domenica 28 agosto 2011

Il Museo Gianni Caproni a Trento


Ci sono posti in cui, lo ammetto, non mi verrebbe mai in mente di andare.  Uno di questi ad esempio era il Museo dell'Aeronautica Gianni Caproni. Fosse stato per me manco mi sarei accorta della sua esistenza, ma eravamo a Trento con mia sorella e mio cognato, lui aveva piacere di visitarlo, e pareva proprio brutto dirgli "Vacci da solo".   
Orbene,  sarà che  l'aeronautica il suo  fascino ce l'ha, c'è poco da dire, sarà che abbiamo incontrato una guida  che sapeva raccontare  senza ripetere la lezioncina a memoria,  il fatto è che alla fine del giro io    mi ero completamente ricreduta. E tra l'altro, avevo imparato una quantità di cose mooolto interessanti che mai e poi mai avrei potuto sapere altrove.  




Per cominciare, ho visto da vicino  i  velivoli su cui i primi pazzi visionari hanno avuto il coraggio  di salire


E ancor più  da vicino, ho visto minuscoli giocattolini con le ali di tela leggera, ma leggera davvero,   tenuti insieme da bulloni grossi come una puntina da disegno, con eliche di legno  e abitacoli completamente aperti dove il pilota si beccava per tutto il volo  gelo, vento  e grandi schizzi d'olio negli occhi. Ho capito che le languide sciarpone di seta avvolte intorno al collo, i giubboni foderati di pelliccia e gli occhialoni dei primi aviatori non erano un decadente  vezzo da  dandy e ho anche capito che per fortuna non tutti hanno lo stesso mio  atteggiamento nei confronti del pericolo perchè in questo caso  l'aeronautica  ne avrebbe fatta proprio  pochina, di strada.  









Tra le chicche più preziose del museo c'è lo SVA (dai nomi dei progettisti Umberto SAVOIA, Rodolfo VERDUZIO, e la fabbrica ANSALDO)  numero 11777 con le insegne del leone di Venezia, uno degli aerei  con cui nel 1918 Gabriele D'Annunzio aveva effettuato una celebre azione dimostrativa sui cieli di Vienna, scattando foto e  lanciando manifestini su cui  col suo solito stile sobrio e minimale aveva scritto 

....In questo mattino d’agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l’anno della nostra piena potenza, l’ala tricolore vi apparisce all’improvviso come indizio del destino che si volge.....Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina. Predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebrezza che moltiplica l’impeto. Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell’arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell’ora che sceglieremo. Il rombo della giovine ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino. Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi. Viva l’Italia.....



















la foto proviene da  qui

Per dovere di cronaca: la squadriglia era composta da otto aerei monoposto più il biposto del Vate. Va detto infatti che D'Annunzio non sapeva volare ed aveva dovuto ricorrere alla bravura di Natale Palli, un pilota di  ventitre anni  la cui parabola si sarebbe chiusa tragicamente soltanto pochi mesi dopo quando, partito per un volo di allenamento alla volta di Parigi, fu costretto ad un atterraggio di fortuna a più di tremila metri di altezza.  L'atterraggio era riuscito  perfettamente, ma Palli vagò  per tre giorni tra i ghiacci e morì appena prima di arrivare in prossimità di un centro abitato. 






Questo è un altro aereo dalla storia interessante. Si tratta di un  Savoia-Marchetti S.M.79 conosciuto come  Sparviero, un trimotore fatto in legno tela e metallo  inizialmente progettato come aereo da trasporto civile,  che negli anni 1937-39 aveva stabilito una caterva di record.  Convertito in bombardiere grazie all'arma   montata sull'abitacolo sporgente e rivolta all'indietro, cosa che  che impediva di attaccarlo dalla coda,    era stato soprannominato dagli aviatori della RAF   Gobbo maledetto,  Damned Hunchback
Era sì un grande bombardiere, ma durante la seconda guerra mondiale si era dimostrato purtroppo anche troppo lento in rapporto agli aerei nemici, e così si decise di impiegarlo come aerosilurante, campo in cui effettivamente ottenne ottimi risultati.



