Ci sono posti in cui, lo ammetto, non mi verrebbe mai in mente di andare. Uno di questi ad esempio era il Museo dell'Aeronautica Gianni Caproni. Fosse stato per me manco mi sarei accorta della sua esistenza, ma eravamo a Trento con mia sorella e mio cognato, lui aveva piacere di visitarlo, e pareva proprio brutto dirgli "Vacci da solo".
Orbene, sarà che l'aeronautica il suo fascino ce l'ha, c'è poco da dire, sarà che abbiamo incontrato una guida che sapeva raccontare senza ripetere la lezioncina a memoria, il fatto è che alla fine del giro io mi ero completamente ricreduta. E tra l'altro, avevo imparato una quantità di cose mooolto interessanti che mai e poi mai avrei potuto sapere altrove.
Per cominciare, ho visto da vicino i velivoli su cui i primi pazzi visionari hanno avuto il coraggio di salire
E ancor più da vicino, ho visto minuscoli giocattolini con le ali di tela leggera, ma leggera davvero, tenuti insieme da bulloni grossi come una puntina da disegno, con eliche di legno e abitacoli completamente aperti dove il pilota si beccava per tutto il volo gelo, vento e grandi schizzi d'olio negli occhi. Ho capito che le languide sciarpone di seta avvolte intorno al collo, i giubboni foderati di pelliccia e gli occhialoni dei primi aviatori non erano un decadente vezzo da dandy e ho anche capito che per fortuna non tutti hanno lo stesso mio atteggiamento nei confronti del pericolo perchè in questo caso l'aeronautica ne avrebbe fatta proprio pochina, di strada.
Tra le chicche più preziose del museo c'è lo SVA (dai nomi dei progettisti Umberto SAVOIA, Rodolfo VERDUZIO, e la fabbrica ANSALDO) numero 11777 con le insegne del leone di Venezia, uno degli aerei con cui nel 1918 Gabriele D'Annunzio aveva effettuato una celebre azione dimostrativa sui cieli di Vienna, scattando foto e lanciando manifestini su cui col suo solito stile sobrio e minimale aveva scritto
....In questo mattino d’agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l’anno della nostra piena potenza, l’ala tricolore vi apparisce all’improvviso come indizio del destino che si volge.....Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina. Predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebrezza che moltiplica l’impeto. Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell’arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell’ora che sceglieremo. Il rombo della giovine ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino. Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi. Viva l’Italia.....
Per dovere di cronaca: la squadriglia era composta da otto aerei monoposto più il biposto del Vate. Va detto infatti che D'Annunzio non sapeva volare ed aveva dovuto ricorrere alla bravura di Natale Palli, un pilota di ventitre anni la cui parabola si sarebbe chiusa tragicamente soltanto pochi mesi dopo quando, partito per un volo di allenamento alla volta di Parigi, fu costretto ad un atterraggio di fortuna a più di tremila metri di altezza. L'atterraggio era riuscito perfettamente, ma Palli vagò per tre giorni tra i ghiacci e morì appena prima di arrivare in prossimità di un centro abitato.
Questo è un altro aereo dalla storia interessante. Si tratta di un Savoia-Marchetti S.M.79 conosciuto come Sparviero, un trimotore fatto in legno tela e metallo inizialmente progettato come aereo da trasporto civile, che negli anni 1937-39 aveva stabilito una caterva di record. Convertito in bombardiere grazie all'arma montata sull'abitacolo sporgente e rivolta all'indietro, cosa che che impediva di attaccarlo dalla coda, era stato soprannominato dagli aviatori della RAF Gobbo maledetto, Damned Hunchback
Era sì un grande bombardiere, ma durante la seconda guerra mondiale si era dimostrato purtroppo anche troppo lento in rapporto agli aerei nemici, e così si decise di impiegarlo come aerosilurante, campo in cui effettivamente ottenne ottimi risultati.Lo Sparviero, o Gobbo che sia, colpisce le navi nemiche e le affonda. Il problema è che novanta su cento viene poi abbattuto dalla contraerea nemica e l'equipaggio ci lascia la pelle. L'Aeronautica allora promette che l'equipaggio che riuscirà ad abbattere una nave nemica e contemporaneamente, portare a casa la ghirba, anche nel caso l'aereo venga abbattuto riceverà la medaglia d'oro al valor militare. Sembra impossibile ma succede davvero: nel 1942 un aereo affonda il cacciatorpediniere inglese Bedouin, viene abbattuto, ma l'equipaggio riesce a tornare a casa sano e salvo. Medaglia d'oro? Nossignore, soltanto medaglia d'argento. Una nave italiana in azione sullo stesso luogo aveva sparato contemporaneamente all'aereo, aveva colpito il bersaglio, creduto in buona fede di avere il merito dell'affondamento, e ricevuto la medaglia d'oro.
Le prove fotografiche dell'affondamento si trovano sull'aereo in fondo al mare e l'equipaggio deve accettare la beffa.
Alla fine della guerra, però, il tenente Aichner (non ho preso appunti e mi scuso se ho storpiato il nome) va in Inghilterra alla ricerca di qualche reduce del cacciatorpediniere. Incredibilmente riesce a trovarne un paio e chiede loro una dichiarazione giurata che possa testimoniare come sono andate realmente le cose. La cosa ancora più incredibile è che la ottiene! Ma la più incredibile di tutte è che alla fine l'equipaggio viene realmente insignito della medaglia d'oro al valor militare.
9 commenti:
come sempre in Italia ci sono luoghi da meravigliarci!
Ma sai che è proprio interessante? La prossima volta che vado in montagna voglio farci un salto anch'io.
Anni di vacanze in Trentino e non sapevo nemmeno dell'esistenza di questo museo. La prossima volta non mi sfuggirà!
Ci sono decine di piccoli gioielli un po' dappertutto in Italia ed è un peccato scoprirli solo per caso. Questo per esempio noi l'abbiamo trovato grazie a Guido, ma mica tutti hanno un cognato Guido!
Siamo in due a non avere quella che D'Annunzio definiva "la gioia dell'arditezza". La storia dell'aeronautica sarebbe stata ben misera se questi piloti fossero stati anche come me.
Molto bella questa storia a lieto fine, intendo il tuo ricrederti e, anzi, il tuo goderti un'esperienza che aveva tutte le carte per annoiarti o lasciarti nella più totale indifferenza. È bello mantenersi aperti e disponibili a qualche imprevisto, anche e soprattutto a quello che consiste nell'imbattersi in qualcosa che, a dispetto di tutto, scopriamo può piacerci, e molto.
Saluti!
Ciao Dede!
Io mi sarei meravigliata, se tu fossi entrata in un Museo come questo, che pur sempre parla di raccolta, passione e storia vera, e non ti fossi sentita attirata, commossa, interessata...fa parte di te essere sempre vigile, recettiva e elaborativa; con la tua competenza e con il tuo stile chiaro, godibile per noi, riesci a dare informazione nel modo giusto!!!
Grazie, davvero!!!
ciauu!!!
Ovunque puoi trovare qualcosa di interessante, basta avere occhi e mente aperti.
P.S. Natale Palli era il nome del nostro aereoporto prima che lo modernizzassero e lo ribattezzassero Giuseppe Verdi...
Direi che è un museo coi fiocchi! Non sapevo neanche che esistesse. P
Davvero non sapevo nemmeno io dell'esistenza di questo museo! Incredibile!
Dede, c'è un premio per te sul mio blog, corri a prenderlo!
Anto
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