martedì 23 febbraio 2010

Espiazione



Mi costa ammetterlo pubblicamente ma sì, io ho  guardato la serata finale del Festival di Sanremo. E in virtù  dell'outing catartico e liberatorio dirò anche  che non era la prima volta. Sono anni che l'occasione     catalizza  famiglia e amici intorno ad un frugale tvdinner anche se, va detto, nonostante i più lodevoli propositi di partenza  l'attenzione si era  sempre pian piano  inesorabilmente   diretta   verso  castelmagno e nebbiolo abbandonando il canterino di turno al suo destino. 
Fino a sabato scorso. Stavolta, complici una scommessa in merito alla superficie (in ettari quadrati) di lustrini necessaria per  circondare il girovita  taglia quarantadue (???)  della  conduttrice, e  l'inespresso ma chiarissimo desiderio   di espiare d'amblè   peccato originale più tutti i peccati ancora da compiere  fino alla fine del mondo sciroppandoci  la struggente esibizione  del principino e dei suoi sodali,  siamo rimasti incollati alla  tivù fino alla apertura della busta con i nomi  dei tre finalisti. In considerazione del fatto che Sripta manent,  evito di esprimere commenti e giudizi per non incorrere in reati perseguibili dalla legge.

Il giorno dopo sono andata alla prova generale del Peter Grimes al Teatro Regio. Non conoscevo l'opera di Benjamin Britten  e nemmeno il testo da cui è stata tratta anche se confusamente già immaginavo  che   non avesse molto da spartire con  Chorus Line, per dire.  E  immaginavo giusto, la musica è  bella davvero anche se  la mia ignoranza in materia mi ha fatto apprezzare molto le parti dell'orchestra e molto meno le parti cantate.   Però il testo è tristissimo e l'happy end non è nemmeno lontanamente ipotizzabile, i costumi poi sono quasi tutti neri,  la scenografia pressocchè inesistente e le  luci lugubri aumentano il senso di staticità dell'insieme. Il tutto per più di  tre ore che francamente mi sono sembrate troppe pur considerando un  dovere  l'autopunizione per aver guardato il festival.

Per quei pochi oltre alla sottoscritta che non conoscono la storia,  riporto pari pari   le  parole di teatro.org   
... La storia è ambientata intorno al 1830: il pescatore Peter Grimes, sotto inchiesta per la morte del suo giovane aiutante William, viene assolto dal giudice ma la comunità continua a crederlo colpevole. Grimes intanto ha trovato un nuovo aiutante grazie all'aiuto del farmacista Keene e della maestra elementare Ellen Orford, la quale il pescatore vorrebbe sposare. Una domenica mattina Ellen si accorge che John, il nuovo aiutante di Peter (appena arrivato da un orfanotrofio), ha un livido sul collo e accusa il pescatore che, nonostante il giorno di festa, è appena giunto per portare il ragazzo a lavorare. Grimes si sente frustrato, vuole guadagnare di più lavorando anche alla domenica per sposare Ellen e invece la donna lo accusa di violenza. Peter la colpisce e, sotto gli occhi degli abitanti del villaggio, si allontana con John, ma, durante la fuga, il ragazzo cade dagli scogli e muore. Grimes scappa; viene braccato dalla comunità per la morte di John; perde ogni speranza, sa che non potrà esserci un riscatto per lui e, all'alba, mentre nel Borgo riprendono le attività quotidiane, si allontana sul mare per affondare insieme alla sua barca.













7 commenti:

Paula Feldman ha detto...

Certo è che gli armadi sono scomodi e la tua uscita dallo stesso di fronte ad un pubblico così vasto mi sembra già un espiazione sufficiente. Comunque con una vista nebbiata da Nebbiolo e casteglmagno credo che possiamo perdonarti per questo lasso musicale. Considerando la qualità del cibo e vino e il mancante qualità del festival....

PS: se lei ha un 42 io sono TWIGGY!

Carla ha detto...

Ma perché, nonostante "il testo tristissimo", "l'happy end nemmeno lontanamente ipotizzabile", "i costumi quasi tutti neri", "la scenografia pressocchè inesistente e le luci lugubri", i tuoi commenti arguti riescono sempre a divertirmi tanto? :-)

dede leoncedis ha detto...

Paula, se la conduttrice veste davvero una 42 tu e io insieme facciamo una 38 snella.
Carla, non so che risponderti: non sarà perchè a te piace soffrire?

Ester ha detto...

Non ci riesco, non ci riesco a guardare il festival, lo so che dovrei farlo per espiare almeno parte delle colpe commesse in una lunga vita, ma non ce la faccio. Già ho dovuto vergognarmi facendo zapping il giorno seguente. Preferirei fustigarmi tre o quattro volte di seguito con un Britten anche lugubre. Forse nella 38 snella ci stiamo in tre.

dede leoncedis ha detto...

Esther mai dire mai, la mente umana è insondabile, non puoi sapere fin dove possono arrivare il gusto dell'orrido unito a un masochismo strisciante

Nishanga ha detto...

Come esperienze estreme non sono affatto male!.. gli spartiti che volano, poi: impagabili!
Così come la storia e le atmosfere darkissime: non so se avrei retto il cantato ma, a giudicare dalle foto - molto belle Dede - non mi sarebbe dispiaciuto esserci, nonostante permanga la full-immersion nell'inverno più nordico che si possa immaginare!AAAbbracci

dede leoncedis ha detto...

esperienze estreme, hai detto bene nishanga. E tieni duro, anche l'inverno più nordico prima o poi dovrà rassegnarsi alla primavera che avanza.

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