lunedì 1 dicembre 2008

Ellis Island

Ellis Island, in origine chiamata dagli Inglesi Gibbet Island, era stata concepita come prigione per i pirati catturati e solo alla fine dell’ottocento fu adibita a stazione di smistamento per i milioni di immigrati provenienti dall’Europa.

Restò in funzione fino al 1954, dopo di che venne abbandonata, poi finalmente rimessa in sesto e ristrutturata, e dal 1990 ospita l’Ellis Island Immigration Museum . Forse è utile sapere che ai viaggiatori ricchi i documenti venivano controllati a bordo della nave, ad Ellis Island finivano soltanto gli emigranti con biglietto di terza classe, e per loro doveva essere parecchio dura: senza soldi, senza conoscere una parola d’inglese, molto probabilmente sporchi e affamati dopo un viaggio del genere, ricevevano un numero e venivano immediatamente separati: gli uomini da una parte e le donne dall’altra, insieme ai bambini, e tutti ad aspettare i controlli per ore, mentre spregevoli ladri non si facevano scrupolo di depredarli dei bagagli o cambiare i loro denari ad un tasso rovinoso. Chi non passava i controlli veniva segnato con una croce bianca sulla schiena, e immediatamente reimbarcato, ma pare che pochi tornassero realmente a casa, molti tentavano di raggiungere Manhattan a nuoto e non pochi erano i suicidi. Il centro, progettato per cinquecentomila arrivi all’anno, dovette accoglierne da subito almeno il doppio, e in un solo giorno del 1907 arrivarono quasi dodicimila persone.

Fu necessario ampliarlo, più di una volta, e addirittura vennero realizzati terrapieni per aumentare la superficie dell’isola. Abbandonato per una trentina d’anni, ci sono voluti più di centossessanta milioni di dollari per restaurarlo ed impiantarci il Museo dell’Immigrazione. Stranamente, considerando quanto sarebbe facile far leva sulla emotività dei visitatori, il museo non si propone intenti commerciali ma espone molto sobriamente oggetti, giocattoli, bauli ed effetti personali, e ricrea con grande efficacia gli ambienti in cui si svolgeva l’intera trafila di interrogatori e visite mediche a cui era sottoposto ogni emigrante. E' possibile anche accedere ad un database con informazioni sui più di ventidue milioni di passeggeri transitati per il centro. Sarebbe bello sapere che in futuro ce l’avremo anche da noi, un Museo del genere.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

sai l'emozione che ho provato a leggere, sui registri on line, il nome del mio bisnonno ventenne che nel 1910 andò in America dal Cilento ma che, per nostalgia della famiglia, se ne tornò presto a casa, in tempo per morire nel 1917 a Vittorio Veneto e lasciare orfani 3 bambini

dede leoncedis ha detto...

Anna Maria, ho provato qualcosa di simile ritrovando un cugino sconosciuto. Sono emozioni davvero grandi

Lydia ha detto...

Mi piace venire a curiosare sul tuo blog, imparo sempre tante cose

Antonietta ha detto...

mio nonno materno e una mia zia materna sono passati di là...

Anonimo ha detto...

sai quanto mi piacerebbe visitare N.Y.C con te cara DeDe??!!!
A cominciare da qui!
un abbraccio e remember il nostro incontro, bacioni

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