Lo Sparviero, o Gobbo che sia, colpisce le navi nemiche e le affonda. Il problema è che  novanta su cento viene poi abbattuto dalla contraerea nemica e l'equipaggio ci lascia la pelle.  L'Aeronautica allora promette che l'equipaggio che riuscirà ad abbattere una nave nemica e contemporaneamente, portare a casa la ghirba, anche nel  caso l'aereo venga abbattuto riceverà la medaglia d'oro al valor militare. Sembra impossibile ma succede davvero: nel 1942 un aereo affonda il  cacciatorpediniere inglese Bedouin, viene abbattuto, ma l'equipaggio riesce a tornare a casa sano e salvo.  Medaglia d'oro? Nossignore, soltanto medaglia d'argento.  Una nave italiana in azione sullo stesso luogo  aveva sparato contemporaneamente all'aereo,   aveva  colpito il bersaglio, creduto in buona fede  di avere il merito dell'affondamento,  e ricevuto  la medaglia d'oro. 
Le prove fotografiche dell'affondamento  si trovano  sull'aereo  in fondo al mare  e l'equipaggio deve accettare  la beffa. 
Alla fine della guerra, però, il tenente Aichner (non ho preso appunti e mi scuso se  ho storpiato il nome) va in Inghilterra alla ricerca di qualche reduce del cacciatorpediniere. Incredibilmente riesce a trovarne un paio  e  chiede loro una dichiarazione  giurata che possa  testimoniare come sono andate realmente le cose. La cosa ancora più incredibile è che  la ottiene!   Ma  la più incredibile di tutte è che alla fine l'equipaggio viene realmente insignito della medaglia d'oro al valor militare.

9 commenti:

Antonietta ha detto...

come sempre in Italia ci sono luoghi da meravigliarci!

dona ha detto...

Ma sai che è proprio interessante? La prossima volta che vado in montagna voglio farci un salto anch'io.

Mav ha detto...

Anni di vacanze in Trentino e non sapevo nemmeno dell'esistenza di questo museo. La prossima volta non mi sfuggirà!

dede leoncedis ha detto...

Ci sono decine di piccoli gioielli un po' dappertutto in Italia ed è un peccato scoprirli solo per caso. Questo per esempio noi l'abbiamo trovato grazie a Guido, ma mica tutti hanno un cognato Guido!

Duck ha detto...

Siamo in due a non avere quella che D'Annunzio definiva "la gioia dell'arditezza". La storia dell'aeronautica sarebbe stata ben misera se questi piloti fossero stati anche come me.
Molto bella questa storia a lieto fine, intendo il tuo ricrederti e, anzi, il tuo goderti un'esperienza che aveva tutte le carte per annoiarti o lasciarti nella più totale indifferenza. È bello mantenersi aperti e disponibili a qualche imprevisto, anche e soprattutto a quello che consiste nell'imbattersi in qualcosa che, a dispetto di tutto, scopriamo può piacerci, e molto.
Saluti!

ivana ha detto...

Ciao Dede!

Io mi sarei meravigliata, se tu fossi entrata in un Museo come questo, che pur sempre parla di raccolta, passione e storia vera, e non ti fossi sentita attirata, commossa, interessata...fa parte di te essere sempre vigile, recettiva e elaborativa; con la tua competenza e con il tuo stile chiaro, godibile per noi, riesci a dare informazione nel modo giusto!!!

Grazie, davvero!!!

ciauu!!!

Gracie ha detto...

Ovunque puoi trovare qualcosa di interessante, basta avere occhi e mente aperti.
P.S. Natale Palli era il nome del nostro aereoporto prima che lo modernizzassero e lo ribattezzassero Giuseppe Verdi...

Paula Feldman ha detto...

Direi che è un museo coi fiocchi! Non sapevo neanche che esistesse. P

Antonella di Sissi in cucina ha detto...

Davvero non sapevo nemmeno io dell'esistenza di questo museo! Incredibile!
Dede, c'è un premio per te sul mio blog, corri a prenderlo!
Anto

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