Della battaglia combattuta nel 1678 tra gli Alpignanesi e l'esercito del Re Sole io francamente non avevo mai sentito parlare, ma la cosa non mi sorprende dal momento che, come mi disse qualcuno molti anni fa, io possiedo un grosso bagaglio di lacune.
Sono talmente tante le nozioni che ho dimenticato, che una in più o una in meno non fa' poi tutta quella gran differenza, e in ogni caso la questione non riveste nessunissima rilevanza agli occhi degli Alpignanesi che di questa battaglia da una dozzina di anni mettono in scena una rievocazione storica durante il
palio dij cossot, una delle innumerevoli feste paesane dell'estate.
Spiego in due parole l'origine del nome: dovete sapere che Alpignano si trova sul percorso della
via Francigena, che in realtà non è una strada sola ma un gruppo di percorsi che collegavano i principali luoghi di devozione del Medioevo: Santiago di Compostela, Roma e Gerusalemme.
L'itinerario
ufficiale partiva da Canterbury, passava le Alpi al valico del san Bernardo e attraversava la val d'Aosta, Pavia e Piacenza, per arrivare fino a Roma, ma i pellegrini che provenivano da ovest attraversavano le Alpi al Monginevro e al Moncenisio e si congiungevano alla via Francigena attraverso la strada già percorsa da Annibale con i suoi elefanti e dal manzoniano Adelchi, toccando l'Abbazia di Novalesa la Sacra di San Michele e l'Abbazia di sant'Antonio di Ranverso. Della Sacra e di Sant'Antonio di Ranverso riparleremo presto, ora torniamo ad Alpignano, che trovandosi sulla strada dei pellegrini in transito da Santiago, già a partire dal Medioevo si era scelta come santo patrono proprio il San Giacomo di Compostela che nell'iconografia ufficiale è sempre rappresentato con una conchiglia e una zucca. La conchiglia per raccogliere l'acqua lungo il cammino, e la zucca a mo' di borraccia, per conservarla.
(
foto da qui)
Di conchiglie ad Alpignano non ce n'è nemmeno l'ombra, ma le zucche (e le zucchine) abbondano, tanto che gli alpignanesi erano noti come mangia cossòt, mangia zucchini. Da qui il nome del Palio, in cui non ci sono animali perché la sfida è in realtà una corsa a staffetta, faticosissima, visto che ogni corridore deve caricarsi sulle spalle una grossa zucca, e tenersela ben salda fino al traguardo. La rievocazione della battaglia si svolge a puntate: il sabato sera si comincia a combattere ed i Francesi protervi e arroganti sembrano avere la meglio sui poveri Alpignanesi, da cui pretendono la consegna di denari, foraggi, cibo, e arrivano persino ad esigere la giovane promessa sposa del conte, che obtorto collo viene portata all'odioso principe francese tra la disperazione della gente. Fine della prima puntata.
All'indomani però i Nostri sfoderano un sussulto di orgoglio, e partono in tromba a riprendersi la fanciulla. Combatteranno senza un filo di paura, e avranno finalmente ragione del nemico.
Per il costume del conte di Sicchesò, il Capo dei Nostri, la costumista si deve essere ispirata a Capitan Uncino
Mentre qui il generale francese è immortalato in tutta la sua proterva arroganza.
un combattente dall'espressione feroce
e un figurante con macchina fotografica, presumo autentica.
D'accordo, non tutto può ritenersi filologicamente ineccepibile, ma come diceva mia nonna, chi ha perso i buoi non andrà a cercarli proprio lì.
E nemmeno nella cuffietta di Nonna Papera inalberata da questo pellegrino con bastone e zucca d'ordinanza.
E mi scuso per la scemissima battuta di spirito, ma tanto di cappello alla modista!