Viktor Navaroski, cittadino del fittizio stato di Krakozhia, atterra a New York mentre a casa sua è in atto un colpo di stato. Per questo le autorità gli negano il visto d'ingresso, e lui per nove lunghi mesi rimane bloccato in aeroporto senza poter mettere un piede fuori dal JFK Impara un po' di inglese, stringe qualche amicizia, lavoricchia e si innamora pure di una bella hostess, finché non riesce ad andare finalmente a New York per realizzare una promessa fatta al padre: ottenere l'autografo di Benny Golson, famoso sassofonista di jazz. Viktor infatti rivela che il suo defunto padre, grande appassionato di jazz, dopo aver letto su un giornale ungherese del 1958 la storia della "Foto di Harlem", per quarant'anni ha inseguito l'autografo dei cinquantasette jazzisti ritratti, e prima di morire li ha ottenuti tutti tranne uno: quello di Benny Golson. Completare la collezione del padre è diventata per Viktor un impegno d'onore, ed è la ragione che lo ha spinto a volare fin negli Stati Uniti.
Questa, detta con parole mie, la trama del film di Spielberg che francamente non può annoverarsi tra i suoi migliori.
ma contiene un piccolo segreto che a parte i fanatici jazzomani, sono in pochi a conoscere: la storia della "Foto di Harlem" non è stata una trovata dello sceneggiatore. I cinquantasette jazzisti sono stati davvero ritratti tutti insieme ad Harlem il 12 agosto del 1958,
E' una storia intrigante che è stata raccontata in A GREAT DAY IN HARLEM, un documentario che molti considerano il più bello mai girato sulla storia del jazz.
Le cose erano andate così:
Robert Benton,
all'epoca editor della rivista Esquire, e che sarebbe diventato poi sceneggiatore e regista, tra gli altri film, anche di Kramer contro Kramer,
voleva trovare la maniera di celebrare la golden age del jazz, periodo di massimo fulgore di quella musica che alla fine deglia anni cinquanta traboccava di personalità stratosferiche, dai grandi pionieri come Armstrong, ai leader di big bands come Duke Ellington, ai boppers agli esponenti del cool jazz, tutti giganti del calibro di Miles Davis, Sonny Rollins, Thelonius Monk, Charlie Mingus e compagnia bella.
Pensò di chiamare Art Kane,
fino ad allora giovane art director appassionato di jazz, che mai aveva immaginato di diventare fotografo professionista, e Kane se ne uscì con un'idea folle: riuniamo tutti i jazzisti disponibili, e scattiamo loro una bella fotografia. Tutti sapevano che sulla categoria dei musicisti non si poteva fare molto affidamento: nottambuli, indisciplinati e del tutto privi dell'idea di puntualità, sembrava impossibile riuscire a raccoglierne tanti contemporaneamente, ma Benton decise che valeva la pena di provarci.
Art Kane, non essendo un vero fotografo, non
disponeva di uno studio e pensò di organizzare
la sessione fotografica all'aperto, in una qualsiasi strada di Harlem. Al Cotton club suonava
l'orchestra di Ellington, il mitico teatro Apollo che nelle serate del dilettante aveva permesso a tanti talentuosi musicisti di esibirsi per la prima volta davanti ad un vero pubblico. Insomma Harlem era lo scenario ideale per una foto del genere. Nessuno ricorda più perché proprio quell'angolo tra la diciassettesima e la centoventiseiesima,
davanti a quella brownstone color terra,
secondo qualcuno la strada era familiare perché c'era un alberghetto che per pochi soldi dava vitto e alloggio
agli spiantati. E spiantati effettivamente i musicisti lo erano quasi tutti.
L'appuntamento fu fissato per le dieci di mattina, altra follia considerando
che questa era gente abituata ad esibirsi in jam sessions da un locale all'altro andando avanti a suonare fino alle cinque del mattino. E a New
York allora si suonava tutte le sante notti. Gerry Mulligan racconta che fu subito affascinato dalla proposta ma fino all'ultimo rimase
praticamente certo che non si sarebbe mai potuta concretizzare. Invece, com'è e come non è, e a dispetto di ogni ragionevole previsione, i jazzisti convocati arrivarono tutti. Arrivò in tempo
anche Willi "the lion" Smith,
leggendario maestro dello stride
piano che nella foto ufficiale non compare perché proprio nel momento dello scatto si era appena allontanato, forse per fare pipì. Con lui sarebbero stati cinquantotto, come
l'anno in cui tutto questo succedeva, ma nella foto ne sono immortalati solo cinquantasette.
Un sogno per qualsiasi appassionato: cinquantasette solisti in un solo colpo, mostri sacri come Coleman Hawkins e Count
Basie, Lester Young, che qui è ritratto
con uno strano cappello piatto che lo faceva somigliare ad una via di mezzo tra un torero e un prete, Sonny Rollins, all'epoca sassofonista giovane ma già considerato un semidio,
che nonostante la fama l'anno successivo non esiterà ad abbandonare tutto e tutti per esercitarsi in perfetta solitudine su un ponte sull'East River. Gli ci vorranno due lunghi anni prima di sentirsi pronto a tornare a suonare in pubblico.
Charlie Mingus, geniale e strafottente
e perfino Thelonious Monk,
il più impenetrabile di tutti, che qualche anno dopo durante una interminabile turnè australiana aprirà bocca soltanto una volta per chiedere "ma dove cavolo saranno questi fottutissimi canguri",
Dizzy Gillespie che mostra la lingua
e Gerry Mulligan con i suoi inconfondibili cortissimi capelli rossi
le due regine del pianoforte Marian McPartland e Mary Lou Williams .
Tutti allegri e contenti come studenti in gita scolastica, qualcuno con la macchina foto in mano.
Nei filmati a colori sembra di assistere alla preparazione della foto di famiglia fuori dalla chiesa, subito dopo un matrimonio.
Di lì a poco sarebbe diventata esplicita la lotta per i diritti civili, black is beautiful e I have a dream, Malcom X e Martin Luther King, ma già qualcosa del nuovo orgoglio e della nuova consapevolezza di sè trapela in questa foto formidabile, che Robert Benton ha
dichiarato avergli insegnato molto, e molto certamente più di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Per Art Kane fu la pietra miliare che gli fece capire che cosa avrebbe finalmente fatto della sua vita:
Me ne venni fuori con questa idea oltraggiosa e l'ho vista prendere corpo nel modo in cui l'avevo immaginata, guardare tutti quei musicisti muoversi su quegli scalini nella
centoventiseiesima strada era magnifico. Ho capito in quel momento cosa volevo
fare della mia vita. Volevo essere un fotografo
e per chi non sa che faccia avesse l'uomo per il cui autografo Viktor Navaroski, cittadino di Krakozhia, vola fino a New York, signore e signori ecco a voi