lunedì 25 giugno 2012

25 giugno 1961 - Miracolo al Village Vanguard



Le note preziose, eleganti, distillate con finezza quasi estenuata dal suo pianoforte sono in assoluto la prima sintesi colto-sentimentale del jazz moderno. Un'epifania  struggente. Disarmante nel suo anelito alla bellezza. Come se in lui la dimensione estetica, la musica in generale, e nella fattispecie l'improvvisazione jazzistica, fossero la via maestra alla conoscenza. E alla salvezza. Nessuno così, prima di lui. Molti dopo, sulle sue tracce.
Scrive Ivo Franchi a proposito di Bill Evans

E Paul Motian, grande batterista con cui Evans costituirà il trio considerato ancora oggi il migliore mai esistito sulla faccia della terra:
Ancora prima che si mettesse al piano, avevo capito che ci sapeva fare

Terzo elemento del trio è Scott La Faro, contrabbassista.  Venticinquenne,  carattere estroverso e un po' smargiasso, sembra lontano anni luce  dalla sensibilità  ombrosa del pianista, che infatti  in qualche  dichiarazione lascia trasparire un certo disagio 
Amava sperimentare con intensità tutto, tranne la robaccia. 

Evans invece con la robaccia di problemi ne ha fin troppi, e ha anche   troppi  fantasmi con cui fare i conti,  la sana  vitalità e il   talento dell'altro lo portano a fare   confronti con il suo dramma personale, e il bilancio non è in pari. Musicalmente però l'iconoclasta sperimentatore  a cui non piace guardare indietro  e il pianista introverso tormentato  e un po' conservatore   trovano un'intesa perfetta, uno comincia e l'altro gli va dietro,  si capiscono anche senza parlare 
Come faceva a sapere che sarei andato proprio là? 

Dirà  anni dopo  Paul Motian
Scott studiava e suonava sempre, e progrediva con enorme rapidità

Tutti e tre insieme  rivoluzionano  l'equilibrio musicale del trio: non è  più un solista accompagnato da una  sezione ritmica ma, sempre secondo  le parole di Ivo Franchi 

parità di idee e funzione paritetica tra gli strumenti, qualcosa di inedito che spiazzò ascoltatori e critici dell'epoca. Tanto che la parola interplay, oggi spesso usata a sproposito, sembra esser stata coniata apposta per descrivere la magia rarefatta, i dialoghi impalpabili, l'intesa telepatica di un gruppo che ha lasciato il segno.

Nella primavera del 1961 il gruppo suona insieme da due anni e  sta andando alla grande.
Orrin Keepnews è uno che se ne intende,  nella sua carriera ha prodotto tutti i più grandi jazzisti, e capisce  che per il trio  è arrivato il momento di uscire con una registrazione dal vivo. La tecnologia non è ancora così avanzata  e questo rappresenta un rischio, ma Keepnews   ama vivere pericolosamente.





Luogo: New York, Village Vanguard cioè, secondo Nat Hentoff
quanto possediamo  di più simile ad una mitica reggia del mondo del jazz

Data: 25 giugno 1961, domenica, ultimo giorno di un ingaggio di due settimane.  
Il gruppo suona per  cinque set,  due nel pomeriggio e tre la sera,  e incide in tutto tredici pezzi.  Qualcuno una volta sola, altri due volte  ed  un paio addirittura  tre. 
Alcuni sono suonati in pubblico per la prima volta.  In sottofondo si sentono  rumori, risate, mormorii.

(Apro una breve parentesi. Ma perchè, per la miseria, c'è sempre qualcuno tra il pubblico che non vuole capire che, dal momento che non gli è stato ordinato dal dottore di andare ad ascoltare dei tizi che suonano  ma ha consapevolmente e scientemente deciso in piena autonomia di farlo,  dovrebbe starsene zitto e buono a fare ciò per cui ha pagato il biglietto: ASCOLTARE,   e smetterla di ragliare  le sue stupide barzellette?????  Chiusa parentesi) 

Loro, comunque, non sentono nulla. Suonano.
Scrive Enrico Pieranunzi nel suo "Bill Evans -  ritratto d'artista con pianoforte"

i tre sembrano pervenire tutti insieme nello stesso momento alla maturazione dei rispettivi, diversi talenti. La loro volontà e capacità di entrare ognuno nell'animo musicale dell'altro determina il miracolo. Il concerto avviene in pubblico ma i tre si sentono responsabili esclusivamente verso se stessi e verso la musica. Ciò contribuisce a determinare la densità quasi palpabile, da mozzare il fiato, di quelle registrazioni. I musicisti camminano su un percorso di ricerca onesto, quasi impietosamente puro. Tutta l'attenzione di ciascuno è rivolta al suono, il proprio e quello degli altri due. L'equilibrio, il meccanismo interno al trio è ormai perfetto. 

