Nella Lituania centrale c'è un posto abbastanza particolare. Lo chiamano la collina delle croci e l’UNESCO lo ha dichiarato patrimonio dell’umanità. Si tratta di una collinetta ricoperta da migliaia e migliaia di croci, dalle più preziose alle più povere. Croci fatte con i materiali più disparati e di ogni dimensione che la gente ha cominciato a posare in segno di devozione o di ricordo per un defunto. Una leggenda dice che le prime sono state portate nello spazio di tre giorni e tre notti dai familiari di soldati morti in battaglia, un’altra attribuisce l’origine al papà di una bambina malata, che avrebbe così implorato la guarigione della figlia. Qualunque sia la verità, la tradizione risale al XIV secolo e con il tempo ha acquistato un significato non esclusivamente religioso, ma è diventata una vera e propria forma di protesta civile. Durante la dominazione sovietica era un reato punito con l’arresto, ma nonostante ciò le croci continuarono a crescere e ad aumentare. L’Armata Rossa per almeno tre volte ha spianato la collina, ma nessuno è mai riuscito ad annientare la consuetudine. Ci hanno detto che nel 1990, alla caduta del muro, le croci erano almeno quarantamila, ma nel 2004, all’epoca del nostro viaggio, se ne contavano già più di quattrocentomila, compresa quella donata da Giovanni Paolo II e le innumerevoli poste a commemorazione delle vittime delle torri gemelle. E' una sensazione straniante, come vedere in un colpo solo tutti i lutti della specie umana, tutti insieme, privati e pubblici. Le bancarelle ne offrono di ogni misura per chi vuole aggiungere anche la sua.
Nessuno parla anche se non c’è scritto da nessuna parte che sia vietato, si sente soltanto il tintinnio delle croci nel vento, e ti lascia addosso una leggera inquietudine.