Nata sulle ceneri di una vecchia caserma di cavalleria, la Gare d'Orsay era stata costruita a tempo di record, tre anni soltanto, per essere pronta in occasione dell'Expo del 1900. L'architetto Victor Laloux l'aveva voluta monumentale e decorativa, e infatti, più che una stazione, sembrava un palazzo delle Belle Arti. I Parigini nel corso degli anni le avevano cambiato più volte destinazione d'uso facendola diventare centro di accoglienza per i prigionieri durante la Liberazione, e poi sede di una compagnia teatrale, e perfino casa d'aste. Era stata anche usata come set cinematografico da Orson Welles, che ci aveva girato quelle scene del Processo per cui gli era stato rifiutato il Palais de Justice di Bruxelles. Per farla breve, nonostante tutto il lusso e lo spatusso, questa povera stazione non era mai entrata nel cuore di nessuno e quando nei primi anni sessanta si era ventilata l'ipotesi della sua demolizione, Le Monde aveva scritto
bien sûr, nessuno la rimpiangerà. Però non sono ancora spente le polemiche nate intorno alla demolizione dei pavillon de Baltard alle Halles, e l'amministrazione non se la sente proprio di affrontare altre proteste. Decide che per il momento è opportuno lasciar cadere la proposta nel dimenticatoio cosa e aspettare. Prima o poi qualcosa si muoverà.
E infatti nel 1971 la stazione viene dichiarata monumento nazionale, e nel 1977 Giscard d'Estaing decide finalmente di farla diventare un museo. Della ristrutturazione vengono incaricati gli architetti del gruppo Act-Architecture, degli allestimenti interni invece si occupa Gae Aulenti.
L'inaugurazione del nuovo museo avviene l'8 dicembre 1986 alla presenza dello stato maggiore al gran completo: c'è la signora Pompidou, c'è Giscard d'Estaing, e ci sono anche François Mitterand e Jacques Chirac. I commenti dei giornali non sono tra i più benevoli: Le Matin parla di geometrie sepolcrali, per L'Express la Aulenti ha realizzato una doppia fila di casematte a metà tra la linea Maginot e la Valle dei Re, Le Monde liquida la faccenda in poche lapidarie frasi: "il grande pubblico definirà questo allestimento egizianeggiante, in realtà è in linea con le manie degli architetti contemporanei: scarno e pretenzioso".
Mi dispiace riconoscere che tutti i torti non ce li avevano, perché il grande atrio monumentale fa' veramente pensare agli stand di una fiera che si è voluta travestire da mausoleo.
Mi dispiace riconoscere che tutti i torti non ce li avevano, perché il grande atrio monumentale fa' veramente pensare agli stand di una fiera che si è voluta travestire da mausoleo.
Essendo ora vietatissimo riprendere gli interni (divieto che mi ha portata a fraternizzare con una anziana turista americana arrivata appositamente dall'Ohio con macchine obiettivi e cavalletto) devo passare allo scanner una foto di quando fotografare l'augusto tempio non era ancora considerato reato.
e per chi volesse farsi un'idea truc e branca di quanti anni sono passati, dirò che le due figurine in giacca a vento e zainetto d'antan che si vedono in basso a destra sono le mie due piezz'e core
In ogni caso il pubblico ha mostrato di apprezzare assai assai l'austera e pomposa ristrutturazione, e sono in molti a considerare il Musée d'Orsay un intervento pienamente riuscito mentre continuano a dire peste e corna della piramide di Pei,
e giudicano poco meno di una sconcezza il Beaubourg di Renzo Piano e Richard Rodgers
Saggio quel tale che diceva che
Non tutti i gusti sono alla menta.