Uscendo dal Village Vanguard dopo questi cinque memorabili set, Scott La Faro è al settimo cielo, finalmente ha fatto un disco di cui è completamente felice, la sua carriera è  lanciata  e di lì a poco   lo aspettano molte altre date. Il  3 luglio ad esempio, suonerà  con un altro gigante del calibro di Lee Konitz, a Newport
Sarà il suo ultimo concerto. Il 5 luglio, tornando dalla casa di amici,  la sua auto prende fuoco dopo essersi schiantata contro un albero. 
Per Bill  lo choc è tremendo e  non riesce più a suonare,  non soltanto in pubblico ma nemmeno nella solitudine di casa sua, tanto da arrivare a meditare il ritiro dalle scene.  Dovrà passare un anno  lungo e difficile prima che ritrovi la forza di  tornare. E da quel momento avrà un  fantasma in più con cui  fare i conti. 












Per evitare inutili gimcane su e giù per la rete  a chi  volesse sapere qualcosa in più sull'argomento (e magari scoprire   da chi   ho copiato  per scrivere queste note) :

- A cura di Ivo Franchi "100 dischi ideali per capire il jazz"  - Editori Riuniti  2001

- Enrico Pieranunzi "Bill Evans - Ritratto d'artista con pianoforte" -  Ed. Stampa Alternativa  2001

- Arrigo Polillo "Jazz" Ed. Saggi Mondadori 1999

- Max Gordon "Dal Vivo Al Vanguard" - Il Saggiatore 1994

venerdì 22 giugno 2012

Amici di pentola si sposano


Non è la prima volta che parlo degli  amici di pentola     


perciò non è il caso di ripetere ancora una volta la rava e la fava di com'è nata  la  tradizione  di cucinare tutti insieme in occasione di  qualche ricorrenza particolarmente significativa.  Significativa per noi, voglio dire.



In questi più o meno quattro anni  tra cene di beneficenza, ricevimenti di compleanno e   matrimoni, abbiamo messo insieme un curriculum niente male e  raggiunto un affiatamento invidiabile.  E, dato che siamo tutti sufficientemente grandicelli per renderci conto   che gli chef superstellati  abitano su un altro pianeta, noi cuciniamo per il puro piacere di farlo, senza competizioni e  ansie da prestazione,  e però consapevoli che ogni tanto la nostra porca figura la sappiamo fare anche noi.

  




Sabato scorso  siamo scesi in campo  ancora una volta, per   festeggiare  il matrimonio di G. & G. 






ed  in contemporanea il battesimo della loro  Irene,  una bambina  sorridente e buonissima,  che ha dormito  per tutta la cerimonia senza fare neanche un bè, e di cui non c'è bisogno di dire  che è anche bellissima, perché  questo   lo vedete da soli 











In omaggio alla battezzanda il bicchierino con la panna cotta al parmigiano decorata con un  cappero è in realtà un vasetto di omogeneizzato. G. &  G. per l'occasione ne avevano messi da parte  centocinquanta, e tutti sono stati infiocchettati e riempiti   con  pazienza certosina. Non da me. 

   


lunedì 18 giugno 2012

Il mio contributo per i campionati di calcio - Poznan

Dei campionati di calcio mi interessa molto ma molto meno di zero, a tal punto  che  soltanto oggi ho scoperto che la partita da cui dipende l'onore nazionale si gioca stasera a  Poznan.  
Noi a Poznan  siamo capitati  qualche anno fa, una tappa  casuale che ci ha fatto scoprire  un'altra delle tante  bellissime  città polacche che non hanno proprio niente da invidiare a mete turistiche più conosciute e blasonate.    Chi sa se a qualche italico tifoso verrà il ghiribizzo  di farci almeno una passeggiata.

La piazza del Mercato, circondata da belle case gotiche e rinascimentali irreparabilmente danneggiate durante la seconda guerra mondiale e restaurate o ricostruite di sana pianta e ridipinte in delicati colori pastello











La Collegiata Fara, un complesso del seicento  in stile barocco polacco  ricca di  stucchi e affreschi e impreziosita da un altare maggiore di Pompeo Ferrari  e da un organo realizzato da Federico Ladegast, uno dei più accreditati costruttori di organi del secolo diciannovesimo.  Nel collegio adiacente pare abbia abitato per ben tre settimane Napoleone Bonaparte.  


Questo invece è  l'interno di un   caffè che, se non ricordo male, si chiamava Cocoricò,  Dubito che Napoleone   sia passato anche da qui.










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