tutta la pagina non c'è nemmeno l'ombra di una macchiolina di pomodoro.

11 commenti:

artemisia comina ha detto...

ammiro, con Tati, le cucine americane, davvero.

ma mi piacciono così tanto le credenze con venti strati di colore, tanti da non far chiudere gli sportelli.

dede leoncedis ha detto...

anche a me piacciono tantissimo, e adesso sono pure tornate di moda.

Claudia Casu ha detto...

Questo libro è un vero gioiello! Quasi quasi chiedo a the City di cercarne uno per me a NY... ^^
PS. il link alla libreria rimanda al post

dede leoncedis ha detto...

pardon, link aggiustato

Antonietta ha detto...

formaica...
troppo forte, come mia zia che andata in Inghilterra il suo nipotino lo chiamò Riciet(Richard) e il SANDWICH era il sanguig...poveri Italiani!!!

robertopotito ha detto...

nutro una smodata e patologica passione per i vecchi libri di cucina, ancor meglio se si tratta di enciclopedie ed ovviamente questo libro manca alla mia collezione...

dede leoncedis ha detto...

Kazu e Roberto, questo libro è davvero un piccolo gioiello, trovarlo è stato un colpo di fortuna.
Antonietta, a proposito di strafalcioni anglofoni potrei anche citare la Màini Màinor e la televisione Bràionvega

Mav ha detto...

Come Roberto, anche io ho la passione per i vecchi libri di cucina (e per i vecchi galatei). Sono invidiosissima del tuo Betty Crocker, sàppilo!

Anonimo ha detto...

Ho appena confessato di amare le storie e non ho aggiunto alla fine di quanto mi piacessero quelle che vengo a leggere qui, te lo dico adesso e siccome proprio passiva non sono ti aggiungo che..
Dico sempre meraviglie di Berlino ma, solo dopo aver visto questo negozio incantato, realizzo che nel mio quartiere potrai trovare cafè che amano l'arte del conservare e che sostituiscono giusto i panini del giorno passato, ma di posti come la tua libreria, Dede, nemmanco l'ombra. Ed è strano, perchè io, una buyer nata, mai nella mia vita ho visto montagne di splendidi oggetti accatastati dove devi frenarti per non correre il rischio che siano le cose a buttarti fuori casa; sì quì i mercatini traboccano di tracce, risucchiando dalle case il passato fino all'ultima stoviglia per segnare un confine netto tra un ieri da lasciarsi alle spalle e un festival dell'ikea di oggi;anche se, alla fine, il confine si fà debole proprio perchè è l'ikea la vera prova che l'idea non fosse così sbagliata e che nell'uguaglianza c'è la felicità.
Cara Dede, paese che vai…

Carla ha detto...

Ciao Dede e piacere di conoscerti! Interesante il tuo blog, in quanto parli della Grande Mela che sogno da anni di visitare e almeno con i tuoi post viaggio un po'!

Poi vedo questo libro degli anni 50ricco di info americane sulla cucina...e che dire, hai fatto un bell'affare :) per non parlare della libreria che hai scovato!

Mi ricorda molto la libreria
Shalespeare & Co di Parigi
non so se l'hai mai vista, solo che lì non sono specializzati in libri di cucina...ma è veramente un posto magico di altri tempi!

A presto

Carla

dede leoncedis ha detto...

New York Tokio Berlino Pechino Parigi e casa nostra, tutti affascinati intorno ad un vecchio libro di cucina. magico, mi viene da pensare

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