E' un momento difficile, l'ho già detto, ma ieri le preoccupazioni e i pensieri sono stati momentaneamente archiviati per un appuntamento imperdibile: la laurea di Alessandro, mio nipote.
Lo scalone era già carico di laureandi accompagnati da stuoli di amici e parenti, e così, un po' per stemperare la tensione crescente del nostro candidato e un po' per un imprevisto attacco di nostalgia, ho sfoderato il cicerone che sonnecchia in me e allontanato il parentado alla volta di un giro turistico-sentimentale sulle orme di ricordi vecchi come il cucco ( ai miei tempi il bar era qui, da quella parte c'era l'aula di disegno del primo anno, quella manica di aule non esisteva ancora, lì nel cortile c'era la fontana dove d'estate si andava tutti a mettere i piedi a bagno)
Dopo la proclamazione dei laureati del trienno, interminabilmente lunga per chi aspettava, finalmente è arrivato il nostro turno.
Com'era prevedibile, la commissione non ha cacciato nessun candidato per colpa di un errore di battitura, non ha additato alcuno al pubblico ludibrio e non ha inflitto alcuna sadica umiliazione.
E quando i nostri eroi sono stati proclamati Dottore Magistrale in Architettura con centodieci, lode e pubblicazione della tesi su internet
la zia ha offerto di sé uno spettacolo indecoroso mettendosi a piangere come un vitello