Knud Jensen, il sorridente signore nel quadro, era il proprietario di una delle maggiori case editrici danesi. Appassionato collezionista d'arte, nel 1954 aveva acquistato una tenuta sulle rive dell'Øresund.
La casa era disabitata da tempo e il parco era ridotto a sterpaglie, ma la proprietà si affacciava da un lato sul mare
e dall'altro su un piccolo
lago, il panorama era magnifico e il signor Jensen aveva capito che quello era il posto che aveva sempre cercato per costruire un piccolo museo per l'arte moderna danese.
Anche il nome gli era sembrato poetico: Louisiana. Era stato scelto dal vecchio proprietario che aveva avuto tre mogli che si chiamavano tutte e tre Louise, e Jensen decise di mantenerlo. Suonava bene.
Fece restaurare la vecchia casa
e incaricò gli architetti Vilhelm Wohlert e Jorgen Bo di aggiungere un nuovo corpo di fabbrica che doveva essere completamente immerso nel bosco.
Ne venne fuori una struttura bianca, adagiata sul terreno e molto articolata,
col soffitto in listoni di legno e pareti completamente vetrate che d'estate si aprono sul parco. Pochissimi i muri, lasciati a vista o semplicemente dipinti di bianco ma non intonacati, e una profusione eccezionale di opere d'arte dappertutto, dentro e fuori, tanto che non sempre ci si raccapezza su qual è il dentro e quale il fuori.
Arrivando al museo se ne percepisce solo una piccola parte, ci si incammina attraverso gallerie che si svelano man mano, in un gioco continuo ed emozionante tra Picasso
e Giacometti,
Calder
Moore,
o Richard Serra
con la sensazione stranissima e piacevole di galleggiare in mezzo agli alberi.
Quando i piedi non ce la fanno più ci si ferma a sfogliare un libro in uno dei tanti salottini con le finestre affacciate sul mare.
D'estate c'è chi prende il sole
sul prato e chi non ha paura di tuffarsi nelle
acque sempre frescoline dell'Øresund,
e nessuno grida al sacrilegio perché il Louisiana è un museo vivo, fatto per essere adoperato. Come diceva Jensen:
«il museo esiste soprattutto per il pubblico.
Che deve poter conoscere e giudicare l'arte contemporanea. Noi cerchiamo
di renderlo possibile esponendo le opere in un ambiente che stimoli la voglia di vivere sempre nuove esperienze. Con gioia e felicità».
6 commenti:
Una delle cose più belle da fare a Copenhagen: io ci ho visto la mostra di Sophie Calle. Comunque ancora una volta dirti che a leggerli nei tuoi post certi luoghi sono ancora più belli!
Proprio in questi giorni c'è una mostra di Sophie Calle anche al Castello di Rivoli. Sarà la stessa?
Mamma mia, che posto meravigloso!
Sophie Calle a Rivoli? Accidenti, non so se ho tempo di andare a Torino (adoro Sophie Calle)! :-(
Dede, Buon Natale! Molto interessante questo tuo post! Bacione
Tantissimi auguri di Buon Anno, Dede.
A presto.
Enrico
Effettivamente uno degli spazi museali più belli che io abb ia visitato
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