Youle, figlia di ebrei olandesi scappata giovanissima in Francia, nel 1844 ha vent’anni quando dà alla luce Rosine. Non c'é nessun papà, e così la bimba finisce dritta e filata
dalle monache.
Sembra che l'unica strada per lei debba essere il convento, ne è persuasa la mamma e per la verità l'idea non dispiace neppure alla piccola, ma l'amante di Youle che al momento è in carica, il duca di Morny fratellastro illegittimo di Napoleone III, capisce che quella bambina non è fatta per la carriera di suora e convince la madre ad iscriverla alla scuola della Comédie Française. All'inizio Rosine, che cambierà il suo nome in Sarah, non mostra un grande talento e dopo i primi due anni è lì lì per farsi scartare, ma il duca parla ancora una volta con chi di dovere e dopo qualche tempo finalmente la giovane Sarah Bernhardt debutta come professionista.
Più che per la sua bravura viene notata principalmente per l'aspetto fisico: magrissima in un’epoca di maggiorate, naso lungo, capelli rossi, sguardo sexy, ma soprattutto una grandissima rompiscatole. Difatti litiga clamorosamente con una collega più
illustre e viene espulsa. Per un paio d'anni segue le orme materne donando le sue grazie ad una serie di protettori, uno dei quali, quando ha vent'anni, le regala Maurice, che resterà il suo unico figlio.
Poi finalmente viene scritturata all’Odéon, dove emerge grazie a parti che sembrano tagliate su misura per lei, ma anche grazie alla sua non comune abilità nel mettersi in vista, sfruttando propaganda
patriottica (è il periodo della guerra franco prussiana, e lei accoglie i feriti nella sala dell'Odéon ) e amicizie giuste, come quella con Victor Hugo tornato dall’esilio, all’epoca della Comune. La Comédie la riprende in carico con entusiasmo, e lei passa di trionfo in trionfo in coppia con il bel Mounet-Sully, uno dei tanti partner con cui imbastirà una affettuosa amicizia. Ma non è fatta per i legami, e dopo una tournée a Londra è lei a mollare la Comédie. Per il resto della vita si gestirà da sola carriera ed immagine, pubblicizzando accortamente la sua spregiudicatezza e le sue eccentricità, la manifesta bisessualità, l'alligatore in casa e la bara in camera da letto.
Tra famosi e non, la lista dei suoi amanti è considerevole e oltre al già citato Victor Hugo annovera tra gli altri Gustave Doré, Edmond Rostand e Gabriele D’Annunzio, ma si sposa una volta sola, con un greco sedicente nobile che le mette le corna, perde al gioco i suoi soldi e muore, fatto e strafatto, a 34 anni. Un disastro che lei non ripeterà mai più.
Nel 1876, al numero 35 di rue Fortuny all’angolo con avenue de Villiers,
Sarah commissiona all’architetto Nicolas Félix Escalier la realizzazione della sua casa,
una grande villa con un giardino ed un giardino d’inverno, e un laboratorio in cui praticare la scultura, altra
sua grande passione cui si dedica, a detta dei critici, con una abilità più che discreta. Tutto in quella casa, ça va sans dire, è curato minuziosamente fin nei minimi particolari.
L'attrice usa vestire soltanto sontuose toilettes originali che si disegna da sola e si occupa di ogni particolare dei suoi spettacoli, che vuole sfarzosi e in cui investe somme cospicue. Per giunta, accumula compulsivamente oggetti d’arte e gioielli. In poche parole, si copre di debiti e in pochi anni è costretta a vendere la proprietà ad Adolphe Dervillé, proprietario di una cava di marmo.
Insensibile al talentuoso hobby della grande attrice, Dervillé demolisce il laboratorio per ricavare un’altra ala residenziale da annettere al corpo principale.
e della vecchia facciata del laboratorio che, a quanto ho letto, appariva come uno strano miscuglio neorinascimental-neogotico, non resta altro che il bassorilievo dei due grossi ratti che attraverso
un buco nel muro si stanno intrufolando dentro la casa.
Nessuna scritta a ricordo della illustre presenza, e la cosa risulta piuttosto singolare in una città in cui quasi ad ogni passo si inciampa in una targa commemorativa. Nella rue Fortuny
ce ne sono almeno due: una celebra Edmond Rostand ed il suo Cyrano,
ed un'altra campeggia sulla casa in cui abitò Marcel Pagnol.
Per Sarah Bernhardt, come per la Bella Otero che abitava nella variopinta residenza
poco distante, al numero 27, nemmeno una sillaba.